Opere musicali, edizioni critiche – Pagina 3 – Fondazione Giorgio Cini

Antonio Vivaldi. Carae rosae, respirate. Mottetto per soprano, archi e basso continuo, RV 624

Carae rosae, respirate, RV 624 è il solo mottetto vivaldiano per soprano, archi e basso continuo conservato al di fuori dell’Italia. Ci è pervenuto attraverso due raccolte manoscritte, entrambe custodite a Londra: un set di parti staccate appartenente al Royal College of Music e una partitura conservata alla British Library. La struttura del mottetto è quella convenzionale: due arie, intercalate da un breve recitativo, e concluse con un brillante Alleluia. Lo stato incompleto delle fonti (la seconda delle quali fu evidentemente copiata dalla prima) è di un tipo piuttosto insolito. Nella sua forma attuale la partitura comprende una parte vocale, un basso strumentale e una parte di violino primo, tuttavia è evidente che in origine doveva esistere almeno una parte di mezzo (probabilmente due, in conformità con gli altri mottetti sopravvissuti di Vivaldi), poiché in tutte le circostanze, assai frequenti, in cui il basso è in pausa, la parte di primo violino continua come una linea «sopranina» piuttosto che come un basso armonico. Per la ricostruzione sono state aggiunte dal curatore delle parti di mezzo per un violino secondo e una viola, compito non particolarmente diffi cile, in quanto molti passaggi trovano delle precise corrispondenze in altre opere di Vivaldi.

Antonio Vivaldi. Vos invito, barbarae faces. Mottetto per soprano, archi e basso continuo, RV 811

Vos invito, barbarae faces, RV 811, per soprano, archi e basso continuo, è il primo mottetto di Vivaldi scoperto dopo Vos aurae per montes, RV 623, venuto alla luce negli anni Sessanta del secolo appena trascorso. Come quest’ultimo, RV 811 è conservato presso la biblioteca del Sacro Convento di S. Francesco ad Assisi, anche se, a differenza di quello, il manoscritto non reca il nome del compositore. La scoperta è avvenuta grazie a due ricercatori, Valerio Losito e Renato Criscuolo, che durante uno spoglio del fondo musicale di Assisi riconobbero immediatamente l’inconfondibile impronta stilistica vivaldiana del mottetto e lo segnalarono all’Istituto Italiano Antonio Vivaldi. L’origine della composizione è incerta, ma esiste una fondata possibilità che la sua destinazione primaria, analogamente a quella di RV 623, fosse la Basilica del Santo di Padova che, in quanto casa sorella dei Frati Minori, era solita scambiare o prestare la propria musica al Sacro Convento di S. Francesco. Vos invito, barbarae faces è chiaramente una  composizione giovanile (databile attorno al 1715, o anche prima) e presenta una struttura convenzionale modellata secondo la successione Aria–Recitativo–Aria–Alleluia. Si tratta di un’opera nel complesso dotata di un certo fascino, oltre che di una fortunata aggiunta al corpus delle opere vivaldiane giunte sino a noi.

Catalogo delle concordanze musicali vivaldiane

Catalogo delle concordanze musicali vivaldiane, ossia, inventario e visione sinottica di tutti i loci communes musicali dell’opera di Vivaldi: da interi brani fino a piccoli frammenti, temi, frasi e idee musicali che circolano all’interno del suo vasto opus e – talvolta – fuori da esso, in autori da cui Vivaldi attinse o che attinsero da Vivaldi. Le sue centinaia di rimandi e concordanze di vario grado disegnano una mappa del linguaggio vivaldiano, della sua evoluzione cronologica, delle sue scelte creative e stilistiche.

La grande mappa delle concordanze musicali vivaldiane apre lo sguardo su uno straordinario e complesso laboratorio d’idee, su un metodo di lavoro ingegnoso e rigoroso che, se inventariato e ordinato, offre nuove prospettive alla ricerca musicologica.

