Saggi Archives - Pagina 75 di 76 - Fondazione Giorgio Cini

Las Atmòsferas de la Polìtica

Nel 2004 la Fondazione Giorgio Cini ha promosso una nuova iniziativa culturale, chiamata “I Dialoghi di San Giorgio”, nata allo scopo di favorire il dialogo e il confronto tra esperti di diverse discipline e appartenenti a diverse tradizioni culturali su questioni fondamentali della società contemporanea. La prima edizione dei “Dialoghi” vide un ristretto gruppo di filosofi, storici, antropologi, letterati di fama internazionale riflettere e discutere su Le atmosfere della libertà. Per una ecologia del buongoverno.
La scelta del tema nasceva dalla convinzione che da tempo politici, filosofi e scienziati sociali discutono le condizioni necessarie per il funzionamento della democrazia, rivolgendo tuttavia prevalentemente la loro attenzione alle leggi, alle costituzioni, ai meccanismi elettorali, in una parola alle “procedure”. Minore interesse è stato dimostrato per l’analisi dell’ecosistema che rende vivibili le forme istituzionali della democrazia, per l’atmosfera così efficacemente rappresentata nell’affresco che Lorenzetti dipinse per il Palazzo Pubblico di Siena, in cui il buono o il cattivo governo influenza, e allo stesso tempo è influenzato, da ogni elemento del paesaggio sociale: dall’economia domestica all’agricoltura, dal commercio alle forme di vita sociale. Proprio da questo incontro è tratto il volume Les atmosphères de la politique. Dialogue pour un monde commun, a cura di Pasquale Gagliardi e Bruno Latour. Il libro, inizialmente destinato al vasto mercato editoriale di lingua francese, è stato ora edito in lingua spagnola con il titolo Las Atmòsferas de la Politica. Diàlogo sobre la democrazia nella collana “Pensar Nuestro Tempo”, UCM Editorial Complutense. Il volume non contiene semplicemente gli “atti” di quel seminario, ma ne utilizza creativamente i materiali, presentandoli in una forma che “drammatizza” il confronto intellettuale.

La scena si svolge a Venezia. Il genere è quello della conversazione
tanto caro all’editoria nel secolo dei Lumi. Chi sono i personaggi?
Un’assemblea di delegati – filosofi, storici, antropologi e artisti –
ciascuno un portavoce autorevole che nessuna istanza superire ha
mandato a negoziare con gli altri. Qual è il tema? Un sentimento
condiviso di crisi acuta: la vita politica è diventata difficile, non
c’è più un mondo comune. Qual è la trama? I partecipanti non perseguono
un accordo facile e rapido. Discutono ciascuna definizione: come
parlarsi? Come rendere un po’ più respirabile l’atmosfera del
buongovero? Più in alto, dalla cupola luccicante, San Giorgio, lancia
in resta: “Allora, è la guerra?”, a meno che… Tre giorni, hanno tre
giorni per decidere. Il braccio di San Giorgio è sollevato.

Indice

Pròlogo

Personajes

La tarde anterior al primer dìa

El primer dìa
La primera sesiòn
La segunda sesiòn
La tercera sesiòn

El segundo dìa
La primera sesiòn
La segunda sesiòn
La tercera sesiòn

El tercer dìa
La primera sesiòn
La segunda sesiòn
La tercera sesiòn
Ultima sesiòn

Epìlogo

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Il primo libro di madrigali a cinque voci

