Mostre Archives - Pagina 8 di 23 - Fondazione Giorgio Cini

Una fornace a Marsiglia. Cirva

© 2017 Photographie David GIANCATARINA

Apre il 9 aprile 2018 la prossima mostra primaverile de LE STANZE DEL VETRO, Una fornace a Marsiglia. Cirva – Centre international de recherche sur le verre et les arts plastiques. Per la prima volta nella storia del progetto ideato da Fondazione Giorgio Cini e Pentagram Stiftung, l’esposizione avrà due sedi: LE STANZE DEL VETRO e la Fondazione Querini Stampalia, per un totale di 17 artisti.

I due capitoli della mostra, curati entrambi da Isabelle Reiher, direttrice del Cirva di Marsiglia, e da Chiara Bertola, responsabile per l’arte contemporanea della Querini, chiuderanno in due momenti diversi: il 24 giugno 2018 la Fondazione Querini e il 29 luglio LE STANZE DEL VETRO.

Il progetto espositivo Una fornace a Marsiglia. Cirva presenterà le opere di 17 artisti e designers, in residenza al Cirva negli ultimi trent’anni, nel tentativo di evidenziare i momenti salienti della creazione.

Gli artisti selezionati dalle due curatrici Isabelle Reiher e Chiara Bertola sono entrati in contatto solo saltuariamente con il mondo del vetro nel corso delle loro carriere: anche per questo motivo i risultati proposti in mostra sono originali e sorprendenti, straordinari e non prevedibili. L’incontro tra due realtà apparentemente lontane, quali l’arte contemporanea e il vetro, ha consentito di immaginarne e costruirne una terza: un mondo in cui il vetro non rappresenta più semplicemente un simbolo della tradizione ma si presenta in un nuovo paesaggio e visionarietà.

In particolare a LE STANZE DEL VETRO, sull’Isola di San Giorgio Maggiore, verrà presentata la storia del Cirva attraverso le opere di dieci artisti che hanno contribuito a formare una parte importante della sua collezione, riuscendo a infondere intelligenza, creatività e capacità sperimentale ai loro progetti. E’ così che Larry Bell, Pierre Charpin, Lieven De Boeck, Erik Dietman, Tom Kovachevich, Giuseppe Penone, Jana Sterbak, Martin Szekely, Robert Wilson e Terry Winters troveranno uno spazio dedicato al loro mondo: in ogni sala del percorso espositivo infatti, verrà sottolineato come la ricerca e l’esercizio di ciascun artista nei laboratori marsigliesi siano stati fondamentali per il loro lavoro.

Alla Fondazione Querini Stampalia, negli spazi contemporanei del terzo piano, verrà presentato invece il lavoro di otto artisti per dimostrare come il vetro sia la traduzione di un pensiero, di un passaggio da uno stato all’altro, la realizzazione di una forma a partire da un’idea: Dove Allouche, James Lee Byars, Giuseppe Caccavale, Hreinn Fridfinnsson, Philippe Parreno, Remo Salvadori, Jana Sterbak, Francisco Tropa.

Per sottolineare questo raccontare e rappresentare il vetro in modo vivo e relazionato allo spazio, Giuseppe Caccavale e Remo Salvadori sono stati invitati a produrre al Cirva due nuovi lavori, che saranno poi esposti alla Querini Stampalia in occasione della mostra.

Nell’ideazione di Una fornace a Marsiglia. Cirva Isabelle Reiher e Chiara Bertola hanno cercato di coniugare il vetro agli elementi naturali che caratterizzano il sistema ambientale delle loro due città: Venezia e Marsiglia, entrambe toccate dall’acqua, dentro la luce, partecipi dell’invenzione del vetro e mai dimentiche del suono. L’esposizione nasce quindi dalla consapevolezza che il vetro non è una materia ma una condizione, uno strumento ottico che aiuta a vedere qualcos’altro: permette di immaginare la traduzione di un’idea, di cogliere il solidificarsi dell’energia di una visione, di toccare il colore di una profondità, di mostrare la durezza di un solido che si scioglie in brillantezza. In questo paesaggio “congelato”– ma nato dal fuoco – la luce, i riflessi e le trasparenze risultano assolutamente determinanti.

La riflessione sulla straordinaria relazione tra arte contemporanea e vetro proposta da Isabelle Reiher e Chiara Bertola sarà ulteriormente approfondita in un’occasione speciale: il 22 maggio 2018 è in programma una conversazione con alcuni degli artisti de Una fornace a Marsiglia. Cirva.