La principale finalità di questo lavoro consiste infatti nell’offrire uno strumento nuovo e utile per affrontare problemi di datazione e cronologia, di attribuzione ed identificazione, di studio dei periodi creativi e del metodo compositivo vivaldiano. Già numerosi sono i casi di nuove attribuzioni musicali – qui descritte nel dettaglio – ottenute grazie all’impiego di questo nuovo tipo di approccio.

Il volume è diviso in due parti: l’Introduzione, che esamina il metodo di lavoro vivaldiano e getta i fondamenti epistemologici del sistema delle concordanze musicali, e il Catalogo vero e proprio, in cui vengono inventariati, seguendo la numerazione Ryom, tutte le concordanze fino ad oggi rilevate all’interno del repertorio vivaldiano.

L’autore, che è anche il responsabile del Catalogo Ryom, ha aggiornato il suo saggio alle più recenti acquisizioni catalogiche.

Antonio Vivaldi La fida ninfa, RV 714

Vivaldi intonò il libretto de La fida ninfa, dramma per musica in tre atti di Scipione Maffei, in vista dell’inaugurazione del nuovo teatro dell’Accademia Filarmonica di Verona, che ebbe luogo il 6 gennaio 1732, nella stagione di carnevale, con una ricca scenografia di Francesco Bibbiena. L’edizione critica si basa sul manoscritto autografo della partitura, custodito presso la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino (Giordano 39 bis, cc. 154-298). Nell’Introduzione si fornisce una descrizione analitica della fonte principale utilizzata e quella sintetica delle più importanti fonti secondarie collazionate, fra cui una collezione di arie staccate realizzata a Venezia, attorno al 1732, da almeno sei diversi copisti con la supervisione dello stesso Vivaldi, attualmente custodita pressola Sächsische Landesbibliothek – Staats- und Universitätsbibliothek di Dresda (Handschrift Mus. 2389-J-1). L’edizione critica della partitura è integrata da una riproduzione in facsimile del libretto a stampa dell’opera, pubblicato a Verona nel 1732 da Jacopo Vallarsi.

Antonio Vivaldi. Sonata per violino e basso continuo, RV 810

La sonata per violino RV 810 è una delle più recenti scoperte vivaldiane. La sua storia è curiosa: venuta alla luce tra gli anonimi della Biblioteca di Dresda (SLUB), è stata attribuita a Vivaldi perché concordante con la sonata per flauto RV 806, del pari adespota, scoperta poco tempo prima a Berlino ed attribuita a Vivaldi sulla base di numerose concordanze musicali con lavori autentici. La storia di queste due fonti si arricchisce e complica con la scoperta di una sonata-plagio pubblicata verso il 1750 dal violinista veneziano Antonio Pizzolato, che utilizzava gran parte dei materiali della sonata vivaldiana. La presente, prima edizione di RV 810 descrive l’intricata storia di questi ritrovamenti e restituisce al pubblico il testo di una composizione fresca e brillante composta da Vivaldi verso la metà degli anni Dieci del Settecento.

Antonio Vivaldi. Sonate per violino e basso continuo, RV 815 e RV 816

Le sonate per violino RV 815 e RV 816 sono state solo recentemente rinvenute all’interno di un volume manoscritto compilato in Inghilterra verso il 1725, già appartenuto al collezionista Gerald Coke e oggi posseduto dal Foundling Museum di Londra. Anche se le sonate si presentano come musica per tastiera, la scrittura rigorosamente a due parti e alcuni elementi stilistici evidenziano la loro originaria destinazione violinistica. Si tratta di composizioni relativamente giovanili, probabilmente composte per un ignoto violinista dilettante. La sonata in Do maggiore (RV 815), in tre movimenti, presenta alcuni interessanti connotati strutturali, mentre quella in Re maggiore (RV 816), suddivisa in quattro movimenti, è caratterizzata soprattutto dal movimento d’apertura, concepito come una fantasia e composto interamente sopra un pedale di tonica.