INDICE

Prefazione
Preface

La trascrizione
Editorial Principless

Il Primo libro di madrigali a cinque voci

1. La virtù, la bontà, l’ardente zelo
2. Perché di fiamm’ancor celest’e pura
[2p.] Siegui pur l’alta impresa, o spirito divo
3. Due rose fresche e colte in paradiso
[2p.] «Non vede un simil par d’amanti il sole»
4. Giovane bella, cui col suo candore
[2p.] Perché non vide mai quel dolce riso
5. Quando lieta ver’ noi sorge l’aurora
[2p.] Me sol, lasso, addolora
6. Da poi che su’l fiorire
7. O beltà rara, o santi modi adorni
8. Donna, per acquetar vostro desire
9. Aminta mio gentil, che sì cortese
10. Vago uccelletto che cantando vai
[2p.] I’ non so se le parti sarian pari
11. Ecco l’aurora con l’aurata fronte
12. Ahimè, tal fu d’amore e l’esca e l’amo
13. Passato è ‘l tempo omai, lasso, che tanto
[2p.] Ella ‘l se ne portò sotterra e ‘n cielo
14. Ite, caldi sospiri, al freddo core
[2p.] Dir si può ben per voi, non forse a pieno
15. Quand’io v’odo parlar sì dolcemente
[2p.] Le chiome a l’aura sparse e lei conversa
16. Quando penso a quel loco
17. «Per monti e poggi, per campagne e piagge»
[2p.] «Chi sei tu, che procacci alla tua gregge»
[3p.] «Dolce mia pastorella, in questi boschi»
[5p.] «Amorosette e ben fiorite rive»
[6p.] «Quando sarà giamai che i nostri fiumi»
[7p.] «Vengo, caro pastor, a quei bei colli»
18. Chiedend’un bascio alla mia cara Aminta
[2p.] Così restai senz’alma e or sorpreso

Note critiche
Critical Commentary

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“Vaghe stelle dell’orsa…”

La serie dei volumi sui grandi generi della letteratura italiana si conclude con questo, dedicato alla lirica; ultimo, ma idealmente primo, perchè la lirica è davvero il genere principe della nostra tradizione: in primo luogo cronologicamente, perchè lirici sono i testi letterari più antichi (fino a importanti scoperte che negli ultimi anni hanno movimentato un campo nel quale sembrava che non ci fosse altro da raccogliere); poi per l’altezza cui ben presto giunse il genere, quando Petrarca lo riavviò su basi nuove, proseguendo e insieme superando il grande inizio dei trovatori provenzali; in terzo luogo, per la sua durata: solo nella letteratura italiana è possibile che un autore dell’Ottocento ripeta molte parole di un lirico di cinque secoli prima, appunto il Petrarca; per non dire della presenza di Dante nel Novecento lirico, per esempio in Montale. E’ una condizione unica nel quadro delle altre letterature europee, romanze e germaniche, nelle quali di una tradizione attiva fino ai tempi moderni – o fino alla soglia dei tempi (post?) moderni – non si può parlare prima del XVI o piuttosto del XVII secolo. Una simile situazione, così intrinsecamente connessa alla nobile dignità intellettuale dell’italiano, dipende dalle vicende della lingua e della cultura, dall’essere stato il Petrarca promosso a modello durante il Rinascimento, con effetti durevoli anche su autori che, come Leopardi, non possono certo dirsi petrarchisti. In tal modo la lirica italiana ha dato vita a un discorso eletto, aristocratico; ma di un’aristocrazia formata, come dicevano i poeti del Dolce stil nuovo, da chi è gentile di cuore, da chi è capace di intelligenza e di affetti.

INDICE

Premessa
di Francesco Bruni

“Vaghe stelle dell’orsa…”

La più antica testimonianza di poesia lirica italiana
di Alfredo Stussi

Allocuzione e apostrofe nella poesia delle origini
di Giorgio Colussi

Avere e non avere: dai trovatori a Petrarca
di Roberto Antonelli

Lingua e testi della scuola poetica siciliana
di Rosario Coluccia

“Oltre la spera che più larga gira”: esempi di realismo rapsodico nella Vita nuova
di Marco Santagata

Battaglia di pensieri e nuovi amori nel dopo-Berenice: “Voi che ‘ntendendo” tra Vita nuova e Convivio
di Aldo M. Costantini

Petrarca e l’invenzione del “Canzoniere”
di Stefano Carrai

Petrarca, la lirica, la musica
di Guido Capovilla

Boiardo innamorato, o il “vivere forte” di un amante
di Tiziano Zanato

Fra petrarchismo e Barocco. Le Rime di Torquato Tasso
di Arnaldo Di Benedetto

Le seduzioni barocche della “Sirena marina”
di Andrea Battistini

Dare del tu all’universo
di Manlio Pastore Stocchi

Il canto della donna al telaio e il dialogo con l’assente: A Silvia di Leopardi
di Francesco Bruni

L’interlocutore ideale. Fine dell’errore di Niccolò Tommaseo
di Fabio Danelon

La Creazzione der Monno e i primi sonetti biblici di Belli
di Pietro Gibellini

Montale tra Leopardi e Schopenhauer. Lettura di Spesso il male di vivere ho incontrato…
di Luigi Blasucci

