Domenico Pellegrini 1759 – 1840. Un pittore veneto nelle capitali d’Europa

Venezia, Roma, Napoli, Londra, Parigi, quindi Lisbona: solo elencare le città dove ha lavorato ci dà la misura europea di Domenico Pellegrini.

E’ questa la prima monografia che gli viene dedicata. Nel confronto con quanto si sapeva in precedenza, risalta la quantità di nuove acquisizioni al catalogo, di notizie storiche, d’intrecci che coinvolgono artisti, mercanti, personaggi più o meno illustri, in circostanze storiche spesso avventurose – Pellegrini venne persino deportato nelle Azzorre – di un’epoca che ha visto sconvolgimenti che hanno trasformato l’assetto europeo come in poche altre circostanze.

L’Italia con i suoi stati dell’antico regime – la Repubblica di Venezia, lo Stato della Chiesa, il Regno di Napoli -, l’Inghilterra, il Portogallo, la Francia: Pellegrini attraversa l’Europa imponendosi da protagonista nel campo della ritrattistica.

E’ qui pubblicato pure un carteggio di imprevista importanza. A leggerlo, si rimane sorpresi di quante relazioni è intessuta la biografia del pittore, specie nell’età matura; quando, deposti i pennelli grazie al raggiunto benessere economico, si dà alla bella vita, fra Londra e Parigi, Marsiglia, Firenze, Venezia e Roma. Basti citare un nome, quello della cantante Giuditta Pasta, amica fra le più care.

Intenso anche il rapporto con Antonio Canova, al quale scrive nel 1813, da Londra, con l’abituale humour: “Ho desiderato le ricchezze, queste mi hanno reso malinconico, ora sono più allegro, e uno di questi giorni dò fuoco a tutto e tornerò felice del tutto. Vedo che non vi è altro che i colori e la tavolozza che mi fa la mia felicità. O quanto sarò felice di rincontrarmi con tanti amici li quali saranno alquanto grinzosi e mi pare di vedere che si rideranno della mia bellezza mezza portoghese, mezza inglese e un poco di francese”.