Mostre Archives - Pagina 14 di 23 - Fondazione Giorgio Cini

Scenografie del Museo teatrale alla Scala

Dopo la Mostra «Scenografi veneziani dell’ottocento: Francesco Bagnara, Giuseppe e Pietro Bertoja», allestita nel 1962 all’Isola di San Giorgio Maggiore a cura dell’Istituto di Lettere Musica e Teatro, e successivamente esposta a Milano presso il Museo Teatrale alla Scala, è ora il nostro Istituto che, sul piano di una feconda collaborazione con l’istituzione milanese, presenta a sua volta una selezione di scenografie appartenenti alle preziose raccolte di detto Museo.

Queste periodiche rassegne accompagnano l’attività di documentazione, di ricerca e di studio svolta dall’Istituto nel settore teatrale, sia con la costituzione di una fototeca, l’arricchimento della biblioteca e microfilmoteca consacrate specialmente al teatro veneto, e la valorizzazione della collezione Rolandi di libretti d’opera della quale è in corso una nuova schedatura sistematica e in progetto un’esposizione, sia attraverso ricerche e studi, pubblicazioni, trascrizioni ed esecuzioni musicali, lezioni e discussioni. A questo proposito, va anche ricordato che l’annuale ciclo dei «sabati letterari e musicali» è stato dedicato, nel 1964 e 1965, esclusivamente a temi relativi alla storia del teatro veneto, in tutti i suoi aspetti e con frequenti riferimenti alla storia della scenografia, dal Medioevo fino agli albori della Commedia moderna e del Melodramma: è in preparazione un quaderno che raccoglierà i risultati di questa attività, che si pensa di continuare in futuro. Con le mostre dedicate alla storia della scenografia l’Istituto intende contribuire alla divulgazione di questa materia e promuovere nuove ricerche in un settore vitale e ancora largamente inesplorato, offrendo man mano agli studiosi un panorama organico della storia dello spettacolo teatrale, nella quale Venezia ebbe spesso un posto di iniziativa privilegiata e di eccezionale importanza.

Disegni veneti del Museo di Budapest

Si compiono giusto quest’anno due lustri dacché l’Istituto di Storia dell’Arte, primogenito del Centro di Cultura e Civiltà della Fondazione Giorgio Cini, iniziava la serie di queste Mostre di disegni veneti. Un decennale che possiamo senza vanteria festeggiare e definire fortunato e benemerito. L’iniziativa di queste Esposizioni si lega allo studio di problemi che mi proponevo sino dal tempo della partecipazione all’Advisory Commitee degli «Old Master Drawings». Erano problemi connessi alla grafia disegnativa degli artisti veneti, la quale rappresenta la prima voce rivelatrice della loro opera, ed oltre spesso la chiave segreta della loro sensibilità; ma anche il segno di quelle incertezze che pungolano la nostra ansia di ben conoscere.

Disegni di una collezione veneziana del Settecento

È stato uno dei compiti più coltivati e più graditi dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini, che ho l’onore di dirigere, quello di organizzare Mostre di disegni antichi, appartenenti sia a raccolte private (Fiocco, Scholz, Wallraf), sia a raccolte pubbliche (Musei di Bassano, di Oxford, di Polonia, Albertina di Vienna, Ermitage di Leningrado, Correr di Venezia, Museo di Budapest), sia di singoli artisti (G. A. Pellegrini, Canaletto e Guardi; e, per ultimo, Pisanello). Le assidue ricerche che Alessandro Bettagno, alla cui attività e avvedutezza è dovuto l’esito felice di queste Mostre, ha condotto un po’ dovunque, in Europa e in America, sboccano oggi in una Mostra di nuovo genere: singolarissima e inattesa.

Quella di una raccolta anonima, individuabile dalla uniformità della grafia nelle scritte di ogni disegno, con metodo affine a quello felicemente sperimentato dal Lugt per i raccoglitori e i loro “marchi”. È una raccolta che ci rivela un collezionista e conoscitore vissuto, si argomenta, intorno alla metà del Settecento; curioso, più che del Cinquecento, del Seicento e massime del Settecento da lui esplorato negli anfratti più peregrini e negli àmbiti provinciali. Una Mostra che potremmo definire “estravagante”. Essa illumina aspetti ignorati dell’arte veneta nel suo splendido tramonto, e, così ricostituita dalla sagacia e costanza di Alessandro Bettagno, ci permette di sorprendere la fisionomia dell’anonimo raccoglitore, non fosse che per il suo gusto tanto dichiarato da escludere ogni interesse per i vedutisti e i paesaggisti, fossero pure Marco Ricci, Zuccarelli o Zais, e perfino i sommi Canaletto e Guardi.

