Mostre Archives - Pagina 7 di 23 - Fondazione Giorgio Cini

Expanded

Expanded

Expanded è un progetto di ricerca, basato sull’arte e creato nel contest del First Stone Programme, promosso da Assimagra e curato da experimentadesign. Grazie alla partnership con Fondazione Giorgio Cini, Expanded presenta opere originali degli artisti Carsten Höller, Julião Sarmento e Marina Abramović, tutte concepite per essere esposte in spazi pubblici.

 

Le opere presentate esplorano, in un modo o nell’altro, la nostra percezione dello spazio, della scala di misura, del tempo e della posizione, così come la possibilità di espandere i nostri confini auto imposti o basati sulla nostra cultura.

Prodotte in pietra, una risorsa naturale di milioni di anni di età, condividono un elemento unificatore di carattere profondo, senza tempo e resiliente, contraddicendo il caos e la superficialità del mondo contemporaneo.

 

Poste nel parco della Fondazione Giorgio Cini, immerse nella natura e esposte vicini, queste opere offriranno momenti di sperimentazione e confronto con il pubblico, sottolineando il valore dell’parte e della cultura in una location alternativa.

 

 

First Stone

First Stone (Primeira Pedra) è un programma internazionale di ricerca sperimentale, che esplora le potenzialità della pietra Portoghese.

Centrato sulle caratteristiche uniche, fisiche e visive dei diversi tipi di pietra che si possono trovare nel paesaggio portoghese, First Stone interseca la produzione e il design attraverso lo sviluppo di applicazioni innovative per questo eccezionale materiale, sottolineando la sua qualità così come la vasta industria connessa alla sua estrazione e trasformazione.

 

Tra il 2016 e il 2017, First Stone ha portato avanti tre progetti di ricerca e sviluppo – Resistance, Still Motion and Common Sense – che hanno portato a mostre e presentazioni in Venezia, Milano, Weil am Rhein, São Paulo, Londra e New York. Invitando alcuni di nomi più famosi legati al design e all’architettura questi progetti sono stati un tributo alla straordinaria versatilità di questa risorsa senza tempo.

 

Restando fedeli all’obbiettivo di rivelare le possibilità della pietra portoghese così come il contesto socioculturale che la avvolge, First Stone ha sviluppato nuovi progetti per il 2019 e 2020, con nuovi architetti e designer, allargandosi verso la visual art con il contributo di artisti contemporanei di fama internazionale. I prossimi progetti verranno presentati a Venezia, Parigi e New York, per poi approdare ad una grande esposizione a Lisbona con tutti i progetti e le opere sviluppate fino ad ora.

 

Il progetto First Stone è completato anche da un sito internet, una serie di documentari sulla fruizione dei differenti progetti e da due app per piattaforme digitali mobile.

 

Le opere presentate a Venezia:

 

Carsten Höller

Dice (Limestone) 2019

Dimensioni: 2400 x 2400 x 2400 mm

Peso approssimativo: 20000 kg

Materiale: Pietra calcarea

Finitura: Lucidatura

Fornitore materiale: Solancis

Produzione: Julipedra

 

Julião Sarmento

Azul Cadoiço 2019

Dimensioni: 1200 x 1200 x 1200 mm

Peso approssimativo: 2800 kg

Materiali: Marmo Azul Cadoiço, Pallet di legno

Finitura: Levigatura, sabbiatura e spazzolatura

Produzione e fornitore materiale: Airelimestones

 

Marina Abramović

Chair for Human Use (II) dalla serie Transitory Objects for Human Use 2015/ 2019

Dimensioni: 850 x 630 x 1130 mm

Peso approssimativo: 280 kg ciascuna

Materiali: Quarzo, Granito Gabro de Odivelas

Finitura: Sabbiatura

Fornitore material: Pedra Secular

Produzione: Mármores Galrão

 

Entropy

Cogliendo le dinamiche della scena artistica cinese contemporanea, Entropy esplora le opere di sette artisti cinesi contemporanei riconosciuti a livello internazionale: He An, Liu Wei, Yang Fudong, Zhao Zhao, Sun Xun, Yu Ji e Chen Tianzhuo. La mostra ha ricevuto il plauso della critica alla vernice organizzata l’anno scorso alla Fondazione Faurschou di Pechino. Ora, una versione modificata della mostra è in arrivo a Venezia in occasione della Biennale.

