Mostre Archives - Pagina 9 di 23 - Fondazione Giorgio Cini

Faurschou Foundation Venice

Andy Warhol e Robert Rauschenberg al Museo Pergamon 1983
© Christopher Makos, 1983, christophermakos.com

Fondazione Faurschou Venezia

Robert Rauschenberg & Andy Warhol
“Us Silkscreeners…”
12.05.17 – 27.08.17

Robert Rauschenberg
Late Series
12.05.17 – 27.08.17

Paul McCarthy
Christian Lemmerz
New Media (Virtual Reality Art)
12.05.17 – 27.08.17

In concomitanza con la 57° Biennale di Venezia 2017, la Fondazione Faurschou è lieta di presentare presso la Fondazione Giorgio Cini tre mostre di importanza storica e artistica: “Us Silkscreeners…”, Late Series e New Media (Virtual Reality Art).

“Us Silkscreeners…” e Late Series offrono ai visitatori un prezioso scorcio su alcune delle opere d’arte più forti di Rauschenberg nonché su alcuni dei momenti decisivi della sua carriera.

“Us Silkscreeners…”

La mostra Us Silkscreeners… assume come punto di partenza i primissimi dipinti serigrafati da Rauschenberg e Warhol, ovvero rispettivamente Renascence e la serie Dollar Bills, entrambi terminati nel 1962. Nella primavera dello stesso anno l’incontro tra i due artisti segnò l’inizio di un nuovo orientamento nella tecnica del trasferimento delle immagini fotografiche che, non solo ebbe delle forti ripercussioni nella carriera dell’artista ma avrebbe influenzato anche la scena artistica nel suo complesso, così forgiando l’eredità di Rauschenberg e Warhol. Nonostante utilizzassero le serigrafie in modi diversi, nel 1962 entrambi gli artisti condivisero un punto di partenza comune. Dopo più di cinque decenni dall’assegnazione del Gran Premio a Rauschenberg nel 1964 per la sua attività rivoluzionaria, la Fondazione Faurschou è lieta di riportare Rauschenberg a Venezia – questa volta non solo con le sue serigrafie ma incentrando l’attenzione sulle serie tarde dell’artista.

Per la mostra verrà anche allestita una sala studio con film, libri e ulteriori informazioni sui due artisti, sulle serigrafie e sul loro incontro del 1962. La Fondazione Faurschou realizzerà inoltre un ricco catalogo completo di testi e illustrazioni che narreranno l’intera storia delle prime serigrafie di Rauschenberg e Warhol per l’arte contemporanea.

Late Series

La mostra, partendo dalla storia delle primissime serigrafie dell’arte contemporanea, presenta due opere appartenenti ad alcune delle serie tarde più importanti di Rauschenberg, tra cui Borealis, Urban Bourbon, Scenarios e la sua ultima: Runts. Il fil rouge comune a tutte le serie è il trasferimento dell’immagine, tecnica che l’artista iniziò a utilizzare nel 1962 e da allora sviluppò e raffinò in modi diversi.

Robert Rauschenberg è stato uno degli artisti più influenti del suo tempo, e lo è ancora. Si approcciava all’arte in modo eclettico ricorrendo all’uso di molteplici immagini, materiali e fotografie trasferite o scolpite su tela impiegando una vasta gamma di tecniche. Nella sua arte e attività creativa Rauschenberg voleva creare un riflesso del mondo che lo circondava. Molte delle sue ultime opere sono il risultato dell’esplorazione ininterrotta dei metodi di trasferimento delle immagini e della sua attitudine aperta verso il mondo.

New Media (Virtual Reality Art)

In contemporanea la Fondazione Faurschou presenta le opere new media degli artisti di fama internazionale Paul McCarthy e Christian Lemmerz. La realtà virtuale è entrata con successo nel mercato globale ad un ritmo insolitamente accelerato. Nel mondo dell’arte questo mezzo è a un punto di svolta nella creazione e fruizione dell’arte. Khora Contemporary, una piattaforma dedicata esclusivamente all’arte virtuale (VR), creata come ponte tra gli artisti e gli sviluppatori della realtà virtuale, ha visto la collaborazione di Paul McCarthy e Christian Lemmerz, i precursori in questo campo, per la produzione di nuove stupefacenti opere new media. La Fondazione Faurschou invita il visitatore a immergersi in nuovi scenari in cui le sfere fisica e psicologica si sovrappongono.

