Saggi Archives - Pagina 8 di 76 - Fondazione Giorgio Cini

Il gondoliere

Messo a fuoco, in quest’ultimo titolo della collana, il protagonista nella e della gondola costruita lungo i secoli dagli squeraroi, col concorso aggiuntivo dei remieri.

Tripartita, lungo il tempo, la relativa tipologia nel gondoliere da nòlo, da paràda, da casada, la figura di questo – sagomata con interviste sul campo – è colta nella sua attuale presenza, con attenzione all’organizzazione e regolamentazione del lavoro e, pure, al lessico.

Domenico Pellegrini 1759 – 1840. Un pittore veneto nelle capitali d’Europa

Venezia, Roma, Napoli, Londra, Parigi, quindi Lisbona: solo elencare le città dove ha lavorato ci dà la misura europea di Domenico Pellegrini.

E’ questa la prima monografia che gli viene dedicata. Nel confronto con quanto si sapeva in precedenza, risalta la quantità di nuove acquisizioni al catalogo, di notizie storiche, d’intrecci che coinvolgono artisti, mercanti, personaggi più o meno illustri, in circostanze storiche spesso avventurose – Pellegrini venne persino deportato nelle Azzorre – di un’epoca che ha visto sconvolgimenti che hanno trasformato l’assetto europeo come in poche altre circostanze.

L’Italia con i suoi stati dell’antico regime – la Repubblica di Venezia, lo Stato della Chiesa, il Regno di Napoli -, l’Inghilterra, il Portogallo, la Francia: Pellegrini attraversa l’Europa imponendosi da protagonista nel campo della ritrattistica.

E’ qui pubblicato pure un carteggio di imprevista importanza. A leggerlo, si rimane sorpresi di quante relazioni è intessuta la biografia del pittore, specie nell’età matura; quando, deposti i pennelli grazie al raggiunto benessere economico, si dà alla bella vita, fra Londra e Parigi, Marsiglia, Firenze, Venezia e Roma. Basti citare un nome, quello della cantante Giuditta Pasta, amica fra le più care.

Intenso anche il rapporto con Antonio Canova, al quale scrive nel 1813, da Londra, con l’abituale humour: “Ho desiderato le ricchezze, queste mi hanno reso malinconico, ora sono più allegro, e uno di questi giorni dò fuoco a tutto e tornerò felice del tutto. Vedo che non vi è altro che i colori e la tavolozza che mi fa la mia felicità. O quanto sarò felice di rincontrarmi con tanti amici li quali saranno alquanto grinzosi e mi pare di vedere che si rideranno della mia bellezza mezza portoghese, mezza inglese e un poco di francese”.

Gli incisori veneti del Settecento, Venezia 1941 (ristampa anastatica con il catalogo illustrato di tutte le opere)

Il volume ripresenta, in edizione anastatica, il catalogo della mostra Gli incisori veneti del Settecento, organizzata da Rodolfo Pallucchini a Venezia, al teatro del “Ridotto” nel 1941. Solo 94 erano tuttavia le illustrazioni, a fronte di 613 opere esposte. Al fine di poter offrire uno strumento di lavoro adeguato sia per gli studiosi sia per i collezionisti dell’incisione veneta del Settecento, si è deciso di riprodurre qui integralmente tutte le incisioni presentate a quella mostra memorabile, incentrata su un aspetto eccezionale di creatività in ambito europeo, indagato da Pallucchini con l’abituale intelligenza critica in questo studio pionieristico.

La basilica dei Santi Giovanni e Paolo. Pantheon della Serenissima

Con La basilica dei Santi Giovanni e Paolo. Pantheon della Serenissima, si inaugura la collana «Chiese veneziane» edita da Marcianum Press in collaborazione con l’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini. La collana nasce con lo scopo di documentare, secondo i più attuali e rigorosi criteri di studio, i grandi edifici religiosi di Venezia, luoghi cardine della storia artistica, culturale e civile della Serenissima e custodi di un immenso patrimonio artistico, solo parzialmente conosciuto e studiato. Scopo ulteriore è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla tutela e la fruizione di simili spazi del tutto unici al mondo e fulcro del nostro patrimonio nazionale.