Il dialogo con le ombre. Note sulla poesia di Giorgio Caproni
di Silvana Tamiozzo Goldmann

La linea metafisica nella poesia italiana del Novecento: esiti di fine Millennio
di Maria Antonietta Grignani

Appendice

Scrittori contemporanei. Incontro con Patrizia Valduga
a cura di Silvana Tamiozzo Goldmann

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Oltre San Marco

Il presente lavoro sulla vita musicale nelle chiese veneziane è il primo risultato di uno studio tuttora in corso sulle modalità della produzione, della circolazione e del consumo della musica sacra da chiesa a Venezia e nel Veneto fino al primo Seicento. Muovendo dall’indagine sulle istituzioni potenzialmente promotrici di esecuzioni musicali e sui sistemi di finanziamento da esse adottati, si intende giungere ad affrontare alcune delle problematiche inerenti il repertorio musicale: i suoi canali di diffusione, le sue destinazioni e i suoi utilizzi nonché la stessa realizzazione sonora del testo musicale negli ambienti considerati. Per l’attuazione di un simile progetto è stato necessario sperimentare un metodo di ricerca che si discosta per molti aspetti da quello comunemente adottato negli ‘studi documentari’ sulla storia della musica: si è scelto infatti di non porre limitazioni precise riguardo all’ambito cronologico né circoscrivere l’indagine ad un numero predefinito di istituzioni, ma di avviare invece una ricerca ‘trasversale’ e comparativa per determinare quale fosse il contributo fornito dal complesso delle istituzioni alla vita musicale cittadina.

INDICE

Elenco delle abbreviazioni

Prefazione

I. Le Istituzioni Ecclesiastiche a Venezia nel Cinquecento

Una mappa
Venezia, la Chiesa e le chiese veneziane

II. Le Decime Ecclesiastiche

La storia di una tassa
I fascicoli cinquecenteschi di «condizioni»

III. La musica nelle chiese veneziane secondo i fascicoli di “condizioni”:un quadro di riferimento

Gli organisti
Altri salariati
Interventi occasionali di musicisti
Un quadro di riferimento

IV. Il Finanziamento della musica nelle chiese veneziane

Chiese parrochiali
Monasteri
La cappella musicale del convento dei Santi
Giovanni e Paolo: un caso esemplare?
La cappella musicale del convento di Santo Stefano
Le feste principali dell’anno liturgico e il periodo quaresimale
Le «compiete musicali»
Le messe novelle e la «sagra» delle novizie

V.Le scuole piccole

Una presenza significativa
Struttura e organizzazione
Il finanziamento delle cerimonie solenni e la gestione dei fondi comuni
Istituzioni a confronto: le scuole grandi

VI. Feste, musica e musicisti : continuità nella tradizione

Il ruolo della musica nello svolgimento della festa
L’utilizzo degli strumenti nelle musiche delle celebrazioni solenni: una tradizione antica
Il ruolo dei cantori
Il ruolo degli strumenti: alcuni indizi
La musica nella legislazione ecclesiastica locale
Compagnie di cantori e compagnie di strumentisti

Conclusioni

Appendice

Bibliografia citata

Indice dei nomi e delle cose notevoli

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Vivaldi’s Music for Flute and Recorder

Esce in lingua inglese, come edizione accresciuta del saggio La musica per flauto di Antonio Vivaldi («Quaderni vivaldiani», 11, 2001), l’approfondita analisi che Sardelli dedica alla musica per flauto del Prete Rosso. Il favore con cui fu accolta l’edizione italiana e la sua grande circolazione hanno reso necessaria una nuova edizione in lingua inglese, arricchita di molte novità ed aggiornata fino all’ultimo ritrovamento vivaldiano, la sonata per flauto RV 806. Un ulteriore valore aggiunto di questa edizione è dato dalla traduzione di Michael Talbot, che oltre a volgere in elegante inglese la prosa originale, collabora con l’autore con scambi e suggerimenti che contribuiscono ad arricchire l’opera. Il saggio di Sardelli, oltre a dimostrare il ruolo centrale ricoperto da Vivaldi nella storia e nel repertorio del flauto, fa luce sulla datazione e la destinazione di diverse opere, chiarendo alcune zone oscure dello strumentario. Alla luce di questo studio, ben otto lavori finora attribuiti a Vivaldi si dimostrano non autentici, mentre altre opere di recentissima scoperta vengono presentate al pubblico per la prima volta.