Fondazione Faurschou

La Fondazione Faurschou ospita una collezione di arte contemporanea e offre un programma dinamico presso sue sale nel porto industriale di Copenaghen e nel distretto dell’arte di Pechino, 798. La Fondazione continua a sviluppare e ampliare la sua collezione, utilizzando il proprio programma per rispondere ai fabbisogni artistici e offrire ai visitatori accesso alle opere di alcuni degli artisti più acclamanti del mondo. A partire dalla sua apertura nel 2012 la Fondazione Faurschou ha presentato le personali di molti dei maggiori artisti contemporanei e personalità storiche chiave tra cui Yoko Ono, Peter Doig, Ai Weiwei, Cai Guo-Qiang, Louis Bourgeois, Shirin Neshat, Gabriel Orozco, Danh Vo e Bill Viola.

Robert Rauschenberg

Robert Rauschenberg fu la personalità trainante dell’arte contemporanea per circa sessant’anni, creando un patrimonio artistico completo di dipinti, fotografie, sculture, performance e incisioni, e lavorando nel modo più multiforme in assoluto rispetto agli altri artisti del suo tempo. Per Rauschenberg la pittura comportava non solo l’uso del pennello ma anche l’utilizzo di serigrafia, collage, trasferimento e stampa sulla più vasta gamma di materiali: tela, tavola e tessuto fino a lamiera, Plexiglas, gesso e carta. È stato definito il precursore di virtualmente qualsiasi movimento artistico americano post bellico dopo l’Espressionismo astratto anche se rimase profondamente indipendente da qualsiasi particolare affiliazione nel corso della sua vita multiforme.

Andy Warhol

L’artista americano della pop-art Andy Warhol, tanto famoso per le sue battute quanto per la sua arte, ha dato vita ad alcune delle immagini più iconiche del XX secolo. Tra le sue massime rientrano “con l’arte ti puoi permettere tutto”[1] e “in futuro tutti saranno famosi per quindici minuti”. Warhol attinse molto dalla cultura popolare e dai soggetti ordinari, creando opere come 32 Campbell’s Soup Cans (1962), sculture a forma di scatola della saponetta Brillo, e ritratti di Marilyn Monroe utilizzando la tecnica dell’incisione serigrafata per ottenere i suoi caratteristici bordi marcati e aree piatte di colore. Noto per il suo culto della celebrità, il Factory studio (un melting pot radicale, sociale e creativo) e film d’avanguardia come Chelsea Girls (1966), Warhol fu anche il mentore di artisti come Keith Haring e Jean-Michel Basquiat. La sua sensibilità pop è ora un costume comune, ripreso da alcuni dei maggiori artisti contemporanei come Richard Prince, Takashi Murakami e Jeff Koons, tra innumerevoli altri.

 

Per informazioni: Katrine Winther, Fondazione Faurschou
katrine@faurschou.com / +45 33 91 41 31

 Contatti per la stampa: Claire Walsh, Brunswick Arts
Faurschaufoundation@brunswickgroup.com / +44 (0) 7980 727 296

Facebook: Faurschou.Foundation    Instagram: @faurschou_foundation

[1] Traduzione libera

Alighiero Boetti: Minimum – Maximum

 La mostra celebra il genio dell’artista torinese con oltre 20 opere di forte impatto selezionate per la prima volta secondo il criterio del formato, confrontando i “minimi” e i “massimi” delle sue serie più significative

 L’esposizione, curata da Luca Massimo Barbero con l’Archivio Alighiero Boetti, presenta un progetto speciale sviluppato da Hans Ulrich Obrist e Agata Boetti sul tema della fotocopia intitolato COLORE = REALTÀ. B+W = ASTRAZIONE (a parte le zebre)

