Pubblicazioni multimediali – Fondazione Giorgio Cini

Ensemble Bîrûn 2018, I nefes della confraternita Sufi Bektâshî ad Istanbul e nei Balcani

L’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati (IISMC) della Fondazione Giorgio Cini in collaborazione con l’editore Nota, ha pubblicato quest’anno il sesto CD-book della serie Bîrûn, nella collana Intersezioni Musicali. Come quelli che lo hanno preceduto, I nefes della confraternita Sufi Bektâshî ad Istanbul e nei Balcani è il frutto del lavoro dei seminari di alta formazione sulla musica classica ottomana diretti dal Maestro Kudsi Erguner.

L’edizione 2018 di Bîrûn, da cui derivano le registrazioni per questo CD, è stata dedicata alle composizioni musicali sorte tra i dervisci della confraternita detta Bektâshîye. Ḥâcî Bektâsh (1209?-1271?), il misterioso santo sufi eponimo della Via, sembra essere giunto in Anatolia da Nishâpur, nell’attuale Iran nordorientale, allora centro culturale e spirituale di quella vasta regione storica detta Khorasân. La Bektâshîye, in seguito, ebbe un ruolo importante nella storia ottomana, ed assunse una particolare importanza in area balcanica, nella quale sono attivi ancor oggi molti suoi centri. In particolare il CD si dedica al genere poetico e musicale di argomento spirituale sorto tra i Bektâshî detto nefes (soffi), analogo ma differente dai repertori di carattere spirituale detti ilâhi in altre confraternite sufi. Parte integrante di questo CD-Book è un ampio libretto contenente un testo di Kudsi Erguner e una puntuale presentazione dei brani redatta da Giovanni De Zorzi

Ensemble Bîrûn 2017, Musiche delle corti: da Herat a Istanbul

La collana Intersezioni musicali, pubblicata dall’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati (IISMC) della Fondazione Giorgio Cini in collaborazione con l’editore Nota, propone quest’anno il quinto CD dedicato
alla fortunata serie Bîrûn, i seminari di alta formazione sulla musica classica ottomana diretti dal Maestro Kudsi Erguner. L’edizione 2017 di Bîrûn, da cui derivano le registrazioni per questo CD, è stata dedicata alle musiche delle corti del Khorasan e, più in particolare, alle opere del compositore ‘Abd-ul Qâdir Marâghî (Maragheh, 1360?-Herat, 1435), considerato tra le fonti principali della musica classica, colta, ottomana. Il CD contiene anche opere attribuite a Sultan Veled (1226-1312), al sultano timuride Huseyn Baykara (1469-1506) e al khan di Crimea Gazi Giray (1554-1607), trascritte da fonti orali ad opera di musicisti e musicologi turchi quali Rauf Yektâ bey (1871-1935), Refik Fersan (1893-1965) e Ulvi Erguner (1924-1974).
Khorasan (“sol levante”) era detta in lingua persiana la regione storica oggi divisa tra gli attuali Iran, Afghanistan, Turkmenistan, Uzbekistan e Tajikistan, e i suoi centri principali, le città di Ghazni, Bukhara ed Herat, furono nel tempo capitali di diverse dinastie, come quelle dei Sassanidi, dei Ghaznavidi e dei Timuridi. Parte integrante di Musiche delle corti: da Herat a Istanbul è anche un ampio libretto contenente un testo di Kudsi Erguner e una puntuale presentazione dei brani redatta da Giovanni De Zorzi, mentre le traduzioni dei testi dal persiano sono opera di Stefano Pellò.


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Ensemble Bîrûn 2016: I compositori Greci del maqâm ottomano  

I compositori Greci del maqâm ottomano è il quarto CD edito nella collana Intersezioni Musicali, promossa dall’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati (IISMC) della Fondazione Giorgio Cini in collaborazione con l’editore Nota.

Come quelli che lo hanno preceduto, questo CD raccoglie i risultati di Bîrûn, seminario annuale di alta formazione in musica classica ottomana diretto dal Maestro Kudsi Erguner: esso contiene infatti il repertorio su cui hanno lavorato i partecipanti selezionati con borse di studio, eseguito pubblicamente durante il concerto con cui tutti gli anni si conclude il Seminario.