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La musica degli occhi

Il volume comprende tutti i testi scritti in lingua francese da Pietro Gonzaga, importante scenografo veneto del Settecento, qui pubblicati in traduzione italiana. Pietro Gonzaga nacque a Longarone nel 1751 e, dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti di Venezia, si trasferì a Milano. Lavorò al Teatro alla Scala, dapprima come assistente dei fratelli Galliari, poi come scenografo principale. Nel 1792, dopo aver partecipato allo spettacolo di apertura del Teatro La Fenice di Venezia, si trasferì in Russia, a San Pietroburgo, con l’incarico di scenografo capo dei teatri imperiali. Qui, nei primi anni dell’Ottocento produsse i suoi scritti: alcuni autobiografici, altri relativi al teatro, alla scenografia e all’architettura teatrale. Morì in Russia nel 1831, dopo essere stato nominato anche architetto di corte.

INDICE

Maria Ida Biggi
Introduzione

La musica degli occhi e l’ottica teatrale (1800-1807)

Informazioni al mio capo o Chiarimenti dello scenografo Pietro Gottardo sull’esercizio della sua professione (1807)

Del sentimento, del gusto e della bellezza (1811)

Opinioni dello scenografo Gonzaga sull’economia dello spettacolo (1815)

Osservazioni sulla costruzione dei teatri da parte di uno scenografo (1817)

Bibliografia

Indice dei nomi

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Esumazione di un requiem

Il monumentale Requiem che Bruno Maderna compose nel 1946, a lungo considerato perduto, è l’oggetto di un’ “esumazione” musicologica che propone la riproduzione facsimilare del manoscritto della partitura ritrovata nel settembre 2006 presso una biblioteca degli Stati Uniti. Il facsimile è introdotto da un testo di Veniero Rizzardi, che racconta come il manoscritto sia stato perduto e ritrovato; il testo ripropone, inoltre, una ricostruzione della genesi della composizione, condotta prevalentemente su fonti epistolari. Bruno Maderna (1920-1973) scrisse il Requiem nell’immediato dopoguerra, quando era già considerato un esponente di punta di quella ‘giovane scuola italiana’ che aveva trovato in Gian Francesco Malipiero un importante punto di riferimento. Fu proprio Malipiero a introdurre il giovane Maderna al compositore e critico Virgil Thomson in visita a Venezia. Thomson, assai colpito dalla partitura del giovane veneziano, gli dedicò un lusinghiero articolo sull’International Herald Tribune e iniziò ad adoperarsi per fare eseguire l’opera negli Stati Uniti. Maderna preparò una copia del manoscritto per Thompson ma, resosi conto che i tentativi di fare eseguire il Requiem oltreoceano non andavano a buon fine, non si curò di recuperarlo. Scritto per un imponente organico, comprendente quattro solisti, doppio coro e una grande orchestra, il Requiem di Maderna può considerarsi non soltanto un importante contributo alla biografia artistica del suo autore, ma soprattutto un’addizione postuma di grande significato al repertorio sinfonico-corale del Novecento.

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I mestieri di Pantalone

La monografia I mestieri di Pantalone. La fortuna della maschera tra Venezia e la Russia di Maria Pia Pagani si lega al terzo centenario della nascita di Carlo Goldoni.
Un itinerario importante, nei secolari viaggi teatrali di Pantalone, è quello che dalla Serenissima lo ha portato nella lontana terra degli zar, regalandogli un grande successo.
Il suo ritratto, costruito a partire dai principali studi novecenteschi russi sulla Commedia dell’Arte, lo presenta come padre ma anche come uomo impegnato in diversi mestieri di rilevanza sociale: il mercante, l’attore professionista, il medico (nel legamecon San Pantaleone Martire, il cui culto dall’Oriente Cristiano si diffuse nel mondo bizantino, a Venezia e in Russia). Di Pantalone è rimasta traccia durevole nella memoria dei russi grazie al canto epico sul mercante veneziano che va a Kiev per affari e, dopo molte traversie, riesce a sposare la nipote del gran principe Vladimir. Ad esso si affiancano importanti fonti teatrali quali la raccolta Peretc e la raccolta Tichanov, soprattutto con l’intermezzo La finta tedesca e con l’Intermedio n°7, di cui si presenta la prima traduzione italiana. In conclusione, un ricordo del prof. Erik Amfitheatrof: i suoi nonni Aleksandr e Illarija, intellettuali russi emigrati in Occidente agli inizi del XX secolo, contribuirono significativamente a consolidare la notevole fortuna, tra Venezia e la Russia, di Goldoni e della maschera forse a lui più cara: Pantalone.