Suddivisa in sette sezioni, ciascuna dedicata all’opera di uno dei sette artisti, la mostra offre una panoramica della complessità dell’odierna scena artistica cinese in costante evoluzione. Mentre gli artisti condividono l’esperienza di essere nati e cresciuti in una Cina in rapido cambiamento, contraddistinta da crescita economica e scambi culturali, la mostra fa sentire ciascuna delle loro voci in maniera distintiva. Come il termine scientifico “entropia”, che è la misura del numero di stati possibili in un dato sistema, la mostra mette in scena una voce della Cina formata da molte voci e può essere interpretata e vissuta in vari modi.

I sette artisti presentati alla Fondazione Faurschou sono cresciuti in Cina durante diverse fasi di riforma economica. He An, Liu Wei e Yang Fudong, tutti della generazione degli anni ’70, cercano di tradurre la complessità del proprio ambiente in rapido cambiamento in installazioni, dipinti, sculture e video. Le loro opere traggono origine da emozioni conflittuali, causate da scontri tra urbanismo e natura e tra tradizioni profondamente radicate e una nuova realtà moderna, tutti vissuti in prima persona dagli artisti durante la loro giovinezza.

Dalla generazione dei primi anni ’80, la Fondazione Faurschou presenta opere di Zhao Zhao e Sun Xun. Le loro installazioni contengono riferimenti a politica, storia e mitologia, con le opere di Zhao Zhao che usano sottili mezzi di espressione, mentre Sun Xun adotta un approccio più manifesto.

Yu Ji e Chen Tianzhuo, nati entrambi nel 1985, sono gli artisti più giovani nella mostra collettiva. Cresciuti in una Cina che aveva acquisito maggiori ricchezza e stabilità rispetto alle generazioni precedenti, questi artisti integrano elementi relativi a rituali religiosi e quotidiani attraverso installazioni e performance site-specific.

Dalla sua apertura a Pechino nel 2007, il continuo coinvolgimento della Fondazione Faurschou nella scena artistica cinese dura da più di un decennio. Ora, la Fondazione Faurschou è lieta di portare per la prima volta una mostra da Pechino a Venezia.

Durante la loro partecipazione a Entropy e Venezia, sia Yu Ji sia Liu Wei parteciperanno anche alla 58. Biennale Arte di Venezia ‘May You Live In Interesting Times’, curata da Ralph Rugoff.

 

FONDAZIONE FAURSCHOU

La Fondazione Faurschou è un’istituzione privata di arte contemporanea, impegnata a presentare al mondo influenti mostre.

Con il desiderio primario di presentare ai visitatori gli artisti più acclamati del XX e XXI secolo, la Fondazione Faurschou utilizza la propria considerevole collezione d’arte in costante crescita e presenta mostre personali e collettive.

Con sede a Copenaghen, la Fondazione Faurschou ha mostre permanenti a Pechino, nel 798 Art District, e a Copenaghen, nel North Harbor. Dal 2015, la Fondazione Faurschou organizza mostre a Venezia, sull’Isola di San Giorgio Maggiore in collaborazione con la Fondazione Cini, parallelamente al programma della Biennale Arte di Venezia.

Dalla sua fondazione nel 2011, la Fondazione Faurschou ha presentato mostre personali con, tra gli altri, Ai Weiwei, Doug Aitken, Louise Bourgeois, Cai Guo-Qiang, Peter Doig, Liu Xiaodong, Shirin Neshat, Yoko Ono, Gabriel Orozco, Robert Rauschenberg e Danh Vo.

The Battle between Carnival and Feast

In occasione dell’apertura della Galleria di Palazzo Cini, nel 2019 verrà proposta al pubblico una mostra di arte contemporanea dedicata all’artista Adrian Ghenie. Realizzata in collaborazione con Galerie Thaddaeus Ropac, la mostra vedrà esposte al secondo piano della casa – museo di Campo San Vio circa dieci tele pensate e realizzate appositamente per questo progetto, il cui titolo, in virtù del riferimento al carnevale, suggerisce un legame con la città di Venezia. Il titolo suggerisce l’attenzione prestata dall’artista alla tradizione, senza rinunciare tuttavia ad uno sguardo all’attualità. Nelle sue opere, caratterizzate da un uso sperimentale del colore e da una forte connotazione materica, Ghenie è infatti solito rappresentare personalità le cui azioni hanno influenzato e continuano ad influenzare il corso della storia del mondo in cui viviamo. Nato nel 1977 a Baia Mare, Romania, l’artista attualmente vive e lavora a Berlino. La sua partecipazione alla LVI Biennale di Venezia in rappresentanza del padiglione romeno lo ha consacrato a fama internazionale e le sue opere si trovano attualmente esposte presso prestigiose istituzioni museali quali il Centre Pompidou di Parigi, la Tate Modern di Londra e il Metropolitan Museum of Art di New York. La mostra sarà accompagnata da un catalogo bilingue (italiano-inglese) introdotto da un un testo critico del Direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte Luca Massimo Barbero.