La simpatia che circonda l’attività di Alessandro Bettagno, e la fiducia nella validità del suo giudizio, ha reso questa impresa, a prima vista impervia e inestricabile, fortunata e feconda. Lascio interamente a lui il compito di guidarci in questo labirinto, con la pazienza che l’ha accompagnato nella ricerca. A far più agevole la via che col tempo si potrà anche meglio percorrere, egli ha aggiunto, in Appendice al Catalogo da lui curato, la riproduzione, in piccolo formato, di altri 34 disegni non esposti, i quali ci offrono non poche testimonianze e quindi impostano non pochi altri problemi, ghiotto avvio a nuove indagini. Per le quali contiamo sulla collaborazione di chi vorrà aiutarci con nuove segnalazioni. L’iniziativa ha trovato presso le raccolte pubbliche, ma anche presso quelle private e più gelose, accoglienza tale da aver fruttato, a sigillo della simpatia destata dall’impresa a prima vista disperata, e invece fecondissima di risultati, di curiosità e di indizi, il dono alla nostra Fondazione di un gruppo di disegni offerti da J. Byam Shaw e dalla Casa P. & D. Colnaghi di Londra, i quali saranno, oltre che nuova ricchezza delle collezioni di San Giorgio, un ricordo tangibile di questa Mostra, a cui auguro tutta la fortuna che si merita, non solo presso gli studiosi, più naturalmente interessati, ma anche presso il pubblico, al quale non potranno sfuggire, per l’altezza della loro poesia, i gruppi dei disegni del Piazzetta, di G. B. Tiepolo, del Fontebasso, del Diziani, di Nicola Grassi – per dire solo dei maggiori – che parleranno a tutti coloro che sono sensibili alla voce consolante dell’arte vera.

Disegni del Pisanello e di maestri del suo tempo

È col più vivo piacere che l’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini accoglie fra le mura ospitali di S. Giorgio, disegni pisanelliani, posseduti dalla famosa Biblioteca Ambrosiana di Milano fondata dal cardinale Federico Borromeo. La Direzione della Biblioteca, dopo aver concesso di esporli a Monaco di Baviera, ha permesso fossero trasferiti eccezionalmente qui, prima che rientrino nella loro sede. La fama delle Mostre annuali di disegni che hanno a S. Giorgio trovato ospitalità e illustrazione, ci ha resi degni di questa eccezione. Dobbiamo ringraziare quindi calorosamente la Direzione dell’Ambrosiana e in particolare Mons. dott. Angelo Paredi, e il Soprintendente alle Gallerie Lombarde, prof. Alberto Dell’Acqua che l’ha favorita. Essa si giova naturalmente dell’opera esegetica dei prof. Bernhard Degenhart al quale va il nostro plauso e il nostro più vivo ringraziamento: egli ha curato, con l’aiuto delle schede redatte dalla dr. Annegrit Schmitt, l’edizione tedesca del catalogo qui tradotta in nostra lingua. È bene notare che l’esposizione della Fondazione Giorgio Cini di disegni del Pisanello – e di suoi collaterali e ascendenti – appartenenti alla Biblioteca coincide con l’inizio di un riordino razionale di tutta la collezione Ambrosiana di disegni e stampe.

Disegni di Giacomo Quarenghi

Nell’intendimento di onorare degnamente la figura e l’opera di chi ha così altamente meritato, specie fuori dai confini della propria terra e della propria Patria, l’Amministrazione Provinciale di Bergamo – che ha trovato pronta e fattiva rispondenza negli Enti bergamaschi – vuole ricordare con questa mostra celebrativa il 150° anniversario della morte dell’architetto Giacomo Quarenghi. Essa continiua, così, una tradizione che la vuole palesemente sensibile ai problemi della cultura, ed in particolar modo a quelle iniziative, che valorizzano opere e figure non sempre conosciute o ricordate come il loro valore intrinseco meriterebbe. Un’opera di tal genere contribuisce non poco a mantener vivo un patrimonio spirituale che è vanto della nostra gente e a nobilitare, anche sotto questo aspetto, un’azione amministrativa a tale patrimonio particolarmente sensibile ed attenta.