Progettato come un laboratorio di ricerca, il Cirva – Centre international de recherche sur le verre et les artes plastiques nasce a Marsiglia nel 1986 come un ente statale senza fini di lucro per ospitare artisti, designer e architetti internazionali che desiderano introdurre il vetro nel loro processo creativo: questi artisti, che spesso si confrontano per la prima volta con una materia difficile da padroneggiare, sviluppano i loro progetti assistiti dal team tecnico del Cirva.

In questi trent’anni il Cirva ha ospitato circa 200 artisti per vari progetti nei campi dell’arte contemporanea, del design e delle arti decorative: possiede, inoltre, una collezione
di 700 opere esposte in musei e centri d’arte in tutto il mondo.

 

Una fornace a Marsiglia. Cirva – Centre international de recherche sur le verre et les arts plastiques sarà accompagnata da un catalogo, a cura di Isabelle Reiher e Chiara Bertola, edito da Skira.

Architettura immaginata. Disegni dalle raccolte della Fondazione Giorgio Cini

Dal 20 aprile al 17 settembre la Galleria di Palazzo Cini a San Vio inaugura la stagione espositiva 2018 con una mostra che unisce in maniera originale la bellezza del disegno alle catturanti architetture dell’inganno: Architettura Immaginata è un’esposizione che mette in risalto, attraverso l’esposizione di un centinaio di disegni, la ricchezza della raccolta Antonio Certani della Fondazione Giorgio Cini, eccezionale collezione di oltre 5.000 disegni acquisita da Vittorio Cini nel 1962, che raccoglie molti generi e numerosi esponenti della celebre scuola bolognese dal Cinque all’Ottocento. Grazie ad Assicurazioni Generali, main partner della Galleria fin dalla sua riapertura nel 2014 e da molti anni sostenitore istituzionale della Fondazione Cini, la stagione espositiva sarà aperta al pubblico fino al 19 novembre 2018.

Curata da Luca Massimo Barbero, Direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini, e dagli studiosi dell’Istituto stesso, la mostra condurrà il visitatore in un viaggio affascinante tra disegni legati all’architettura illusiva e di ornato: quadrature, sfondati, prospettive, scenografie e campionari di oggetti come cartouches, vasi ornamentali ed elementi decorativi che spesso ornano le architetture dipinte, talmente visionari e curiosi da rappresentare quasi le radici del design.

“Questa mostra segna un nuovo capitolo del percorso di valorizzazione delle collezioni intrapreso dall’Istituto di Storia dell’Arte, nel quale rientrano gli studi sfociati nelle importanti pubblicazioni relative alla raccolta di arte antica conservata nella Galleria di Palazzo Cini e alla collezione di miniature, ma anche la digitalizzazione e la catalogazione dei fondi documentali e fotografici e le attività del Centro Studi Vetro. – afferma Barbero – Con Architettura Immaginata vogliamo mostrare al grande pubblico capolavori in parte mai esposti, opere rare e affascinanti che rappresentano al meglio un’epoca effervescente in cui l’architettura come inganno, cioè l’architettura disegnata e dipinta, rappresentava il cuore dell’espressione artistica”. Ma non mancherà in mostra una sezione dedicata a quei repertori di ornato in cui la potenza dell’immaginazione e la maestria tecnica si esprimono con forza sorprendente in forme zoomorfe e antropomorfe e in un florilegio di dettagli.

 

La raccolta Certani, costituita nella prima metà del secolo scorso dal violoncellista e compositore emiliano Antonio Certani (Vedrana di Budrio, 1879 – Bologna, 1952), è uno dei fondi di grafica più rilevanti conservati da un’istituzione privata e dedicati principalmente al disegno bolognese ed emiliano. Acquistata dal bibliofilo e antiquario Tammaro De Marinis, rischiò di essere smembrata e poi dispersa; a garantirne la preservazione intervenne la decisione di Vittorio Cini di acquistarla e destinarla come fondo integro all’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione, consentendone così la conservazione e lo studio.

 

Architettura Immaginata vuole essere un nuovo appuntamento per il grande pubblico, un’occasione per visitare Palazzo Cini e conoscere al contempo un aspetto finora in parte sconosciuto delle grandi collezioni della Fondazione Giorgio Cini, di cui la casa museo costituisce una vitale e affascinante cornice.

RENATA RAMPAZZI, CRUOR – sangue sparso di donne

MOSTRA DI RENATA RAMPAZZI, CRUOR – sangue sparso di donne

L’esposizione presenta un’installazione inedita dell’artista

ispirata al tema della violenza sulle donne.