L’isola di San Giorgio Maggiore a Venezia ospita dal 12 maggio al 12 luglio 2017 un grande, inedito viaggio all’interno dell’opera di Alighiero Boetti, uno dei più importanti artisti italiani, al culmine di un momento di grande celebrazione che lo vede protagonista. Alighiero Boetti: Minimum/Maximum, a cura di Luca Massimo Barbero, direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini, con la collaborazione dell’Archivio Alighiero Boetti, presenta il risultato di un processo inedito di selezione e confronto: quello tra il formato minimo e massimo di opere dei cicli più rappresentativi del celebre artista torinese, focalizzando così uno dei temi che meglio rappresentano l’operatività creativa di Boetti. La mostra è organizzata dalla Fondazione Giorgio Cini in collaborazione con Tornabuoni Art.

Questa mostra offre al visitatore un percorso di rapporto, non antologico e mai scontato, unico nel suo genere, nato dalla raccolta in collezioni pubbliche e private di opere di Boetti di grandi dimensioni – spiega Luca Massimo BarberoÈ un progetto organico pensato appositamente per Venezia in questo momento di grandi conferme internazionali di uno dei più importanti esponenti dell’arte italiana”.

Articolata in sezioni, per un totale di più di 20 opere, l’esposizione include, oltre ai cicli più significativi di Boetti – Ricami, Aerei, Mappe, Tutto e Biro – alcune opere meno note come i Bollini colorati, la Storia Naturale della Moltiplicazione e le Copertine, e costituisce un’occasione preziosa per presentare anche lavori di fatto sconosciuti al grande pubblico, come la grande opera con bollini colorati Estate 70 (1970) – prestata per quest’evento direttamente dalla famiglia dell’artista – e Titoli (1978), uno dei più grandi formati del raro ciclo dei Ricami monocromi. In mostra ci sarà anche uno dei più grandi Mimetico (1967), una delle prime serie di opere di Boetti, in prestito dalla Fondazione Prada.

Il tema del formato è cruciale per comprendere il modo in cui Boetti ideava e realizzava i suoi lavori, ed è direttamente collegato al concetto di tempo: come in Estate 70, opera monumentale che apre il percorso espositivo, realizzata su un rotolo di carta lungo venti metri sul quale Boetti ha incollato migliaia di bollini autoadesivi colorati: unica per le dimensioni e perché introdusse in modo dirompente il tema del tempo necessario alla fruizione dell’opera. Complementari a livello di senso sono le opere di formato minimo, che rappresentano l’opposizione dialettica nella creatività di Boetti.

La mostra si dispiega in un puntuale confronto fra piccolo e grande, minimo e massimo, presentando le opere Storia Naturale della Moltiplicazione, Mettere al mondo il mondo e Alternando da uno a cento e viceversa – offrendo al visitatore la possibilità di fruire in un unico contesto di opere di periodi differenti – fino al grande trittico Aerei (1989), in prestito dalla prestigiosa Fondation Carmignac di Parigi.

Fra la prima e la seconda sala sarà in esposizione il documentario Niente da vedere Niente da nascondere, realizzato nel 1978 da Emidio Greco in occasione della retrospettiva dedicata a Boetti alla Kunsthalle di Basilea, che alterna immagini della mostra svizzera a momenti nello studio romano dell’artista, importante perché ridà testimonianza diretta delle parole di Boetti.

Il percorso prosegue poi con le celebri Mappe e con i Tutto, “zibaldone dei temi e delle immagini di Boetti” – spiega Barbero – che introducono l’importante tema della realizzazione differita dell’opera d’arte, del viaggio e del nomadismo dell’arte, a sua volta interconnesso con quello del tempo. Elemento ben evidente ad esempio nei ricami, che una volta iniziati dai collaboratori a Roma, venivano spediti a Kabul, poi a Peshawar in Pakistan a seguito dell’invasione Sovietica dell’Afghanistan nel 1979, dove le ricamatrici delle famiglie di rifugiati afghani li realizzavano con l’accostamento dei colori da loro scelto, seguendo le regole del gioco dettate da Boetti, per poi tornare a Roma dove l’artista le vedeva finite per la prima volta.