Portato, grazie alla fama del proprio genio, dalla umile casa natale al fasto della Corte di Caterina II di Russia, l’illustre bergamasco seppe esprimere, in un trentennio di straordinario fervore creativo, un grande numero di opere architettoniche che, per purezza di linee e per genialità di concezione, rappresentano uno dei più cospicui esempi di stile neo-classico. L’interesse della critica e del mondo della cultura – nazionale e internazionale – per la feconda operosità del Quarenghi, ha confortato il Comitato nell’allestimento di questa mostra che raccoglie per la prima volta, in ordinata rassegna, una copiosissima serie di disegni e di progetti, tratti dalle più importanti raccolte esistenti in Italia.

Riteniamo essa sarà, unitamente a quella promossa nella città di Leningrado, giusto riconoscimento della figura dell’artista; contributo significativo dell’approfondimento nello studio della sua opera; dimostrazione del riconoscente amore della città d’origine verso un concittadino che senza perdere l’affetto verso di essa, portò nel mondo che gli dette la gloria il nome della terra dei suoi natali.

Scenografie di Pietro Gonzaga

Nella serie di mostre che l’Istituto di Lettere, Musica e Teatro della Fondazione Cini, organizza periodicaniente per integrare la propria attività di documentazione e di ricerca nel campo ancora così poco esplorato e coltivato della tecnica e dell’arte scenografica, con particolare riguardo a Venezia che nella storia della scenografia europea è un centro d’irradiazione e un osservatorio privilegiato, dopo le fortunate rassegne dedicate nel ’62 agli «Scenografi veneziani dell’ottocento», il Bagnara e i due Bertoja (ricordiamo ora con malinconia che curò il catalogo un amico recentemente scomparso, Gino Damerini, che aveva anche in questo settore della vita teatrale veneziana ampie e sicure conoscenze), e nel ’65 alle «Scenografie del Museo Teatrale alla Scala dal XVI al XIX secolo», ordinatore e curatore del catalogo l’architetto Carlo Enrico Rava, è ora la volta di una figura di grande spicco, la cui importanza non è certo ancora valutata appieno, lo scenografo, o disegnatore teatrale com’egli amava definirsi, Pietro Gonzaga: nato a Longarone nel 1751, educatosi a Venezia, «inventore e pittore di scene» alla Scala fino al ’92, quando lasciando definitivamente l’Italia dette alla Fenice le scene dello spettacolo inaugurale; poi peintre en chef dei teatri imperiali in Russia diretti dal principe Jusupov, morì a Pietroburgo nel 1831.

Miniature Italiane della Fondazione Giorgio Cini. Dal Medioevo al Rinascimento

Miniature, fiori di giardini secreti, dipinte per i codici dei dotti, o per adornamento e illustrazione dei libri liturgici; voce quasi unica dei tempi difficili, rinchiusa nelle polverose biblioteche, o nei non meno polverosi conventi. Talvolta, nei tempi bui, o tardo antichi, o barbarici, evocazione e quasi epicedio del passato felice; ma, nell’aprirsi dei tempi nuovi, dopo il terrore dei «mille», voce atta e talora precorrente.

Per prenderne conoscenza, bisogna frequentare le biblioteche, e bisogna ricercare quei volumi, sfogliarli religiosamente, o contemplarli entro bacheche protettrici. Reperire uno di quei giardini secreti è una festa, ed è anche una grande fortuna. Maggiore fortuna la nostra di possederne uno squisito e prezioso, custodito nella Fondazione Giorgio Cini, e di poterlo ora aprire a godimento degli studiosi e degli uomini di gusto. È da questo tesoro che ebbe inizio quella raccolta la quale custodisce una delle maggiori collezioni d’incunabili veneziani, e di incisioni e disegni preziosi, prevalentemente lagunari o veneti, cioè tutto quel complesso che rappresenta un orgoglioso tesoro, e resterà perpetuo vanto di chi lo ha magnanimamente acquisito e generosamente donato.