La violenza sulle donne sta diventando una quotidiana ritualità. Trattato ormai come freddo dato di cronaca, questo tema necessita di rinnovati sforzi di riflessione per stimolare una matura e consapevole presa di coscienza.

In questo, anche l’arte può assolvere un importante ruolo di sensibilizzazione per provocare, con il linguaggio e l’immediatezza che le sono propri, un responsabile rifiuto e una ribellione.

Da queste premesse nasce la mostra di Renata Rampazzi dal titolo Cruor – sangue sparso di donne, ospitata dal 6 aprile al 17 giugno 2018 dalla Fondazione Giorgio Cini di Venezia.

L’esposizione, accompagnata da uno scritto inedito di Dacia Maraini e da un testo critico di Claudio Strinati, presenta una grande installazione dell’artista, vera testimone del tempo nel quale vive.

Già dalla fine degli anni ’70, infatti, la tematica della violenza, del sangue, del dolore facevano parte dell’universo creativo di Renata Rampazzi, fino a diventare una delle cifre più caratteristiche del suo percorso espressivo.

“Molte delle mie opere – ricorda Renata Rampazzi – portavano tracce del mio turbamento di fronte a quelle manifestazioni esistenziali di sopraffazione maschile. Era un grido personale, un disagio che ruotava attorno al sesso, alla metafora della ferita, che rimandava ad azioni e comportamenti ancora generalmente tenuti nascosti, taciuti, e che oggi per diffusione, per violenza e ostentazione, ormai non sono solo un fenomeno sociale che inquina le società occidentali ma che sotto forme diverse reclama una denuncia, una rivolta, un

rifiuto di complicità e sudditanza in tutte le espressioni individuali e collettive della cultura, del potere e della vita sociale”.

Oggi di fronte alla recrudescenza della violenza nei confronti delle donne, l’artista torna ad affrontare questo argomento, attraverso nuovi lavori, realizzati con materiali e forme per comunicare in maniera più diretta e coinvolgente.

Alla Fondazione Giorgio Cini, l’esposizione CRUOR, appositamente pensata per la Sala Borges dell’Isola di San Giorgio Maggiore, unisce il passato al presente. Un presente in cui le tele vengono sostituite da garze che si rifanno ai bendaggi per curare le ferite, le piaghe, i segni delle deturpazioni e in cui i pigmenti e gli spessori di colore che ruotano attorno alle gradazioni del rosso, e contengono anche tracce di sangue, rimandano alla tragica realtà delle lacerazioni, mutilazioni, offese e sofferenze delle vittime.

Il percorso espositivo parte dalle opere storiche, realizzate da Renata Rampazzi negli anni ‘70/’80 per arrivare all’’installazione realizzata per l’occasione, che non vuole essere un semplice momento di contemplazione, ed è costituita da un labirinto di teli e garze che dal soffitto arriveranno fino al pavimento rosso cupo. L’opera avvolgerà fisicamente ed emotivamente il visitatore in modo da provocarne un suo coinvolgimento non solo estetico ma soprattutto emotivo e civile.

Accompagna la mostra un catalogo delle Edizioni Sabinae (bilingue italiano, inglese) con testi di Dacia Maraini e Claudio Strinati.

Durante il periodo della mostra, la Fondazione Giorgio Cini ospiterà una tavola rotonda sul tema della violenza sulle donne, coordinata dalla storica Francesca Medioli, cui parteciperanno, tra le altre, personalità quali Chiara Valentini, Dacia Maraini, Luciana Castellina, Chiara Saraceno.

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[accordion_entry title=”Note biografiche”]

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[/accordion]Note biografiche

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eleonora Duse e Arrigo Boito

Nel corso del 2018, in occasione delle celebrazioni legate al centenario della morte di Arrigo Boito (1842-1918), l’Istituto per il Teatro e il Melodramma, capofila del Comitato Nazionale per le celebrazioni boitiane, presenta la mostra Eleonora Duse e Arrigo Boito, a cura di Maria Ida Biggi.

L’esposizione intende ricostruire il sodalizio artistico e personale che vide coinvolti l’attrice e il celebre letterato, compositore e intellettuale, a lungo un punto di riferimento per Eleonora e per il suo teatro. L’Istituto espone i documenti boitiani, per la maggior parte inediti, acquisiti in seguito alle donazioni Carandini Albertini, Sister Mary Mark e Nardi: tra questi materiali spiccano il prezioso corpus di lettere che i due si scambiarono tra il 1884 e il 1918; i copioni dei testi shakespeariani Antonio e Cleopatra, Giulietta e Romeo e Macbeth, di cui Arrigo curò la traduzione e l’adattamento sulla base delle peculiarità artistiche e recitative di Eleonora; autografi vari e abbozzi del Nerone; fotografie originali.