Questo primo volume è dedicato all’importantissima basilica domenicana dei Santi Giovanni e Paolo, seconda solo a San Marco per imponenza e ruolo nella vita di Venezia. Custode delle spoglie di venticinque dei centoventicinque dogi della Repubblica, conservate e celebrate in monumenti e mausolei la cui magnificenza artistica rende la basilica uno dei luoghi fondamentali per lo studio della storia dell’arte veneziana ed europea lungo un arco di sette secoli. Nell’ambito della scultura vi troviamo infatti opere importantissime, fra gli altri di Nino Pisano, Pietro e Tullio Lombardo, Alessandro Vittoria, Giuseppe Maria Mazza, Gianmaria Morlaiter, Giovanni Bonazza; nell’ambito della pittura figurano capolavori di Giovanni Bellini, Lorenzo Lotto, Cima da Conegliano, Paolo Veronese, Giambattista Piazzetta. Un tesoro immenso, dal significato cruciale per Venezia.
Il libro nasce a distanza di cinquant’anni dall’unica monografia esistente, ed è curato da Giuseppe Pavanello, che ha coordinato un gruppo di specialisti italiani e stranieri, per realizzare una schedatura completa e aggiornata di tutte le opere d’arte presenti nella basilica. Il lavoro è corredato da una nuova campagna fotografica integrale condotta da Matteo De Fina, che ha richiesto oltre un anno di lavoro e l’impiego di sofisticati strumenti fotografici.
In questo senso, una peculiarità del libro è la sua duplice e complementare funzione di libro scientifico di studio e, al tempo stesso, di grande volume fotografico d’arte. Una doppia anima per un solo scopo: coinvolgere il più ampio pubblico possibile, non solo quello specialistico.

Da Giorgione a Canova

Dopo il volume dedicato a Giambattista e  Giandomenico Tiepolo (edito nel 2008), vengono qui pubblicati gli altri scritti di Adriano Mariuz, che pure rivelano la straordinaria qualità delle sue intuizioni critiche. Nessun aspetto viene trascurato nella lettura dell’opera d’arte, considerata sempre nella sua complessità, con stile accattivante, mai accademico: esemplari, per varietà di approcci, i saggi sugli affreschi di Giorgione e sul paesaggio del Cinquecento. Fulcro del volume è il Settecento veneziano ed europeo, analizzato in alcuni dei suoi aspetti più originali, mentre, fra le personalità artistiche, particolare attenzione è riservata a Giambattista Piazzetta, l’anti-Tiepolo.

Giambattista Crosato. Pittore del Rococò europeo

Giambattista Crosato (1697-1758) è stato pittore, frescante e scenografo operoso tra la Serenissima e il Piemonte sabaudo, attivo in alcuni dei luoghi simbolo della civiltà settecentesca europea: dalla Palazzina di caccia di Stupinigi, al salone di Ca’ Rezzonico, alle ville venete. Autore di pannelli per boiseries come di grandi cicli ad affresco, Crosato è stato, fra i grandi veneziani di quel tempo, colui che meglio ha saputo interpretare in chiave personale lo stile del rococò internazionale, dialogando parimenti con la cultura piemontese negli anni di Beaumont e Giaquinto e proponendo una pittura “risoluta e bizzarra” – per riprendere le parole dei suoi contemporanei –, fra le poche a offrirsi quale alternativa alla grande maniera del genio del secolo, Giambattista Tiepolo.

Il volume rappresenta la prima monografia con il catalogo ragionato dei dipinti.

Sebastiano Ricci 1659-1734. Atti del Convegno Internazionale di Studi (14-15 dicembre 2009, Venezia, Fondazione Giorgio Cini)

Sono qui pubblicate le comunicazioni presentate al Convegno su Sebastiano Ricci tenutosi allaFondazione Giorgio Cinidi Venezia il 14-15 dicembre 2009. Dagli interventi, la figura di Sebastiano Ricci si conferma come una delle maggiori personalità artistiche a livello europeo tra Sei e Settecento. Assimilando le più importanti esperienze precedenti, dapprima nel suo continuo vagare da Venezia attraverso l’Italia – tra Bologna e Parma, Torino, Milano e Roma e infine Firenze – poi richiesto ovunque in Europa, da sovrani e intendenti d’arte – a Vienna, Parigi e Londra – l’artista riuscì a creare una pittura che per leggerezza, fantasia, libertà coloristica ha pochi eguali, pervasa di una grazia ormai rococò, in anticipo addirittura sulle invenzioni di Antoine Watteau.

Sfogliare il volume significa imbattersi in novità molteplici, dalle precisazioni d’archivio, agli inediti, come l’eccezionale Marte curato da Peone, a riflessioni iconografiche, a incursioni a Napoli, in Lombardia, a Vienna, in area germanica, a Londra fino alla Russia.

Lettere artistiche del Settecento veneziano 3. L’epistolario Giovanni Antonio Armano – Giovanni Maria Sasso

Oltre quattrocento sono le ‘lettere pittoriche’ scritte da Giovanni Antonio Armano all’amico e collega in affari Giovanni Maria Sasso, in un arco temporale che va dal 1776 al 1802. Pittore, restauratore, collezionista e soprattutto mercante, Armano – veneziano d’origine ma bolognese d’adozione – giocò un ruolo tutt’altro che secondario nella geografi a del mercato d’arte italiano fra Sette e Ottocento. Tenne infatti rapporti strettissimi con collezionisti e mercanti italiani ed europei, comprando e vendendo dipinti, ma soprattutto disegni e stampe. Fu proprio la passione per le arti grafiche a procurargli il miglior credito fra i collezionisti e i conoscitori del tempo, specialmente inglesi, cui vendette diverse opere.