L’edizione 2016 di Bîrûn, da cui derivano le registrazioni per questo CD, è stata dedicata ai compositori greci attivi nell’Impero Ottomano. Per questi compositori, il sistema modale del maqâm e i generi intorno a cui si articolava la musica classica ottomana costituivano uno strumento condiviso con compositori appartenenti ad altre culture all’interno dello scenario cosmopolita costituito dall’impero nei secoli XVIII e XIX. Nell’ambito del sistema del maqâm, tuttavia, la musica dei compositori greci mantiene alcune interessanti peculiarità, in particolare evidenti in alcuni tratti popolareschi (a cui va associata, ad esempio, la predilezione per il genere della canzone şarki, come pure il contenuto testuale delle canzoni stesse, che oltre ai temi amorosi, piuttosto consueti, consiste spesso nella narrazione e nel commento di avvenimenti politici e sociali). Una delle ragioni della presenza di questi tratti è da ricercarsi nei contesti in cui si ritiene che – fino alla fine del XVIII secolo – queste musiche fossero prevalentemente eseguite. Molti musicisti greci infatti si esibivano, oltre che alla Corte ottomana e presso il Patriarcato ortodosso, in taverne dette meyâne, dove i musicisti turchi, poiché vi veniva servito il vino, non avevano accesso. Il şarki, genere “leggero” e più accessibile di altri, ebbe poi un successo tale da diffondersi ampiamente, a cavallo fra Settecento e Ottocento, presso la nascente classe borghese metropolitana.

Il CD presenta brani di alcuni fra i più importanti compositori greci di cui si tramanda la memoria, tra i quali spicca il nome di Petros Lampadarios (1730-1778). Alcune delle composizioni eseguite nel CD sono inedite, e sono state ritrovate e trascritte da Giannis Koutis in notazione moderna a partire da manoscritti in notazione bizantina conservati presso il Monastero Vatopedi, sul Monte Athos.

 

I maftirîm e le opere degli ebrei sefarditi nella musica classica ottomana

Ensemble Bîrûn. Direttore artistico: Kudsi Erguner

ANNO: 2016

Nota Edizioni, Udine

Intersezioni Musicali – CD IM04

Le quattordici tracce che compongono questo CD – il terzo a essere dedicato alla musica classica ottomana all’interno della collana Intersezioni Musicali, edita da Nota e promossa dall’IISMC – costituiscono una selezione tratta da repertori di compositori appartenenti alle comunità degli ebrei sefarditi, attive in ambito ottomano fin dal XIV secolo. Il CD è inoltre corredato da un libretto di 54 pagine contenente alcune note introduttive – in italiano e in inglese – a cura di Kudsi Erguner.

Come i precedenti, questo lavoro costituisce l’esito finale del progetto Bîrûn, un programma di alta formazione in musica classica ottomana che l’IISMC promuove dal 2012 presso la Fondazione Giorgio Cini.

I repertori composti dagli ebrei sefarditi – tema scelto per l’edizione 2015 di Bîrûn, durante la quale è stato registrato il CD – costituiscono un apporto importante al complesso mondo della musica classica ottomana. Una presenza molto antica e prolungata a Istanbul e in altre zone dell’Anatolia, unita a un veloce adattamento al sistema estetico e stilistico modale dei maqâm (che probabilmente derivava dalla passata consuetudine con la musica arabo-andalusa), fece sì che fin dal XV secolo gli ebrei iniziassero ad adottare tale sistema per comporre brani ad uso liturgico, dando vita a nuovi generi adatti alle proprie esigenze rituali. Particolarmente interessanti, a questo proposito risultano i maftirîm (“fine” o “chiusura”), brani consistenti nella messa in musica dei piyyutîm, componimenti poetici destinati alla cantillazione durante la conclusione dei riti in sinagoga (traccia 5). È questo un genere la cui genesi si deve anche ai numerosi contatti che le comunità sefardite ebbero con altre componenti del mondo ottomano e in particolare con le confraternite di dervisci mevlevî presenti in diverse zone dell’Impero, e che, nonostante sia rimasto in uso fino alla fine del XIX secolo, è stato poco documentato. Questa carenza di documentazione, unita ad altri fattori, ha contribuito a rendere quello dei maftirîm un genere – in passato e ancor di più oggi – eseguito in rarissime occasioni.

L’ambito di attività dei compositori ebrei non era limitato ai contesti interni della propria comunità: alcuni di essi, ad esempio, prestarono servizio a corte, arrivando in alcuni casi a godere di grande stima da parte dei sultani. Fra questi è sufficiente ricordare Izak Fresco Romano, detto tanbûrî Izak dal nome dello strumento che suonava e insegnava, il quale è considerato il più rappresentativo tra i compositori ebrei e il caposcuola del tanbûr moderno (traccia 14).

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Folk Daoist Ritual Music of North China. The Li family Doaist band

FOLK DAOIST RITUAL MUSIC OF NORTH CHINA 

The Li family Daoist band

a cura di Stephen Jones

Intersezioni Musicali – CD IM03

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E’ un DVD-book la terza pubblicazione che appare nella collana Intersezioni musicali, promossa dall’IISMC in collaborazione con l’editore Nota.