La Stanza di Eleonora Duse, aperta e visitabile dal 2011, è nata con l’intento di rendere accessibile a un pubblico interessato il prezioso patrimonio custodito nell’Archivio Duse. I materiali originali afferenti all’archivio vengono esposti a rotazione, in una serie di mostre temporanee volte ad approfondire uno o più aspetti della vita e dell’arte dell’attrice.


Catalogo: Eleonora Duse e Arrigo Boito, a cura di Maria Ida Biggi, Fondazione Giorgio Cini, Venezia 2018.


Scarica la locandina e la cartolina

Scarica la copertina del catalogo

Vittorio Zecchin: i vetri trasparenti per Cappellin e Venini

E’ dedicata a Vittorio Zecchin, artista muranese, la mostra autunnale de LE STANZE DEL VETRO. In mostra i vetri soffiati trasparenti disegnati per Cappellin e Venini dal 1921 al 1926.

La mostra Vittorio Zecchin: i vetri trasparenti per Cappellin e Venini, a cura di Marino Barovier, è dedicata ai vetri trasparenti disegnati negli anni Venti dallʼartista per la V.S.M. Cappellin Venini & C., prima, e per la M.V.M. Cappellin & C., poi.

Di origine muranese, Zecchin (1878-1947), dopo aver studiato all’Accademia di Venezia, si dedicò alla pittura rivolgendosi alla cultura artistica contemporanea, specie alle avanguardie mitteleuropee. Partecipe della grande stagione di Ca’ Pesaro, si interessò progressivamente alle arti applicate, dai ricami agli arazzi, ma soprattutto al vetro a cui guardò con passione ed entusiasmo.

Alla fine del 1921 assunse la direzione artistica della V.S.M. Cappellin Venini & C., vetreria fondata quell’anno da Giacomo Cappellin e da Paolo Venini, destinata in breve ad affermarsi sia nel panorama nazionale che internazionale.

I manufatti della Cappellin Venini si differenziarono subito dalle coeve realizzazioni muranesi, spesso connotate da eccessivi virtuosismi, per le proporzioni classiche e le linee di notevole essenzialità.

Lo scioglimento della società tra Cappellin e Venini nel 1925 non interruppe lo sviluppo di questo indirizzo poiché Zecchin continuò fino al 1926 a ideare nuovi modelli per la M.V.M. Cappellin & C. fondata da Giacomo Cappellin dopo la separazione da Paolo Venini.

Lyda Borelli primadonna del Novecento

La mostra Lyda Borelli primadonna del Novecento, curata da Maria Ida Biggi e allestita nella cornice della casa-museo di Palazzo Cini a San Vio, si propone di raccontare la vicenda artistica di una delle più affascinanti attrici italiane del primo Novecento, dai grandi successi sui palcoscenici d’Italia e del mondo sino al trionfo nel cinematografo, attraverso una straordinaria galleria di fotografie, materiali audiovisivi, opere d’arte e rari documenti d’archivio.

Figlia d’arte di Napoleone Borelli e Cesira Banti, Lyda Borelli (1887-1959) frequenta il palcoscenico sin da bambina, debuttando nel 1901 al fianco di Virginia Reiter. Dal 1903, anno del suo ingresso nella Compagnia di Virgilio Talli, fino al ritiro dalle scene del 1918, Lyda Borelli è l’acclamata protagonista di testi teatrali di successo firmati da autori quali Gabriele D’Annunzio, Oscar Wilde e Sem Benelli, e lavora accanto ai più importanti interpreti del suo tempo. La sua immagine di attrice teatrale preannuncia quell’icona liberty di stile e di eleganza che, con le successive interpretazioni cinematografiche, si imporrà all’attenzione di un pubblico più vasto.

Il progetto, in accordo e con il sostegno degli eredi di Lyda Borelli, è realizzato in collaborazione con istituzioni quali SIAE – Biblioteca e Raccolta Teatrale del Burcardo, Roma; ICCD – Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, Roma; Fratelli Alinari. Fondazione per la Storia della Fotografia, Firenze.