Il suo nome era ben noto anche ad eruditi del calibro di Luigi Lanzi e Giuseppe Pelli Bencivenni, grazie all’aiuto dei quali riuscì a procurare alcuni dipinti per la Galleria degli Uffizi. I suoi traffici commerciali, pur fra crescenti rivalità, si svolgevano a Roma, grazie alla protezione del principe Sigismondo Chigi, ma anche a Firenze e soprattutto a Bologna e a Venezia, ove fu tra i protagonisti nell’acquisto dei più bei disegni di Parmigianino della collezione Zanetti, di cui tentò anche, ma senza esito, una preziosa edizione a stampa a fini propagandistici e commerciali. Fondamentale, nel suo percorso professionale, resta inoltre la creazione della più ricca raccolta di stampe di Marcantonio Raimondi mai realizzata, documentata sinora soltanto da un catalogo a stampa descrittivo: le ricerche e le indagini hanno portato a identificarne un cospicuo nucleo nelle raccolte della Kunsthalle di Amburgo.

L’epistolario Helmut Lachenmann – Luigi Nono (1957-1990)

In «Alla ricerca di luce e chiarezza». L’epistolario Helmut Lachenmann – Luigi Nono (1957-1990), a cura di Angela Ida De Benedictis e Ulrich Mosch, sono raccolti più di centoventi documenti – tra lettere, cartoline, telegrammi ecc. – scambiati in circa trent’anni tra due delle più grandi personalità della musica contemporanea. Il volume, che viene ad arricchire la collana degli Studi dell’Archivio Luigi Nono, disegna l’arco evolutivo di un rapporto artistico e umano di insolita intensità e importanza, instauratosi dapprima in una dialettica maestro-allievo e sviluppatosi nel tempo fino a superare disaccordi, lunghi silenzi e momentanee incomprensioni. Dalle iniziali discussioni sulla tecnica compositiva e le poetiche musicali degli anni Cinquanta-Sessanta, agli scambi di rara forza emotiva degli ultimi anni Ottanta, si palesa nel corso del carteggio una identica passione nei confronti del “fare” e del “vivere” la musica, di un impegno vissuto da entrambi profondamente sebbene con esiti ed emozioni talora divergenti.

Questa eccezionale esperienza epistolare, pubblicata in lingua originale, è ricostruita dai curatori integralmente ed è corredata da tre ulteriori Appendici. Nell’ordine esse compendiano alcune lettere scritte da Lachenmann a Nono che, per diversi motivi, non furono mai spedite; diciannove lettere scritte dai due corrispondenti ad altre personalità musicali del secondo Novecento; e, infine, una raccolta di sette testi, perlopiù inediti, scritti da Lachenmann su Nono in varie occasioni tra il 1957 e il 1974. L’intero epistolario e i documenti di corredo sono stati raccolti sulla scorta di ricerche d’archivio condotte pressola Fondazione LuigiNono di Venezia,la Paul SacherStiftung di Basilea e vari altri archivi europei.

L’altare di Isenheim. Mathis Grünewald pittore della Morte e della Resurrezione

«È la faccia del dolore, dell’angoscia, della morte. L’impatto è sconvolgente, fin dal primo sguardo. La Crocifissione è un culmine tragico dell’arte occidentale: uno di quei capolavori che rendono difficile il discorso critico, giacché sono nati proprio su quel limite in cui la parola esaurisce la possibilità di comunicare. Visioni generate dal silenzio e nel silenzio, la loro realtà s’invera tutta nell’evidenza flagrante dell’immagine».

Il volumetto contiene il testo della conferenza tenuta da Adriano Mariuz all’Ateneo San Basso a Venezia il 2 aprile 1987. Si è scelto di non apportare alcuna modifica o integrazione allo scritto, per lasciargli il tono colloquiale voluto dall’autore: sicuramente uno degli elementi di fascino di questa dissertazione, come dell’altra sull’Adorazione dei pastori di Tintoretto, pubblicata nel 2010, e ora ristampata in seconda edizione. Sarà una scoperta per molti accostarsi a una delle creazioni artistiche più commoventi dell’arte occidentale
– l’altare di Isenheim, un capolavoro ancora poco conosciuto ai più – e a un pittore grandissimo, Mathis Grünewald. Adriano Mariuz (1938-2003) ha insegnato Storia dell’arte moderna all’Università di Padova. Formidabile conoscitore, specialista di pittura veneziana del Settecento, ha dato fondamentali contributi su Giambattista e Giandomenico Tiepolo (raccolti nel volume, pure curato dall’Istituto di Storia dell’Arte, Tiepolo, Cierre edizioni, 2008).