Maurice Marinot. Il vetro, 1911-1934

La mostra Maurice Marinot. Il vetro, 1911-1934, curata da Jean-Luc Olivié e Cristina Beltrami, è organizzata da Le Stanze del Vetro in collaborazione con il Museo delle Arti Decorative di Parigi (MAD). La mostra sarà il primo tributo internazionale a questo grande  artigiano del vetro – Maurice Marinot (1882-1960) – protagonista di una rivoluzione, nella tecnica quanto nel gusto.

Infaticabile sperimentatore, Marinot ha inventato formule di lavorazioni della materia emulate nei decenni a venire.

Saranno esposte oltre duecento opere, provenienti principalmente da musei internazionali, per illustrare l’evoluzione e la ricchezza del lavoro di Marinot con il vetro. Ai vetri saranno affiancati centoquindici disegni, tra schizzi e progetti per oggetti e per allestimenti, provenienti da differenti musei francesi, in particolare dal Museo delle Arti Decorative di Parigi (MAD), e dai Musei Nazionali Reali di Bruxelles. La mostra metterà così in luce l’incredibile originalità dell’artista-vetraio, dalle prime realizzazioni a smalto ai vetri soffiati e modellati di persona con  straordinaria abilità e inesauribile capacità inventiva.

BURRI la pittura, irriducibile presenza

L’isola di San Giorgio Maggiore a Venezia presenta dal 10 maggio al 28 luglio 2019 BURRI la pittura, irriducibile presenza, ampia e importante retrospettiva antologica dedicata ad Alberto Burri, a coronamento di una stagione di grande celebrazione dell’artista umbro sia in Italia che all’estero.

 

La mostra, curata da Bruno Corà, Presidente della Fondazione Burri, e organizzata dalla Fondazione Giorgio Cini e dalla Fondazione Burri in collaborazione con Tornabuoni Art e Paola Sapone MCIA, in partnership con Intesa Sanpaolo, è un progetto concepito appositamente per Venezia che ripercorre cronologicamente le più significative tappe del percorso del Maestro della ‘materia’ attraverso molti dei suoi più importanti capolavori. Dai rarissimi Catrami (1948) agli ultimi e monumentali Cellotex (1994), BURRI la pittura, irriducibile presenza con circa 50 opere provenienti da importanti musei italiani e stranieri, dalla Fondazione Burri e da prestigiose collezioni private, ricostruisce nella sua interezza la parabola storica di uno dei più grandi protagonisti dell’arte italiana ed europea del XX secolo e riporta Burri a Venezia dopo la memorabile personale che nel 1983 vide protagoniste 18 opere del ciclo Sestante nel suggestivo edificio degli ex Cantieri Navali alla Giudecca, segnando una tappa fondamentale nella carriera dell’artista.

 

La lettura della carriera di Burri viene resa organica dalla presenza di una sezione documentaria multimediale dell’intera attività dell’artista, in cui è possibile vedere anche alcuni rari film che lo ritraggono in azione. Il catalogo bilingue (italiano-inglese), introdotto da un saggio critico del curatore Bruno Corà, Presidente della Fondazione Burri, e di Luca Massimo Barbero, Direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini, contiene il repertorio di tutte le immagini delle opere e offre così rinnovati strumenti di conoscenza del lavoro e del profilo dell’artista stesso, anche grazie a una sezione bibliografica interamente aggiornata. L’allestimento è realizzato dall’Architetto Tiziano Sarteanesi.