 

La mostra rappresenta l’evento di punta all’interno del ciclo di attività legate alla riscoperta della figura di Lyda Borelli, ed è allestita al termine di un lungo percorso di studio e ricerca che ha portato alla pubblicazione del volume monografico Il Teatro di Lyda Borelli, a cura di Maria Ida Biggi e Marianna Zannoni (Fratelli Alinari, Firenze 2017). In occasione dell’esposizione, l’Istituto per il Teatro e il Melodramma ha organizzato la rassegna Lyda Borelli diva cinematografica, che ha visto la proiezione di alcune tra le più importanti pellicole interpretate dall’attrice: Rapsodia satanica, presso le Sale Apollinee del Teatro La Fenice, con accompagnamento musicale dal vivo; Ma l’amor mio non muore!, Malombra e Carnevalesca, presso la Casa del Cinema – Videoteca Pasinetti, con proiezioni precedute da incontri con studiosi del settore; La memoria dell’altro, proiettato presso l’Ateneo Veneto dopo un accurato restauro realizzato dalla Cineteca Nazionale di Roma.

Franco Gentilini. Ritratti di Luciana.

La Fondazione Giorgio Cini ospita una mostra dal 15 giugno-14 luglio di Franco Gentilini Ritratti di Luciana presso la Saletta espositiva della Manica Lunga.

I venti disegni di Franco Gentilini (1909-1981), donati dalla vedova Luciana alla Fondazione Giorgio Cini nel 2017, sono la testimonianza dell’ultima e intensa stagione dell’artista, dal matrimonio del 1970 fino alla morte nel 1981. Ambito rilevante della sua ricerca artistica, sviluppato con il lungo tirocinio di illustratore per riviste come “Quadrivio”, “L’Italia Letteraria”, “La Fiera Letteraria”, il disegno costituisce per Gentilini un momento fondamentale dell’elaborazione creativa, che in questi fogli ha raggiunto il suo tipico stile gentile e arcaizzante che ne fa l’ultimo rappresentante della pittura metafisica del secondo dopoguerra, come aveva intuito con lungimiranza Carlo Cardazzo, che fu suo mercante per un lungo periodo.

Il corpus grafico di Franco Gentilini della Fondazione Cini, quasi integralmente esposto in questa piccola mostra che vuole essere un omaggio al maestro e alla generosità della vedova Luciana, è costituito da disegni di varie tecniche (matita rossa, penna acquerellata, carboncino, tempera) e cronologia: venti suggestivi ritratti di Luciana Gentilini che compongono una galleria ‘privata’ ricca di sottili modulazioni espressive e connotata da affascinanti recuperi iconografici dalla tradizione ritrattistica del Seicento e dell’Ottocento.

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[accordion_entry title=”Biografia di Franco Gentilini”]

Franco Gentilini nasce nel 1909 a Faenza, dove frequenta i corsi di Disegno e Plastica per artigiani e contemporaneamente lavora per la manifattura “Focaccia & Melandri”. Incoraggiato dal pittore faentino Giovanni Romagnoli, intraprende la via della pittura, che presto lo avvia a una fitta carriera espositiva dalla fine degli anni Venti, con una prima partecipazione alla Biennale di Venezia già nel 1930.

Nel 1932 si trasferisce definitivamente a Roma, dove frequenta la famosa “Terza Saletta” del Caffè Aragno, punto di ritrovo di scrittori e letterati. A Roma realizza la sua prima mostra personale presso la Galleria di Roma, diretta da Pietro Maria Bardi (1933), a cui segue la partecipazione alla II Quadriennale di Roma nel 1935, mentre alla III del 1939 avrà persino una sala personale e alla IV (1943) la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma gli acquisterà un dipinto.

Sono del 1941 i primi contatti con Carlo Cardazzo e le Edizioni del Cavallino, per le quali illustra le Prose di Renato Mucci. Il rapporto con il gallerista di Venezia si intensificherà poi a partire dagli anni Cinquanta, quando Gentilini diventa uno degli artisti di punta delle sue gallerie del Cavallino e del Naviglio, dove espone per la prima volta nel 1952 in concomitanza con l’uscita di una piccola monografia (la seconda della sua carriera) con introduzione di Alberto Moravia. Sei anni dopo ne seguirà una terza firmata da Guido Ballo (1958). Grazie a questo contesto si recupera traccia del fitto sodalizio con poeti e letterati, di cui l’artista coltiva l’amicizia, testimoniata da edizioni illustrate di loro testi poetici o in prosa, come nel caso, fra i molti, di Leonardo Sinisgalli, Raffaele Carrieri, Libero De Libero, Gualtieri di San Lazzaro. Progressivamente, infatti, Gentilini si afferma come il pittore dei letterati, la cui ricerca sognante e surreale si rivela congeniale a una visione incantata e accostante del reale. Dopo una prima stagione in linea con gli indirizzi estetici dell’arte fra le due guerre, periodo in cui si collocano anche le prime grandi decorazioni murali, nel dopoguerra la sua pittura di tono lieve assume un carattere peculiare, grazie a un particolare espediente tecnico come la preparazione a sabbia delle tele, che conferisce alla superficie pittorica una consistenza granulosa simile a un affresco, ma soprattutto grazie all’elaborazione di uno stile grafico, sintetico e di invenzione surreale. Non a caso, infatti, Carlo Cardazzo, che intuisce da un punto di vista mercantile una continuità fra il suo lavoro e quello di Massimo Campigli, lo presenta nelle numerose mostre presso la sua galleria come un pittore neometafisico, capace, dopo De Chirico, di dare una nuova e moderna dignità d’arte alle Piazze d’Italia. A partire dalla fine degli anni Quaranta si susseguono mostre personali di rilievo in numerose città italiane e all’estero, fra Europa (e in particolare Parigi) e Stati Uniti.