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«Viridarium» 4

Il volume, curato da Francesco Zambon, riunisce una serie di studi sul ruolo e sull’importanza che l’esistenza di piccoli gruppi o cerchie hanno avuto nell’attività letteraria, artistica, filosofica o religiosa di singoli individui, e fra questi anche di personaggi di grande statura intellettuale. Il volume prende in considerazione temi e fenomeni che riguardano sia le culture occidentali sia quelle orientali, lungo un ampio arco di tempo che va dall’antichità al Novecento.

INDICE

Francesco Zambon,
Premessa

Fabio Mora
Spontaneismo religioso

Ezio Albrile
Il cenacolo alchemico

Carlo Saccone
Il “re dei belli” (shah-e khuban) nella lirica persiana classica e i suoi mendichi “fedeli d’amore”

Saverio Guida
Giullari a Tolosa agli inizi del ‘200

Mira Mocan
L’Arca della Mente. L'”edificazione della Sapienza” nella Scuola di San Vittore

Corrado Bologna
L’Arca della Mente. Iniziazioni spirituali nel “Teatro della Sapienza” di Giulio Camillo

Alessandro Grossato
Le metamorfosi di Laura e Francesco ad Arquà e la cerchia ermetica patavina dei Valdezocco

Linda Bisello
«Di minute scintille un grande fuoco». Parabola storica e testuale dell’Accademia degli Occulti (Brescia 1564-83; denuo flor. 1622-30)

Hans Thomas Hakl
«L’effetto, pur non esteso, è stato profondo come quello di una sonda». Breve storia della rivista “Antaios”, curata da Mircea Eliade ed Ernst Jünger (1959-1971)

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Il culto dei santi e le feste popolari nella Terraferma veneta

Per poter procedere a una drastica limitazione dell’eccessivo numero di feste che costellavano il variegato calendario popolare e contadino onde ridurre il calo produttivo causato dalla sospensione dei lavori e dalle pratiche del malcostume connesse alle celebrazioni sfrenate e ai divertimenti, e in questo modo contrastare la concorrenza delle potenze vicine nelle attività agricole e commerciali, nel 1772 il Senato della Serenissima avvia un’inchiesta per sapere quali fossero le feste religiose celebrate in ogni parrocchia della Terraferma veneta oltre a quelle di precetto imposte dal calendario ufficiale della Chiesa. Le puntuali risposte fornite dai parroci ci permettono di conoscere il vasto florilegio del culto popolare dei santi, dai più vicini all’ortodossia ecclesiastica, come gli onnipresenti san Rocco e sant’Antonio Abate, san Sebastiano e san Marco, fino a quelli creati dall’immaginazione popolare, come il mitico san Defendente.
Ma le relazioni scritte inviate al Senato, conservate nella Biblioteca Marciana e ora per la prima volta trascritte e pubblicate da Simonetta Marin, danno conto anche della tipologia delle feste, votive e di devozione, delle loro origini note o supposte, e dei riti che le caratterizzavano, processioni, veglie, culto delle reliquie, preghiere, nonché degli eccessi superstiziosi e dei disordini sociali e morali che talvolta le accompagnavano. Ne esce un quadro vivido della religiosità popolare, delle consuetudini rurali e del folklore in tutto il Veneto, il Friuli e fino a Brescia e a Bergamo, mentre, come spiega l’illuminante saggio critico di Claudio Povolo premesso alla raccolta dei documenti, questi ultimi offrono materiali interessanti per considerazioni di più ampio interesse che riguardano anche l’antropologia culturale e perfino gli aspetti della giustizia penale collegata ai problemi morali. Nella prefazione di Antonio Niero, invece, è delineata la storia dei tentativi di riforma del culto dei santi e della riduzione delle feste religiose compiuti, con scarsi esiti, dai papi postridentini.

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