Vola alta Parola. Trent’anni di Edizioni Colophon

La Fondazione Giorgio Cini, in collaborazione con la ColophonArte, ha deciso di festeggiare questa importante acquisizione, con una selezione delle edizioni più belle e significative, presso la biblioteca seicentesca di Baldassarre Longhena. Il titolo dato all’esposizione richiama uno dei volumi esposti, recante insieme all’opera grafica di numerosi artisti, 12 componimenti poetici del grande poeta, amico dell’editore, Mario Luzi: tra queste il componimento Volta alta, parola del 1985, nel quale il poeta si rivolge direttamente alla poesia affinchè metta in comunicazione l’anima con le riposte e segrete risonanze della realtà visibile.

La collezione di grafica del Novecento della Fondazione Giorgio Cini s’arricchisce di pregevoli opere d’editoria d’arte, nel solco di una vocazione primigenia dell’Istituto di Storia dell’Arte per la produzione di libri concepiti come opere d’arte. Grazie alla generosità di Egidio Fiorin, fondatore e direttore della casa editrice bellunese ColophonArte, un nucleo di 78 libri d’artista che fanno parte della produzione più che trentennale del raffinato e lungimirante editore entrano nelle raccolte della Fondazione Cini, prendendo posto accanto ai libri d’artista donati dall’editore Neri Pozza e a quelli della collezione del collezionista e critico d’arte Manlio Malabotta, recentemente donati dalla vedova.

I libri d’artista Colophon sono edizioni di pregio, stampate a partire dal 1989 in tirature limitate su pregiatissima carta in puro cotone, prodotta dalla cartiera amalfitana Amatruda, con quell’attenzione alla qualità della stampa, delle illustrazioni, della rilegatura, del formato grafico dei caratteri mobili e a tutte quelle caratteristiche tecniche, estetiche e materiali che rendono questi libri appetibili e ricercati da bibliofili, collezionisti, amatori.

Queste edizioni sono prodotti sincretici nei quali l’opera degli artisti è chiamata a visualizzare ed evocare, attraverso risonanze riposte tra immagini e parole e accostamenti espressivi, il contenuto immateriale – perlopiù testi poetici, ma non solo, contandosi anche testi critici dedicati alla musica, alla letteratura, al cinema, alle arti visive. Più che a illustrare, l’intervento dell’artista “punta decisa alla conflagrazione dei linguaggi e dei secoli per sollecitare inedite e segrete emozioni, per avventurarsi in altri, inesplorati, territori dell’immaginario”, come ha scritto Cesare De Michelis.

E infatti accanto alla più consueta opera grafica incisoria, i libri Colophon si arricchiscono di opere tridimensionali, sculture, collage, puzzle, fotografie, secondo un fertile e polimorfico sperimentalismo espressivo e tecnico già ampiamente sperimentato dalle Avanguardie storiche, anche nella forma libro.

Accanto al coro illustre di poeti, letterati, scrittori e critici di cui le più di cento Edizioni d’arte Colophon serbano le voci – Mario Luzi, coinvolto in più occasioni, Attilio Bertolucci, Giorgio Caproni, Sebastiano Grasso, Alain Jouffroy, Stephane Mallarmé, Alda Merini, Andrea Zanzotto, Roberto Sanesi, Emilio Villa, Adonis, Ungaretti; e ancora Liliana Cavani, Massimo Cacciari, Maurizio Ferraris, Claudio Magris, Umberto Eco, Dario Fo, Ermanno Olmi, Inge Feltrinelli, Leopoldo Pirelli, Antonio Riccardi, Pietro Ingrao, Gillo Dorfles, Guido Ballo, Bruno Corà, Marco Vallora, Angela Vettese – si collocano le opere dei tantissimi artisti attivi per la Colophon: Valerio Adami, Eduardo Arroyo, Enrico Baj, Agostino Bonalumi, Enrico Castellani, Hsiao Chin, Corneille, Lucio Del Pezzo, Nicola De Maria, Piero Dorazio, Mimmo Paladino, Giulio Paolini, Arnaldo Pomodoro, Toti Scialoja, Walter Valentini, Emilio Vedova, Giuseppe Zigaina; e ancora Cadorin, Franco Fontana, Griffa, Guccione, Kounellis, Mattioli, Music, Nespolo, Perilli, Piano, Scianna, Shafik, Spagnulo, Staccioli, Viallat.