Fu membro dell’Accademia di San Luca dal 1969, divenendone presidente nel 1979. Dopo breve malattia, Franco Gentilini muore nell’aprile del 1981.
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Performance / Talk – Yesterday. Today. Tomorrow. Traceability is Credibility

23.05.17 – 18h30

Performance / Talk diretti da
Bryan Mc Cormack (artista e curatore dell’installazione YESTERDAY. TODAY. TOMORROW.)
e
Henry Bell (Sheffield Hallam University)
con la partecipazione degli allievi della Sheffield Hallam University, UK

Yesterday. Today. Tomorrow. è un lavoro concettuale sui recenti fenomeni migratori dell’artista Bryan Mc Cormack. Nucleo del progetto è la visualizzazione della crisi europea dei rifugiati. In quanto solo i rifugiati possono visualizzare e dare voce alla catastrofe umanitaria da loro vissuta, questo lavoro è stato creato grazie alla partecipazione di centinaia di essi: dopo aver ricevuto fogli di carta e penne colorate, ogni rifugiato è stato invitato a realizzare tre disegni, uno della loro vita passata (Yesterday), uno della loro vita presente (Today) e uno della loro vita come immaginata nel futuro (Tomorrow).

Una performance dal vivo della durata di 70-90 minuti di Yesterday. Today. Tomorrow. andrà in scena sull’Isola di San Giorgio Maggiore.
Curata da Bryan Mc Cormack e Henry Bell, la performance includerà più di 30 studenti del corso di laurea in ‘Performance for Stage and Screen’ della Sheffield Hallam University.
Usando i disegni raccolti come punto di partenza per una performance/dibattito esperienziale, nello stile del teatro immagine di Augusto Boal, i performer lavoreranno con i membri del pubblico al fine di creare dei tableaux umani in risposta ai disegni. Attraverso questo percorso, l’attenzione si sposta verso il modo in cui l’esperienza e le aspirazione del pubblico incontrano l’esperienza e le aspirazioni dei rifugiati.
La performance vuole porsi come stimolo di riflessione attiva sulle esperienze vissute dai creatori dei disegni, non come una opportunità per osservare morbosamente le persone implicate nella crisi umanitaria. Partecipando ad un ulteriore elemento di rintracciabilità delle loro vite, l’obiettivo è permettere alle voci dei rifugiati di essere sentite con dignità.

Qwalala di Pae White

Una nuova scultura “site-specific” dell’artista americana Pae White, commissionata da LE STANZE DEL VETRO sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia in concomitanza con la 57a Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia

Il 12 maggio 2017, in concomitanza con la 57a Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia, la nuova monumentale scultura dell’artista americana Pae White, Qwalala, aprirà al pubblico sull’Isola di San Giorgio Maggiore. È la seconda installazione temporanea (dopo Glass Tea House Mondrian di Hiroshi Sugimoto) a essere commissionata da LE STANZE DEL VETRO per il giardino esterno della sede espositiva.

Qwalala è un muro curvo realizzato con dei “lingotti” di vetro che occupa l’intera area di fronte a LE STANZE DEL VETRO, lungo 75 metri e alto di 2.4 metri. Le migliaia di mattoni di vetro impiegati per realizzare Qwalala sono stati colati a mano dall’azienda veneta Poesia Glass Studio. Ciascun mattone è unico, frutto delle conformazioni imprevedibili e variabili proprie del processo di produzione artigianale. Circa la metà dei mattoni è in vetro trasparente mentre i restanti spaziano tra una gamma di 26 colori, risultato di una tecnica per cui ogni mattone contiene un effetto “tempesta”: un turbinio di colori, pur rimanendo trasparente. In questo progetto i singoli mattoni rappresentano i moduli di un caos contenuto. L’artista combina i mattoni per comporre ciò che da lontano sembra un modello pittorico astratto ma che, a un esame più attento, rivela mondi inaspettati di particolari. I tenui blu, verdi, rosa, grigi e marroni della tavolozza sono tratti dai colori utilizzati nell’arte vetraria romana del primo secolo creati dalla presenza di zolfo, rame, manganese e altri metalli e minerali.