Si tratta della sintesi filmata di due concerti svoltisi rispettivamente presso la Fondazione Giorgio Cini di Venezia, il 25 marzo 2012, e presso il Zhongshan Concert Hall di Pechino, l’8 ottobre 2012, curata da Stephen Jones, studioso che da anni conduce ricerche su queste musiche. Di Stephen Jones sono anche i testi del libretto che accompagna il DVD, sia in inglese che in italiano. Protagonista dei concerti è la famiglia Li, un gruppo di preti laici che ancora oggi opera nel nord della provincia dello Shanxi, che esegue una selezione dei repertori rituali daoisti opportunamente adattata per essere eseguita in forma spettacolare. Da nove generazioni, la famiglia Li, i cui attuali componenti sono tutti discepoli del grande maestro Li Qing (1926-1999), esegue elaborati rituali, tramandando oralmente le competenze musicali e rituali ai propri membri più giovani.

Il daoismo rituale si pratica ancora ovunque nella Cina contemporanea, comprese le aree rurali, dove piccoli gruppi, a carattere familiare, di specialisti laici del rito lavorano per portare benessere alle proprie comunità locali. Questi riti si inseriscono nella quotidianità delle comunità di villaggio: dalla celebrazione dei funerali a cerimonie che prevedono invocazioni e offerte alle divinità in cambio di benefici riguardanti ambiti della vita molto concreti come la salute o il lavoro agricolo; oltre a queste forme di “assistenza rituale” alle famiglie, i preti laici si occupano anche degli aspetti rituali di cerimonie ed eventi pubblici, come le fiere organizzate dai templi.

I riti daoisti presentano una componente musicale estremamente articolata che, in forma di concerto, si può apprezzare pienamente. Le otto tracce del DVD presentano esempi di musica rituale eseguita dai preti laici, utilizzata per dare forma al rito e scandirne le sequenze, oltre a rappresentare, in alcuni casi, una forma di intrattenimento. I repertori vocali sono costituiti dalla recitazione di mantra e di scritture e dal canto di inni alle divinità accompagnati da percussioni rituali, come, ad esempio, l’inno ‘Declamazione per la suprema grandezza’ (traccia 7). Tra gli strumenti utilizzati per i repertori rituali, oltre alle percussioni, figurano l’organo a bocca sheng e l’oboe guanzì. La musica strumentale assolve a diverse funzioni che vanno dall’accompagnamento di processioni, all’inserimento di intermezzi comici che interrompono le sequenze più strettamente cerimoniali nel corso di alcuni riti come, ad esempio, nei vivaci ‘Brani tratti dal teatro d’opera locale, con sequenze buffe’ (traccia 4).

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Compositori armeni nella musica classica ottomana

Ensemble Bîrûn. Direttore artistico: Kudsi Erguner

ANNO: 2014

Nota Edizioni, Udine

Intersezioni Musicali – CD IM02

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Questo CD è il secondo – all’interno della collana Intersezioni Musicali, promossa dall’IISMC ed edita da Nota – dedicato alla musica classica ottomana.

Come il precedente, Compositori alla corte ottomana, esso costituisce l’esito fortunato di Bîrûn, un programma annuale di incontri promosso dall’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati che mira, attraverso la formazione di un ensemble temporaneo diretto dal Maestro Kudsi Erguner e formato da giovani musicisti, ad approfondire vari aspetti della musica classica del mondo ottomano-turco. I musicisti, selezionati tramite un bando internazionale, prendono parte a una settimana di lavoro in residence presso la Fondazione Giorgio Cini, i cui risultati vengono poi presentati in un concerto pubblico presso la Fondazione stessa e confluiscono nella pubblicazione di un CD.