Questa mirabile primizia delle raccolte di San Giorgio ha poi un’altra fortuna: quella di essere stata reperita, durante lunghi anni di ricerca, dal nostro massimo medioevalista, nel campo delle arti figurative: Pietro Toesca, maestro e collega carissimo, purtroppo rapito alla scienza nel 1962. Si deve a lui, se non la scoperta, la giusta valutazione e delimitazione dell’ «ouvraige de Lombardie», che si lega tanto ai modi e alla fortuna della miniatura francese, in concomitanza con il grande momento scaligero, conscio della Toscana, e capeggiato dagli scrittori delle arche; il quale, seppure acceso, col geniale maestro Stefano, dalle fantasie lunatiche della corrente internazionale, e legato massimamente al filone boemo, sbocca nel più grande troviero della pittura: Antonio Pisano detto Pisanello. Riaffacciarsi quindi alle raccolte di miniature, dono superbo di Vittorio Cini, è non solo utile e dilettevole, ma proprio.

È giusto che, dopo aver dilettato gli occhi dei Persiani, a Teheran, ed essere approdate alfine in Giappone, si presentino qui, in casa loro. In Persia avranno ricordato il fiorire della miniatura nazionale, sbocciata anch’essa nel XIII° secolo, ma che raggiunse il suo culmine nel XVI°, con quella scuola di Safari, che pare di un Pisanello in ritardo. In Giappone, a Tokio, sarà stata come in casa sua, perché l’arte pittorica nipponica, seppure legata alla cinese, è sempre stata amica dei modi minuti della miniatura, e li ha portati innanzi sino ad oggi. Là, avrà ricordato la non molto lontana raffinatissima opera di Utamaro ( 1754-1797) e di Hirushiga (1797-1858), di cui la Fondazione custodisce, nelle sue raccolte preziose, qualche quaderno scolastico. La scelta delle miniature esposte ha inoltre un suo particolare vantaggio, di essere stata fatta dalla dotta figlia dello stesso Toesca, alla quale pure va il nostro ringraziamento.

Disegni teatrali di Inigo Jones della collezione del Duca di Devonshire a Chatsworth

L’allestimento periodico di rassegne storiche di scenografie costituisce ormai una felice consuetudine e una necessaria integrazione dell’attività di documentazione e di ricerca del nostro Istituto nel settore teatrale. Mentre l’obiettivo specifico è di contribuire a illuminare progressivamente la grande esperienza scenografica veneziana, già colta attraverso due fortunate mostre nella declinante stagione del melodramma ottocentesco con l’opera del Bagnara e dei Bertoja (1962), e nella geniale conclusione del Settecento fra neoclassicismo e romanticismo (e nella sua espansione europea verso la «Moscovia») con quella di Pietro Gonzaga (1967),- e mentre si prepara la complessa realizzazione di una mostra di scenografie bibienesche -, sembra utile mettere a confronto queste visuali locali o «interne» con altre esterne che ne permettano l’inserimento nella più vasta cornice europea che è sempre stata quella di Venezia: così fu con l’utilissima rassegna panoramica delle scenografie della Scala di Milano (1965), così è ora per quelle dell’inglese Inigo Jones, il primo artista straniero presente in questo quadro, nel quale apparirà subito come singolarmente familiare e carico di suggestive affinità e parentele. La presentazione a Londra al Victoria and Albert Museam, della ricchissima raccolta del Duca di Devonshire, comprendente la maggior parte dei disegni teatrali del Jones, era un’occasione troppo bella perchè la lasciassimo passare senza cercarne, e ottenerne subito per la generosa sollecitudine del grande Collezionista e dei trustees di Chatsworth, questo prolungamento veneziano propizio a nuove riflessioni e fruttuosi collegamenti.

Caricature di Anton Maria Zanetti

Il magnifico volume di ottanta fogli contenenti 350 caricature veneziane, dovute a quell’eccezionale «dilettante di genio» che fu Anton Maria Zanetti quondam Girolamo, il Vecchio (1680-1767), capo di una famiglia che vanta l’omonimo cugino quondam Alessandro, illustratore della Pittura Veneziana (1733-1771), e il fratello di questo, Gerolamo, che scrisse l’«Elogio» di Rosalba Carriera, è recentissimo dono del Senatore Vittorio Cini alla Raccolta bibliografica e artistica della Fondazione Giorgio Cini: raccolta illustre per incunabili, per disegni preziosi e per miniature, che hanno viaggiato mezzo mondo a portare la sua voce. Si tratta di un dono che, assieme al grande bibliofilo De Marinis, ho decisamente caldeggiato anche perché giungeva come il piú splendido riconoscimento delle benemerenze dell’Istituto di Storia dell’Arte, che ho l’onore di dirigere fin dalla sua nascita. Non si poteva festeggiare meglio questo quindicesimo anniversario della creazione di tale Istituto, giacché l’opera, sulla quale è imperniata questa Mostra tanto singolare e tanto illuminante, restituisce a Venezia il panorama, se non completo, larghissimo di quel complesso capitolo settecentesco artistico che concluse la vita millenaria della città «anadiomene».

