
Anton Maria Zanetti di Girolamo, "Giovanni Battista Paita", Penna e inchiostro bruno, carta bianca. ©Fondazione Giorgio Cini
Anton Maria Zanetti di Girolamo, "Giovanni Battista Paita", Penna e inchiostro bruno, carta bianca. ©Fondazione Giorgio Cini
L’incontro di settembre dell’Accademia Vivaldi, guidato da Gemma Bertagnolli, è dedicato alle tematiche del potere, della giustizia e della legittimità del comando, analizzando le figure dei sovrani – giusti vs tiranni − nelle opere vivaldiane (in particolare Tito Manlio, ma anche Teuzzone, Bajazet, Ottone, Giustino, Motezuma ecc.), così da mettere in luce i diversi stili che caratterizzano il loro esercizio dell’autorità. L’attenzione si concentra anche sulle responsabilità morali del governante, sul rapporto tra potere e sudditi, e sull’emergere di una nuova consapevolezza dei diritti individuali, inclusi quelli delle donne, tema che inizia a farsi strada proprio in questo periodo.
All’interno dell’incontro è prevista una conferenza di approfondimento, organizzata in collaborazione con il gruppo di ricerca La drammaturgia musicale a Venezia (1678-1792) della Fondazione Ugo e Olga Levi, I limiti del potere nel XVIII secolo. I doveri dei governanti e i diritti dei sudditi nelle opere vivaldiane. Tenuta da Giada Viviani si svolge giovedì 4 settembre alle ore 18.30 presso Palazzo Giustinian-Lolin, sede della Fondazione Levi.
L’Accademia si conclude con un concerto-racconto, venerdì 5 settembre alle ore 18.00 a San Giorgio, in cui gli allievi e le allieve del corso presentano le arie vivaldiane dall’opera Tito Manlio, RV 778, rappresentata a Roma durante il carnevale del 1720 nell’Antico Teatro della Pace.
La figura del Console di Roma, Tito, si trova a un bivio: applicare la legge o ascoltare la voce del sentimento? Un dilemma tragico-eroico, che incontra un intimo dissidio, si svolge nella Roma Repubblicana del IV secolo prima di Cristo. Il figlio di Tito, Manlio, con il fuoco della giovinezza che anima il suo spirito valoroso di guerriero, disattende gli ordini paterni e disobbedisce alla Legge del Senato. La sua colpa merita quindi la morte, e la fatale sentenza va emessa senza tentennamenti da Tito, che prima di essere padre è Console dei Romani e deve applicare la Legge a cui anche il capo è sottoposto. Giustizia va fatta e sarà il fato, da cui dipendono i destini di tutti gli esseri umani, sudditi come potenti, a decidere.
Finita, con il Seicento, l’epoca delle grandi epidemie di peste, il periodo in cui Vivaldi visse e operò non vide l’Europa teatro di reali pandemie; di conseguenza, il suo lascito artistico non si confronta con questa tematica. Viva, invece, era la discussione sulle diverse forme possibili di organizzazione dello Stato (monarchia vs repubblica oligarchica) e sui limiti alla legittimità del potere, prodromi indispensabili alla successiva elaborazione del pensiero europeo sulla democrazia. Nella prima metà del Settecento, il dramma per musica ha trattato soprattutto il problema del sovrano assoluto, esplorando il discrimine tra l’esercizio “illuminato” di tale funzione e la sua degenerazione in tirannia; centrale è la riflessione sulle responsabilità dei governanti nei confronti dei sudditi e dei diritti di questi ultimi, rispetto ai quali, in questi decenni, si inizia a sviluppare una nuova consapevolezza, declinata anche nell’ottica di un’incipiente attenzione per la questione femminile.
Conferenza e Concerto entrambi a ingresso libero fino esaurimento dei posti.
Anton Maria Zanetti di Girolamo, "Giovanni Battista Paita", Penna e inchiostro bruno, carta bianca. ©Fondazione Giorgio Cini