Pae White ha studiato le caratteristiche del luogo e i molteplici punti di vista che offre, non solo da terra ma anche dal campanile della Basilica dell’Isola di San Giorgio Maggiore, così come potrebbe apparire su Google Maps, inserito tra la darsena per le barche e il Labirinto di Borges. Ha scelto il percorso del muro tra migliaia di progetti elaborati a computer con un software di randomizzazione creato appositamente per questo scopo. Le due aperture nel muro si ispirano all’essenzialità ingegneristica che l’artista ha osservato durante una recente visita alle rovine Maya in Messico e suggeriscono che, anche nel clima politico di oggi, i muri possono essere trasparenti e permeabili e anche avere il potere di unire le persone piuttosto che dividerle.

Il titolo dell’opera, Qwalala, è un termine coniato dalla tribù di nativi americani Pomo che significa “luogo in cui scende l’acqua” e fa riferimento al corso serpeggiante del fiume Gualala nella California del nord che l’opera vuole richiamare, sia nella sua struttura che nel layout. Il gioco di luce sempre mutevole del muro ricorda il continuo variare del colore e della temperatura delle acque del fiume nel loro percorso verso l’Oceano Pacifico. Inoltre, il nome stesso di “Qwalala”, quando viene pronunciato, evoca l’esperienza viscerale del corpo mentre si sposta lungo il muro e segue le sue curve.

Pae White è da tempo interessata al vetro e al suo potenziale come materiale da costruzione che fonde l’idea di caos e di inafferrabilità con la praticità. I metodi di costruzione e i mattoni utilizzati per Qwalala sono il risultato di una lunga ed esaustiva ricerca sul materiale e sulla sua funzionalità per la costruzione. Apparentemente semplice nella sua forma, il muro è un’impresa di ingegneria complessa, resa possibile grazie all’analisi strutturale e alla progettazione di uno studio di ingegneria leader nel settore, schlaich bergermann partner. Il muro è supportato da una base in acciaio e da uno speciale sigillante strutturale fornito da Dow Corning. Qwalala testimonia l’interesse di Pae White nel combinare materiali comuni con tecnologie all’avanguardia, tradizione artigianale con ingegneria avanzata, e nel ricorrere alla produzione industriale per sfidarne i limiti. Il risultato può essere interpretato sia come scultura evocativa dell’architettura sia come architettura evocativa della scultura.

Il progetto sarà accompagnato da un libro pubblicato da Verlag der Buchhandlung Walther Koenig. Pae White produrrà anche nuove edizioni d’artista in vetro di Murano per LE STANZE DEL VETRO.



Qwalala
di Pae White è la seconda di una serie di commissioni per l’area all’esterno de LE STANZE DEL VETRO sull’isola di San Giorgio a Venezia. Il concetto alla base di queste installazioni temporanee è quello di consentire a un’artista di fama internazionale di lavorare su larga scala e dedicarsi allo spazio tra scultura e architettura. Ciascun progetto sarà presentato nel corso di due anni, durante le Biennali di Arte e Architettura di Venezia, al fine di coinvolgere sia i rispettivi segmenti di pubblico che il pubblico in generale.
LE STANZE DEL VETRO è un’iniziativa congiunta di Fondazione Giorgio Cini e Pentagram Stiftung. Qwalala è stata resa possibile grazie al supporto di Pentagram Stiftung, schlaich bergermann partner e Dow Corning in collaborazione con Poesia Glass Studio. Un ringraziamento speciale va a Costruzioni e Restauri G. Salmistrari e a Cattaruzza Millosevich Architetti Associati per aver supervisionato ogni fase della progettazione e costruzione dell’opera.

LE STANZE DEL VETRO organizzano attività didattiche e visite guidate di Qwalala a cura di Artsystem. Tutte le attività didattiche sono gratuite e possono essere prenotate chiamando il numero verde 800 662 477 (dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 17) o via e-mail: artsystem@artsystem.it.