La parte dei confronti si chiude quindi con la grande opera Copertine (1984), che riprendere l’idea dell’ossessività dei media e la formula dell’immagine trasmessa e riutilizzata e che introduce il progetto speciale di Hans Ulrich Obrist, direttore artistico delle Serpentine Gallery di Londra, e Agata Boetti, direttrice dell’Archivio Alighiero Boetti, che esemplifica ulteriormente il modo di pensare essenzialmente dialettico di Boetti e si sviluppa attorno al tema della fotocopia. “Già nel ’69 a Torino, quando andavo allo show-room della Rank Xerox con le mie monetine in tasca, le idee erano tante. – affermava Boetti nel 1991 – Dicevo, la fotocopiatrice non è una macchina solo da ufficio, nel duemila l’avremo tutti nel salotto! Affidatemene una, ve ne documenterò alcune applicazioni creative. Non intendevo manipolare il meccanismo o l’inchiostro, come hanno fatto alcuni da Munari in poi. No, m’interessava l’applicazione standard. Ma ad esempio l’avrei messa sul balcone quando comincia a piovere, una goccia, dieci gocce, mille gocce….”.

COLORE=REALTÀ. B+W=ASTRAZIONE (a parte le zebre) esplora queste “applicazioni creative” di Boetti, riunendo per la prima volta un insieme di opere eseguite con la fotocopiatrice nei diversi momenti della carriera dell’artista e che sono, secondo Obrist, testimoni della passione di Boetti per le tecnologie della comunicazione (come la polaroid o l’uso del fax che – introdotto negli anni ottanta – è sintesi di posta e fotocopia) e invitano a immaginare gli usi creativi che Boetti avrebbe trovato per gli attuali mezzi di comunicazione e riproduzione delle immagini: “Presentando questi lavori sul muro, così come stiamo facendo con le 1665 fotocopie alla Fondazione Cini, mostreremo al pubblico che Boetti era come una versione analogica di Internet. Era come un motore di ricerca. Ha anticipato Google con mezzi analogici”.

 Al centro della sala dedicata alle fotocopie, i visitatori sono invitati a utilizzare una vera e propria fotocopiatrice, seguendo le regole del gioco appositamente create dall’artista messicano Mario Garcia Torres per rendere omaggio ad Alighiero Boetti.

Alighiero Boetti: Minimum/Maximum a cura di Luca Massimo Barbero e il progetto speciale COLORE = REALTÀ. B+W = ASTRAZIONE (a parte le zebre), curato da Hans Ulrich Obrist e Agata Boetti, sono ciascuno accompagnato da un catalogo edito da Forma Edizioni.

Ettore Sottsass: il vetro

ph. Enrico Fiorese

La mostra Ettore Sottsass: il vetro, curata da Luca Massimo Barbero, direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte, intende analizzare in maniera esaustiva la produzione del designer italiano legata al vetro, un materiale che interessa Sottsass fin dagli anni quaranta, quando alla Biennale di Venezia del 1948 presenta alcuni oggetti realizzati in collaborazione con la ditta S.A.L.I.R. di Murano. Sempre a Venezia, negli anni settanta, collabora con la vetreria Cenedese per la realizzazione di oggetti in vetro le cui forme sono in questi anni molto prossime a quelle delle sue ceramiche. Ma sarà solo dopo la fondazione del gruppo Memphis (1981) che vedranno la luce le vere e proprie sculture in vetro affidate agli artigiani della vetreria Toso; in quest’occasione Sottsass introdurrà l’impiego della colla chimica, sfidando la secolare tradizione del vetro muranese.
La mostra, che consterà di circa 200 pezzi, può contare sui prestiti di importanti collezioni private, nonché sui pezzi conservati presso gli archivi storici delle vetrerie e delle aziende veneziane con le quali Sottsass
ha collaborato; saranno inoltre inseriti nel percorso espositivo anche gli splendidi vetri realizzati per la vetreria Venini. L’esposizione sarà accompagnata da un catalogo (Skira editore) che ospiterà un saggio introduttivo di taglio strettamente biografico ed altri contributi più estesi, a firma del curatore stesso ma anche di architetti, direttori museali, studiosi che con lui hanno collaborato. È previsto inoltre un esaustivo regesto della produzione di Sottsass, costruito con schede tecniche dedicate ad ogni singolo pezzo. La bibliografia, mirata alla sola produzione di vetri, consta di oltre 200 titoli ed è il frutto di una scrupolosa ricerca d’archivio.