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Léon Bakst. Simbolo dei Balletti Russi

La mostra Léon Bakst. Simbolo dei Balletti Russi a cura di Natalia Metelitsa e Maria Ida Biggi, ripercorre la carriera del noto artista, scenografo e costumista russo, reso celebre dalle sue innovative creazioni per i Balletti Russi di Sergej Djagilev.
La mostra,risultato di un lavoro congiunto dell’Istituto per il Teatro e il Melodramma e dello State Museum of Theatre and Music di San Pietroburgo, che conserva la più grande collezione di bozzetti e figurini bakstiani, è realizzata in collaborazione con lo CSAR – Centro Studi sulle Arti della Russia dell’Università Ca’ Foscari e avrà luogo nell’ambito della Russian Season in Italy, organizzata dal Ministero della Cultura russo.

Il percorso espositivo documenta un ampio arco della produzione artistica di Léon Bakst: partendo dai primi e poco conosciuti lavori, quali Le Coeur de la Marquise di Marius Petipa (1902) e le tragedie Ippolito di Euripide, Edipo a Colono e Antigone di Sofocle (1902-1904), si giunge alle acclamate creazioni realizzate per i Balletti Russi, tra cui Cléopâtre (1909), L’oiseau de feu (1910), Carnaval (1910), Narcisse (1911), Le Dieu bleu (1912), Daphnis et Chloé (1912), che costituiscono il cuore  dell’esposizione. Oltre ai materiali relativi a questi spettacoli, si espongono anche i figurini di opere realizzate principalmente tra il 1910 e il 1911, quali Thaïs, La Traviata, Faust, Martyre de St. Sébastien, Manon Lescaut. A completare il percorso espositivo, una ricca serie di fotografie e costumi originali, che costituiranno un supporto fondamentale per la ricostruzione della poliedrica attività dell’acclamato artista.

Léon Bakst (1866-1924) si forma tra San Pietroburgo e Parigi. Con Sergej Djagilev e Alexandre Benois è tra i fondatori della rivista Mir iskusstva, sulla quale pubblica i suoi primi lavori grafici. Nel 1902 inizia a lavorare come scenografo e costumista per i teatri imperiali di San Pietroburgo.
Tra rotture e riconciliazioni, la sua collaborazione con i Balletti Russi, che nasce nel 1909, si estende per quasi tutto l’arco della sua carriera.

 

La vetreria M.V.M. Cappellin e il giovane Carlo Scarpa 1925-1931

La mostra autunnale de LE STANZE DEL VETRO sarà dedicata alla vetreria M.V.M. Cappellin & C., fondata da Giacomo Cappellin nel 1925, prendendo in esame la sua attività in un arco temporale che va dalla fine del 1926 all’inizio del 1932, anno in cui chiuse per fallimento.
In questi anni la fornace si qualificò come la migliore alla pari della V.S.M. Venini & C. con cui rivaleggiò idealmente, realizzando una produzione di qualità eccezionale, sia per i tessuti vitrei impiegati sia per il design degli oggetti.

Il progetto intende ripercorrere per la prima volta la storia della vetreria mettendo in luce l’importanza che ha avuto nella Murano degli anni venti e l’inizio degli anni trenta. Animata dalla passione di Giacomo Cappellin, dalla fine del 1926 la fornace vide anche la collaborazione del giovane architetto Carlo Scarpa, attivo in azienda fino al 1931. Scarpa assunse presto una certa autonomia nella progettazione dei modelli, che si distinsero soprattutto per il ricorrere di forme geometriche. In questi anni la M.V.M. seppe inoltre proporre nuove serie di vetri frutto di continue ricerche sulla materia vitrea e sulla forma, spesso rivisitando antiche tecniche di lavorazione come la filigrana a reticello e il decoro fenicio. Seppe poi cogliere la sfida del vetro opaco, ottenendo tessiture di notevole impatto cromatico.

La storia della vetreria verrà raccontata ricostruendo per la prima volta l’intero catalogo di produzione attingendo a diversi archivi.

Homo Faber. Crafting a more human future

La Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship, istituzione con sede in Svizzera che si dedica alla promozione della maestria artigiana a livello internazionale, organizza il suo primo grande evento culturale dedicato ai mestieri d’arte in Europa. Homo Faber. Crafting a more human future è concepito da un selezionatissimo team di progettisti, curatori e architetti di fama mondiale e si pone l’obiettivo di mettere in risalto l’eccellenza della produzione artigianale europea, offrendo ai visitatori un’esperienza unica e memorabile.