 

Breve biografia – Pae White

Pae White (n. 1963) è un’artista americana attiva a Los Angeles, California. Lavorando con diversi mezzi espressivi si dedica a una tecnica che sposa scultura, installazioni e pittura così come architettura, arredamento e grafica. Le installazioni architettoniche su larga scala di Pae White spesso si integrano perfettamente con il luogo in cui vengono realizzate. La sua tecnica è caratterizzata da un uso non convenzionale di materiali come vetro, tessuto, carta, cavi e vinile e dal suo desiderio di creare opere che vanno oltre la gamma delle sue abilità personali invitando artigiani e produttori industriali a contribuire alla realizzazione dei suoi progetti.

Sfruttando le lacune percepite tra arte, artigianato e design, Pae White ha creato un corpus straordinariamente eterogeneo.
La recente personale e le commissioni pubbliche includono Comand-Shift-4, Henry Art Gallery, Seattle (2015), O R L L E G R O, MAK, Vienna (2013), Too much night, again, South London Gallery, Londra (2013), Magic Carpet Ride, Aeroporto di Berlino Brandenburg (2012), Woven Walk, Aeroporto di Los Angeles LAX (2012), Restless Rainbow, The Art Institute of Chicago (2011), Dying Oak/Elephant, Saint Louis Art Museum, Saint Louis (2010), Material Mutters, The Power Plant, Toronto (2010), MetaFoil, sipario per il nuovo teatro dell’opera di Oslo (2008), Lisa Bright and Dark, Scottsdale Museum of Contemporary Art, Scottsdale (2008) e In no particular order, Manchester Art Gallery, Manchester (2006).
Tra le mostre collettive: Le Souffleur, Ludwig Forum für Internationale Kunst, Aachen (2015), Artists and their time, Istanbul Modern, Istanbul (2015), Magnificent Obsessions; The Artist as Collector, Barbican Art Gallery, Londra (2015), Selections from the Grunwald Center and the Hammer Contemporary Art Collection, The Hammer Museum, Los Angeles (2013), Contemplating The Void, Guggenheim Museum, New York (2010), 75a Biennale di Whitney (2010), 53a Biennale di Venezia (2009) e run run, Collins Gallery durante L’Internazionale di Glasgow (2008). Pae White è rappresentata da greengrassi a Londra, kaufmann repetto a Milano e neugerriemschneider a Berlino.

 

Yesterday/Today/Tomorrow: Traceability is Credibility

Yesterday/Today/Tomorrow: Traceability is Credibility

 L’artista irlandese Bryan Mc Cormack racconta l’odissea dei rifugiati con un’installazione promossa dalla Fondazione Giorgio Cini Evento collaterale della 57. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia.


 Yesterday/Today/Tomorrow: Traceability is Credibility è il risultato di un lavoro concettuale sui fenomeni migratori degli ultimi anni dell’artista Bryan Mc Cormack. Cuore del progetto è la visualizzazione della crisi europea dei migranti e l’avvio di un programma di ricerca per la raccolta, conservazione e interpretazione di questi dati visivi. L’artista, trascorrendo più di un anno in decine di campi in tutta Europa, ha lavorato con centinaia di profughi di diverse nazionalità chiedendo loro di realizzare tre disegni distinti con delle penne colorate: uno della vita passata (Yesterday-Ieri), uno della vita presente (Today-Oggi) e uno di come si immaginano la vita futura (Tomorrow-Domani). I disegni così raccolti costituiscono dei “blocchi visivi” che formano il cuore dell’installazione.

Il 23 maggio 2017 avrà luogo, sull’Isola di San Giorgio Maggiore, una performance, curata dall’artista insieme al Prof. Henry Bell della Sheffield Hallam University. Gli studenti del Prof. Bell, attraverso le tecniche performative del Teatro d’Immagine di Augusto Boal, si muoveranno prendendo ispirazione dai disegni dei rifugiati. Inoltre, in occasione dell’Art Night di Venezia, sabato 17 giugno 2017, Bryan Mc Cormack terrà una conferenza all’Isola di San Giorgio.

Il progetto vuole dare una voce a questi rifugiati anche tramite i social media. Ogni giorno verranno caricate su Facebook, Instagram e Twitter tre immagini dei disegni realizzati dai rifugiati. In questo modo l’artista vuole sensibilizzare il mondo alla crisi dei migranti eliminando le barriere linguistiche e culturali.

Bryan Mc Cormack, nato a Dublino nel 1972, vive e lavora a Parigi. Ha realizzato principalmente opere ‘socialmente e politicamente impegnate’. Ha all’attivo più di trenta esposizioni in gallerie, musei e spazi istituzionali, come il Centre Pompidou e l’Unesco a Parigi, l’Empire Gallery a Londra e il Museo Chopin a Valldemossa. Una sua opera monumentale si trova nel parco di Saint-Cloud a Parigi.