 

 

Afterglow: Pictures of Ruins

In concomitanza con l’apertura di Palazzo Cini verrà proposta al pubblico una mostra di arte contemporanea. La casa-museo ospiterà infatti al secondo piano Afterglow: Pictures of Ruins, mostra fotografica del celebre artista contemporaneo Vik Muniz, curata dal direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte Luca Massimo Barbero.

Realizzata in collaborazione con Ben Brown Fine Arts, la mostra vedrà esposte fotografie e una scultura vitrea realizzate dall’artista a seguito di una personale rielaborazione di opere già note all’immaginario collettivo.
In particolare, per questo progetto espositivo Vik Muniz trarrà ispirazione dalla tradizione veneta e lagunare, attraverso una rilettura in chiave contemporanea di opere esposte a Palazzo Cini nel 2016 in occasione della mostra Capolavori ritrovati della collezione di Vittorio Cini, ma anche ai capolavori di arte antica appartenenti alla collezione, creando un legame tra il primo e il secondo piano.

Muniz simula le pennellate di questi quadri con ritagli di dipinti riprodotti in volumi di storia dell’arte, attentamente selezionati non solo per i loro valori cromatici ma anche per le immagini
che contengono: incollati insieme, essi richiamano una superficie tattile, a impasto.
Proseguendo la tradizione degli artisti del XVII e XVIII secolo che l’hanno preceduto, Muniz ricombina questi elementi, attraverso la sua natura inventiva, per ricostruire immagini che penetrano nel subconscio visivo dello spettatore stimolando un’ulteriore ricerca.

Eleonora Duse e Vera Komissarzhevskaja. Due dive allo specchio.

L’Archivio Duse della Fondazione Giorgio Cini a Mosca

Giovedì 24 novembre il Centro Studi per la Ricerca Documentale sul Teatro e il Melodramma Europeo della Fondazione Giorgio Cini di Venezia espone una selezione di preziosi documenti provenienti dall’Archivio Duse nel contesto di una prestigiosa mostra dal titolo Eleonora Duse e Vera Komissarževskaja. Due dive allo specchio.

L’esposizione sarà aperta al pubblico dal 25 novembre fino all’8 gennaio 2017  presso il Museo Statale di Storia Russa Contemporanea (Tverskaja, 21).


Lungo il percorso espositivo sarà possibile approfondire i legami tra la grande attrice italiana Eleonora Duse e la collega russa Vera Komissarževskaja, sua contemporanea a lei paragonata dalla critica del tempo. La mostra mette a confronto la vita e l’arte di queste due grandi protagoniste della scena teatrale degli anni tra Otto e Novecento, conosciutesi a San Pietroburgo nel 1896 e legate da stima reciproca.

Maria Ida Biggi, direttrice del Centro Studi Teatro e Melodramma, e Marianna Zannoni, ricercatrice presso lo stesso Centro, firmano la curatela della sezione dedicata a Eleonora Duse (1858-1924), in un ricco percorso che conduce alla scoperta della grande attrice italiana attraverso autografi, fotografie e oggetti che le sono appartenuti. Ad arricchire l’esposizione, una selezione di preziosi abiti appartenuti alla Duse e realizzati nei primi anni del Novecento, firmati da Mariano Fortuny e Paul Poiret.