Homo Faber si avvale della collaborazione di una squadra d’eccezione, che annovera personalità di spicco come Michele De Lucchi, Stefano Boeri, India Mahdavi, Judith Clark, Jean Blanchaert e Stefano Micelli, i quali infonderanno alla mostra una straordinaria creatività ed energia. All’organizzazione collaborano i partner della Michelangelo Foundation, che ne condividono la visione: la Fondazione Giorgio Cini, la Fondation Bettencourt Schueller, il Triennale Design Museum e la Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte. L’esposizione presenterà un’ampia selezione di materiali e discipline, dal gioiello alle biciclette su misura, dalle competenze artigiane che stanno scomparendo ad alcuni degli esempi più rappresentativi dei mestieri d’arte a livello europeo. Coprendo una superficie di ben 4.000 metri quadri, Homo Faber sarà la più grande mostra mai realizzata presso la Fondazione Giorgio Cini e offrirà ai visitatori l’opportunità di accedere a spazi che normalmente non sono aperti al pubblico.


Per accedere all’evento è necessario registrarsi sul sito: www.homofaberevent.com

Vatican Chapels. Padiglione della Santa Sede alla 16. Mostra Internazionale di Architettura

Vatican Chapels alla Fondazione Cini,
un’indagine sui luoghi della spiritualità contemporanea

Il progetto si pone in continuità con una delle missioni principali della Fondazione: stimolare la riflessione e il dialogo comparativo sulle diverse religioni e tradizioni spirituali. 

Il parco dell’isola di San Giorgio sarà accessibile a tutta la cittadinanza. 

La Fondazione Giorgio Cini ospita nel parco dell’isola di San Giorgio Maggiore a Venezia Vatican Chapels, il primo Padiglione della Santa Sede alla Biennale Esposizione Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia. Uno spazio di circa un ettaro e mezzo che accoglie 10 cappelle realizzate da 10 architetti internazionali. Un luogo sospeso nella laguna, tra acqua, cielo e terra, ideale per ospitare un padiglione votato alla riflessione e all’esperienza spirituale, perfettamente coerente con la storia e la missione della nostra Istituzione.

 

Scarica qui la rassegna stampa “Vatican Chapels”- prima parte

Scarica qui la rassegna stampa “Vatican Chapels” – seconda parte


Commissario: Cardinale Gianfranco Ravasi
Curatori: Francesco Dal Co, Micol Forti
Espositori: Andrew Berman, Francesco Cellini, Javier Corvalan, Eva Prats e Ricardo Flores, Norman Foster, Teronobu Fujimori, Sean Godsell, Carla Juacaba, Smiljan Radic, Eduardo Souto de Moura, Francesco Magnani e Traudy Pelzel.

 

La Santa Sede partecipa per la prima volta alla Biennale di Architettura di Venezia con un padiglione di dieci cappelle costruite nel parco dell’isola di San Giorgio Maggiore da altrettanti architetti provenienti da tutto il mondo.

Promosso dal Cardinale Gianfranco Ravasi, coordinato dal Pontificio Consiglio per la Cultura, curato dal Prof. Francesco Dal Co e della Dott.ssa Micol Forti, il progetto è ispirato alla Cappella del bosco di Gunnar Asplund costruita nel 1920 nel cimitero di Stoccolma.

Dieci architetti di comprovata esperienza e diversa formazione hanno proposto e realizzato altrettante cappelle, indagando le possibilità offerte dai differenti materiali. Nella progettazione e realizzazione delle strutture è stata prestata particolare attenzione anche alla possibilità di riutilizzare le cappelle dopo l’esposizione, nella tutela e nel rispetto dello spazio naturale circostante.

 

Provenienti da Italia, Spagna, Portogallo, Gran Bretagna, USA, Australia, Brasile, Giappone, Cile/Serbia e Paraguay, gli architetti si sono confrontati con una nuova tipologia edilizia: le cappelle, infatti, sono di solito identificate come parte di un più vasto spazio religioso e ambiente di culto, come una chiesa o cattedrale, mentre qui le cappelle saranno isolate e collocate in un ambiente naturale e astratto – il bosco – metafora del peregrinare della vita.

Progetto realizzato in collaborazione con la Fondazione Giorgio Cini.

Per maggiori informazioni: www.labiennale.org/it/architettura/2018