Tota pulchra es (1961). Mottetto per soprano, tenore e organo

Prosegue, nel quadro della pluriennale collaborazione con la casa editrice Schott di Mainz, la pubblicazione degli inediti rotiani con particolare attenzione ai titoli relativi al repertorio vocale di ispirazione religiosa. Il mottetto Tota pulchra es è forse uno dei più frequentati nella storia della musica. Dal XV secolo ai giorni nostri, da Guillaume Dufay a James MacMillan, passando da Anton Bruckner per riassumere in tre nomi il fascino e la potenza di ispirazione che questo testo ha esercitato e continua ad esercitare sui compositori. Rota lo declina in linee melodiche semplici che celano una sapienza non comune nel trattare le due voci (maschile e femminile).

Il Tito. Libretto di Nicolò Beregan, musica di Antonio Cesti

Rappresentato la prima volta durante la stagione del carnevale 1666, presso il teatro veneziano di Santi Giovanni e Paolo, Il Tito di Nicolò Beregan e Antonio Cesti è un’opera spesso citata nella letteratura musicologica degli ultimi quarant’anni, poiché il materiale archivistico a noi pervenuto, oltre a documentare con insolita precisione la genesi della partitura, ha messo in luce molti dettagli di fondamentale importanza per la ricostruzione del sistema produttivo del teatro impresariale nella Venezia del secondo Seicento.
Nonostante l’indubbio rilievo rivestito dal lavoro, frutto della collaborazione tra un librettista ampiamente apprezzato, sebbene non troppo prolifico, e uno dei compositori più in auge dell’epoca, manca a tutt’oggi uno studio approfondito sulle sue fonti letterarie e musicali. È tale lacuna che si prefigge di colmare il nuovo volume della collana «Drammaturgia musicale veneta», dove il facsimile della più antica tra le partiture manoscritte del Tito, conservata presso la Biblioteca Nazionale Marciana, è affiancato da una puntuale edizione critica del libretto e dall’esame comparativo delle altre due fonti musicali a noi pervenute, in modo da ricomporre un quadro il più possibile esaustivo della versione rappresentata a Venezia nel carnevale 1666, di cui nessuna delle partiture esistenti riporta una testimonianza completa.

Unum panem

Mysterium, cantata sacra in VII parti per quattro voci soliste coro e orchestra, fu composta da Nino Rota nel 1962. Si tratta di uno dei brani più imponenti dell’intero catalogo, sia per le masse artistiche necessarie alla sua esecuzione che per la durata di quasi 70’. Nonostante l’ottima ricezione avuta dalla critica e dal pubblico, l’oggettiva difficoltà posta dall’allestimento ne ha ridotto di molto le possibilità di accesso alle sale da concerto. Questa doppia pubblicazione consente l’esecuzione di uno dei momenti più alti dell’intera composizione, il coro Unum panem che chiude la prima delle VII parti, con il solo accompagnamento dell’organo. La prima versione prevede l’organico vocale completo con l’utilizzo delle voci bianche e le quattro parti canoniche del coro, la seconda invece è per sole voci maschili così come era stato richiesto dal Seminario La Quercia di Viterbo che la commissionò. Entrambe le versioni sono di pugno del Maestro.

Custodi nos Domine

L’inno sacro Custodi nos Domine fa parte di quell’ampia sezione – 24 numeri – del catalogo corale del Maestro che, accanto ad opere di grande dimensioni sia dal punto di vista delle masse impiegate che dell’impegno richiesto agli artisti, allinea brani come questo di facile approccio, costruiti per essere eseguiti anche da piccoli gruppi amatoriali come sono in genere i cori delle chiese. Costruito su una struttura circolare, il brano si dipana con passo svelto e sicuro sui due temi melodici che ne costituiscono l’ossatura, opportunamente variati nella tonalità. Con questo titolo viene compiuto un altro passo verso la pubblicazione dell’opera completa del Maestro che vede impegnati su questo fronte ormai da 15 anni la Fondazione G. Cini e la casa editrice Schott Music.