Nel corso della sua carriera Eleonora Duse recitò moltissimo all’estero, riportando ovunque un clamoroso successo. Tra le tournée estere della Duse, quelle avvenute nei maggiori centri della Russia dell’epoca (nel 1891, nel 1896 e nel 1908) furono particolarmente fortunate, e permettono di seguire l’evoluzione del suo teatro e la parabola del suo successo. Decine sono le recensioni e le testimonianze dei suoi ammiratori: nel 1891, Anton Čechov scrisse alla sorella “Ho proprio ora visto l’attrice italiana Duse in Cleopatra di Shakespeare. Non conosco l’italiano, ma ella ha recitato così bene che mi sembrava di comprendere ogni parola; che attrice meravigliosa! …”. Ancora tra i teatranti, si ricorda l’apprezzamento dei registi Vsevolod Ėmil’evič Mejerchol’d e Konstantin Sergeevič Stanislavskij, che afferma di aver tratto ispirazione dalla Duse per la creazione del Teatro d’Arte di Mosca.

Nell’ambito dell’esposizione verrà inoltre proiettato il film Cenere (1916), unica interpretazione cinematografica di Eleonora Duse che, oltre ad esserne la principale interprete, collaborò alla sceneggiatura e alla stessa regia del film. Cenere, tratto dall’omonima novella del premio nobel Grazia Deledda e prodotto dalla casa cinematografica Ambrosio di Torino, è stato recentemente restaurato grazie al contributo della Regione del Veneto.

All’interno del percorso espositivo, la sezione dedicata a Vera Komissarževskaja (1864-1910) è stata curata da Dmitry Rodionov, direttore del Museo del Teatro Bakhrushin di Mosca: al suo interno sono esposti documenti, fotografie, oggetti appartenuti all’attrice russa.

Completa l’esposizione un progetto multimediale a cura dello CSAR di Venezia, elaborato appositamente per gli spazi della mostra di Mosca a partire da documenti e materiali iconografici provenienti dal Centro Studi Teatro e Melodramma della Fondazione Giorgio Cini e dagli altri musei russi coinvolti.

La mostra Eleonora Duse e Vera Komissarževskaja. Due dive allo specchio è organizzata da prestigiose istituzioni e importanti musei italiani e russi, tra cui il Ministero della Cultura della Federazione Russa, il Museo Statale di Storia Contemporanea Russa, l’Istituto Italiano di Cultura di Mosca, il Centro Studi per la Ricerca Documentale sul Teatro e Melodramma Europeo della Fondazione Giorgio Cini di Venezia, il Centro Studi sulle Arti della Russia di Ca’ Foscari, il Museo Statale del Teatro Bakhrushin di Mosca, il Museo Statale del Teatro e della Musica di San Pietroburgo ed il Centro dei Festival del Cinema e dei Programmi Internazionali di Mosca.

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Paolo Venini e la sua fornace

 

La mostra Paolo Venini e la sua fornace, a cura di Marino Barovier per Le Stanze del Vetro, è dedicata a Paolo Venini (1895–1959), grande protagonista del vetro del Novecento, che con la sua appassionata attività ha contribuito in modo determinante alla vitalità di quest’arte. Milanese, già socio della Cappellin Venini, nel 1925 fondò la vetreria V.S.M. Venini & C. con l’apporto di Napoleone Martinuzzi e Francesco Zecchin, dal quale si separò nel 1932. Divenuto presidente della società, operò instancabilmente come grande regista e direttore della ditta fino alla sua scomparsa, nel 1959. Imprenditore colto e interessato sia ai fermenti artistici coevi sia alle esigenze del mercato internazionale, Paolo Venini intervenne anche come ideatore di nuove serie di vetri, avvalendosi del proprio ufficio tecnico e contribuendo all’articolato catalogo della vetreria, nel contempo arricchito dall’intervento di più autori. Grazie a un attento lavoro di ricerca, la mostra e il relativo catalogo documentano la produzione nata da sue specifiche scelte, che hanno portato, ad esempio, a serie come i vetri Diamante in cristallo, nella seconda metà degli anni Trenta. E soprattutto negli anni Cinquanta che egli si dedicò con assiduità alla creazione dei suoi vetri, ottenendo un grande successo, sia alla Triennale di Milano e alla Biennale di Venezia che in varie manifestazioni internazionali, in Europa e negli Stati Uniti, a sostegno e per la diffusione del design e dell’artigianato italiano. Diversi vetri nacquero anche, tra il 1950 e il 1954, da una raffinata rilettura in chiave innovativa di alcune tecniche tradizionali muranesi, come quella dello zanfirico. Pur mettendo al centro dell’esposizione la straordinaria personalità e il ruolo di Paolo Venini, la mostra vuole illustrare anche la produzione dovuta agli autori che collaborarono con lui in maniera episodica tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta, come Tyra Lundgren, Gio Ponti, Piero Fornasetti, Eugene Berman, Ken Scott, Charles Lin Tissot, Riccardo Licata,Massimo Vignelli, Tobia Scarpa e Grete Prytz.