Disegni teatrali dei Bibiena

Nella Mostra delle scenografie del Museo Teatrale della Scala dal Cinque all’Ottocento, tenuta cinque anni fa in questa sede, su circa 200 pezzi esposti quasi una cinquantina rappresentavano il contributo dei Galli Bibiena, distribuiti fra i nomi dei fratelli Ferdinando e Francesco e dei figli di Francesco, Giuseppe e Antonio: il che, in una prospettiva storica pur selettiva e limitata, indica già la parte che questa dinastia di pittori-scenografi-architetti occupa nella storia della scenografia e scenotecnica non solo italiana ma europea. Il clan familiare dei Bibiena, disceso nella papale Bologna dall’originario Casentino intorno alla metà del Seicento col suo capostipite Giovanni Maria, pittore nella bottega dell’Albani, si volge coi figli di lui Ferdinando, che ebbe anch’egli un tirocinio pittorico alla scuola del Cignani, e Francesco, e poi coi figli e nipoti di Ferdinando, alla scenografia e alla architettura teatrale, e sciama dall’Emilia e dalle sue corti di Parma e Modena soprattutto verso l’Europa centrale, dove costituisce sulle basi del linguaggio architettonico borrominiano, i fondamenti di una koinè scenografica e anche architettonica tardo-barocca mitteleuropea, e riempie di scene e di teatri la civiltà di corte di tutto il Settecento: nell’insieme è il piú suggestivo corrispettivo figurativo, aulico e fastoso, ancora mal noto, della fortuna europea del melodramma italiano.

La presente Mostra rappresenta per questo l’obiettivo piú importante, a lungo perseguito e preparato con passione e tenacia dalla Segretaria dell’Istituto, Maria Teresa Muraro, nel lavoro che da ormai quasi dieci anni l’Istituto sta compiendo nel campo della scenografia e della scenotecnica, ospitando mostre come quella ricordata della Scala e quella di Inigo Jones dello scorso anno, e preparandone in proprio, come quelle dei Bagnara e Bertoja nel ’62 (curata da Gino Damerini) e di Pietro Gonzaga nel ’67, e raccogliendo man mano una documentazione che sta diventando imponente. La preparazione è stata lunga e non facile e non si è arrestata di fronte a inceppi e dificoltà anche gravi: la dottoressa Muraro ha compiuto, dopo una ricognizione preventiva di tutti i repertori e cataloghi, un lungo iter di indagini dirette nei centri maggiori di raccolta dello sterminato materiale iconografico bibienesco, recensito finora solo in minima parte, in biblioteche e musei italiani e stranieri, individuando talora nuovi fondi e pezzi sconosciuti, da Roma a Vienna, a Parigi, a Monaco a Londra, le capitali dell’Europa settecentesca, fino ai fondi e alle biblioteche ricchissime degli Stati Uniti. Alla Muraro si è unita in perfetta armonia di passione e di interessi di ricerca la dottoressa Elena Povoledo, esperta di scenografia e scenotecnica di rara competenza e da tempo collaboratrice e consigliera apprezzata del nostro Istituto.

Piuttosto che un traguardo questa mostra rappresenta un punto di orientamento e di partenza per il lavoro futuro, in un campo che è per grande parte ancora terra incognita: tanti e tali sono i problemi di «recensione» completa e di collazione dell’immenso materiale iconografico, della sua collocazione e soprattutto delle attribuzioni, ché la fecondità della fama dei Bibiena insieme col carattere familiare, collettivo e anonimo della loro produzione, hanno provocato una selva di attribuzioni incerte o false, e per mettervi ordine sarà necessario certo un vasto e lungo lavoro di collaborazione internazionale. La consapevolezza dei complessi problemi aperti, attributivi e propriamente critici e storici, che potranno essere già dibattuti e trovare nuovi chiarimenti nella tavola rotonda che in settembre raccoglierà intorno a questa Mostra specialisti di scenografia e scenotecnica di diversi paesi, non diminuiscono la soddisfazione per questo primo risultato ora raggiunto.