 

Mindful Hands. I capolavori miniati della Fondazione Giorgio Cini

Si intitola Mindful Hands. I capolavori miniati della Fondazione Giorgio Cini la grande mostrasull’isola di San Giorgio Maggiore a Venezia dal 17 settembre 2016 all’8 gennaio 2017 , prodotta da Fondazione Giorgio Cini in collaborazione con Studio Michele De Lucchi e Factum Arte, realizzata grazie al supporto di Helen Hamlyn Trust e con il contributo di Pirelli.

 

In mostra per la prima volta dopo oltre 35 anni, è possibile ammirare più della metà di una delle collezioni più importanti e preziose custodite dalla Fondazione Cini: la raccolta di 236 miniature acquisita dal conte Vittorio Cini tra il 1939 e il 1940 dalla Libreria Antiquaria Hoepli di Milano e donata alla Fondazione nel 1962. In mostra il pubblico potrà ammirare una selezione di oltre 120 delle miniature più significative e importanti della collezione, e un nucleo scelto di pregevoli codici miniati. Curatori scientifici del progetto sono Federica Toniolo, docente di Storia della Miniatura all’Università degli Studi di Padova, Massimo Medica, direttore del Museo Civico Medievale di Bologna, e Alessandro Martoni, Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini, che hanno curato anche la catalogazione scientifica dell’intera raccolta

La collezione di miniature di Vittorio Cini rappresenta una delle più importanti raccolte al mondo di questo genere, formata da pagine e iniziali miniate ritagliate, per lo più provenienti da libri liturgici (graduali e antifonari), paragonabile sia per tipologia che per qualità a collezioni come la Wildenstein custodita al Musée Marmottan di Parigi o quella di Robert Owen Lehman Senior, fino a pochi anni depositata al Metropolitan Museum di New York.

 

La collezione Cini è rappresentativa delle principali scuole italiane di miniatura e raccoglie le creazioni di alcuni dei più importanti miniatori attivi tra XII e XVI secolo.

Scarica il comunicato stampa

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[accordion_entry title=”Biglietti“]

 Intero 12,00€
 Ridotto 10,00€ Gruppi superiori a 8 persone

Ragazzi 15-25 anni

Over 65

Soci Touring Club

 Ridotto  7,00€ Residenti Comune di Venezia;

Studenti e docenti universitari U.E. delle facoltà di architettura, conservazione dei beni culturali, scienze della formazione, iscritti ai corsi di laurea in lettere o materie letterarie con indirizzo archeologico, storico-artistico delle facoltà di lettere e filosofia,  iscritti alle Accademie delle Belle Arti;

Possessore di un biglietto di ingresso per Palazzo Cini. La Galleria o per le visite guidate alla Fondazione Giorgio Cini.

Tariffa speciale “Didattica”: acquistando un servizio di visita guidata o laboratorio si potrà usufruire di un biglietto d’ingresso ridotto a 6€

 Gratuito Minori di 15 anni (i minori devono essere accompagnati)

Membri ICOM (International Council of Museums)

Diversamente abili accompagnati da un familiare o da un assistente socio-sanitario

Giornalisti accreditati con tesserino

 

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Waiting for Qin Feng

Waiting for Qin Feng“, mostra personale dell’artista cinese Qin Feng, vuole promuovere l’importanza di inclusione e interazione culturale come risultato della maggiore comprensione della nostra civiltà contemporanea attraverso un dialogo aperto.

La mostra, organizzata in collaborazione con la Fondazione Giorgio Cini e curata da Achille Bonito Oliva e l’ambasciatore Umberto Vattani, rappresenta un dialogo multiforme tra arte rinascimentale europea e l’arte contemporanea cinese e vede l’esposizione non solo di tele, ma anche un’installazione di opere in porcellana cinese tradizionale di Jingdezhen

La mostra “Wainting for Qin Feng” si suddivide in tre sedi: l’ex Monastero di San Giorgio Maggiore, oggi sede della Fondazione Giorgio Cini (la prima installazione d’arte contemporanea cinese), il monastero cattolico armeno di San Lazzaro degli Armeni e Venice International University (VIU) di San Servolo

L’inaugurazione è prevista il giorno 19 maggio alle 18:00 presso l’ex Monastero di San Giorgio Maggiore.

Cosmic Dance Two

La mostra realizzata in collaborazione con la Fondazione Giorgio Cini, presenta l’ultima evoluzione del progetto dal titolo Cosmic Dance, al quale l’artista danese Lin Utzon sta lavorando da molto tempo.

L’installazione comprende circa 200 opere di vario genere (ceramiche dipinte, sculture, dipinti ad olio e disegni), che rappresentano l’essenza della natura, quel ballo cosmico di cui, nell’immaginario dell’artista, tutti siamo parte.

L’esposizione trae la sua ispirazione da una frase di Albert Einstein, il quale amava ripetere: “Essere umani, vegetali, o polvere cosmica, tutti danziamo al ritmo di una musica misteriosa, suonata in lontananza da un pifferaio invisibile.” E questa danza è stato il filo rosso dello sforzo artistico di Lin Utzon negli ultimi 21 anni.

All’inaugurazione, prevista per il 26 maggio alle ore 17.00, si accedere con invito di seguito scaricabile

Scarica l’invito

Cv Lin Utzon

Il vetro degli architetti. Vienna 1900-1937

Il vetro degli architetti. Vienna 1900-1937

Dopo Il vetro finlandese nella Collezione Bischofberger, la mostra Il vetro degli architetti. Vienna 1900-1937, a cura di Rainald Franz, è la seconda esposizione dedicata agli sviluppi internazionali del vetro nel XX secolo, progetto culturale pluriennale promosso da Fondazione Giorgio Cini e Pentagram Stiftung per lo studio e la valorizzazione dell’arte vetraria nel XX e XXI secolo.

Con oltre 300 opere provenienti dalla collezione del MAK – Austrian Museum of Applied Arts / Contemporary Art di Vienna e da collezioni private, la mostra, organizzata negli spazi de LE STANZE DEL VETRO sull’Isola di San Giorgio Maggiore, metterà a fuoco per la prima volta, la storia della lavorazione del vetro in Austria tra il 1900 e il 1937: un periodo compreso tra gli ultimi decenni dell’Impero Austro-Ungarico e la Prima Repubblica.

A cavallo del 1900, un gruppo di giovani architetti e designer, allievi delle accademie e delle scuole di architettura, svilupparono infatti uno speciale interesse per la lavorazione del vetro. Protagonisti del Modernismo Viennese, come Josef Hoffmann (1870-1956), Koloman Moser (1868-1918), Joseph Maria Olbrich (1867-1908), Leopold Bauer  (1872-1938), Otto Prutscher (1880-1949), Oskar Strnad (1879-1935), Oswald Haerdtl (1899-1959) e Adolf Loos (1870-1933), oggi famosi in tutto il mondo, aprirono la strada ai primi pioneristici sviluppi nella produzione vetraria, lavorando vicino alle fornaci con l’obiettivo di comprenderne a fondo il materiale.

La collaborazione tra architetti e designer e l’integrazione di queste innovazioni nella produzione, crearono lo stile del Vetro Viennese, che venne presentato all’interno di nuovi progetti come la “Wiener Werkstätte” o il “Werkbund”.

In mostra, l’accostamento di oggetti di vetro e dei loro progetti con fotografie che ne documentano la produzione, il design e le mostre che vennero fatte, farà rivivere le impressioni sbalorditive che questi oggetti, così radicalmente moderni, crearono nel pubblico.