Registrato nel corso dell’edizione 2013 dei seminari Bîrûn, questo lavoro è dedicato all’esplorazione dei repertori di musica ottomana composti da autori armeni. Da non confondere con forme espressive aventi un carattere nazionale turco o comunque strettamente “etnico”, la tradizione del maqâm è caratterizzata da uno sviluppo storico segnato da numerosi apporti e commistioni estetiche e stilistiche, coerenti con l’impronta multiculturale e multietnica dell’Impero Ottomano e specialmente della sua capitale. Sviluppatasi a partire dal XV secolo fino al crollo dell’Impero, la musica classica ottomana ha assorbito e rielaborato elementi stilistici e repertori provenienti non solo dal mondo islamico, ma anche altre culture tra cui quelle azera, persiana, armena, ebraica e greca, inizialmente grazie alla presenza di acemî – “esperti stranieri” spesso prigionieri di guerra – e successivamente grazie alla presenza di compositori provenienti dalle diverse provincie dell’Impero e dall’estero, appositamente giunti a Istanbul grazie alla sua crescente capacità di attrazione. L’apporto degli armeni alla tradizione musicale del maqâm è stato corposo ed esteso nel tempo; tale apporto è evidente nel contributo dato allo sviluppo del genere poetico-musicale dello şarki e nella diffusione del sistema di notazione neumatica Hampartzum notası, messo a punto da quello che può essere considerato il “padre” dei compositori armeni, Hampartzum Limonciyan (tracce 3 e 13) e divenuto in seguito il più usato in ambito ottomano. Tra gli altri numerosi compositori armeni di una certa rilevanza in ambito ottomano, vanno menzionati Bimen Sen (tracce 8, 10 e 11) – noto per la bellezza del sua voce e per la sua ampia produzione nell’ambito del genere poetico-musicale del (dello?) şarkı – Nikoğos Ağa Melkoyan (traccia 7) e Tatyos Enkserciyan Efendi (traccia 18).

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La Stanza di Eleonora Duse, a cura di Marianna Zannoni

a cura di Marianna Zannoni
Fondazione Giorgio Cini, Venezia, 2013

La Stanza di Eleonora Duse, aperta e visitabile dal novembre del 2011, è nata con l’intenzione di rendere accessibile a un pubblico interessato il prezioso patrimonio custodito nell’Archivio Duse della Fondazione Giorgio Cini. Il recupero della vecchia Sala del Tesoro e il suo nuovo allestimento hanno permesso di esporre una buona parte  della ricca collezione dusiana, non tanto con la volontà di farne un museo ma con il duplice obiettivo di rivelarne l’esistenza e di restituire al visitatore tutta la complessità e l’importanza di un archivio come questo quale fonte di studio per la storia del Teatro.

L’archivio Duse rappresenta, ad oggi, la collezione più ampia e completa di documenti sulla vita e sull’arte della grande attrice italiana. Il volume in oggetto si propone di guidare il visitatore alla scoperta di questo luogo e del teatro di Eleonora Duse. Vi sono contenute una biografia dell’attrice, una descrizione della sua produzione teatrale, una scheda relativa all’Archivio e al Centro Studi per la Ricerca Documentale sul Teatro e il Melodramma Europeo nel quale è custodito.

Eleonora Duse nuova app per IPAD

Compositori alla corte ottomana

Ensemble Bîrûn. Direttore artistico: Kudsi Erguner

ANNO: 2013

Nota Edizioni, Udine

Intersezioni Musicali – CD IM01

Questo CD – con il quale si inaugura la collana Intersezioni Musicali, promossa dall’IISMC in collaborazione con la casa editrice Nota di Udine – contiene sedici brani brani tratti da repertori di musica classica ottomana eseguiti dall’Ensemble Bîrûn sotto la guida del maestro Kudsi Erguner. Il CD è inoltre corredato da un libretto di 54 pagine contenente alcune note introduttive – in italiano e in inglese – a cura di Giovanni De Zorzi e Kudsi Erguner.

Bîrûn, di cui questo CD documenta i frutti della prima edizione (2012), è un programma di alta formazione nell’ambito della musica classica del mondo ottomano promosso dall’IISMC. Il progetto prevede la formazione di un ensemble temporaneo di giovani musicisti provenienti da diversi paesi, selezionati attraverso un bando internazionale. Dopo una settimana di incontri intensivi presso la Fondazione Giorgio Cini, volti all’approfondimento di uno specifico repertorio, l’ensemble presenta i frutti del proprio lavoro esibendosi in un concerto pubblico e registrando un CD.

I brani proposti nel CD attingono a repertori composti da autori appartenenti a diverse comunità etniche e religiose presenti nell’Impero Ottomano – e soprattutto a Istanbul – a partire dal XV secolo. L’intento di questo lavoro è infatti quello di permettere di apprezzare il contesto sostanzialmente cosmopolita che ha fatto da sfondo alla genesi del mondo musicale ottomano, in passato a volte frainteso ed erroneamente definito “musica d’arte turca”. Si tratta invece di una tradizione musicale composita che ha saputo avvalersi, nei cinque secoli che hanno segnato il suo sviluppo fino alla decadenza che ha di poco preceduto la fine dell’Impero, di numerosi apporti e che ha conosciuto diverse declinazioni corrispondenti ai vari contesti in cui veniva composta ed eseguita: la corte dei sultani, ma anche le cerchie di “amatori” appartenenti alle élite dell’Impero, nonché contesti religiosi e specificamente rituali (quelli delle comunità di ebrei sefarditi e, in parte, delle confraternite sufi). Lo scenario composito fin qui delineato emerge con nettezza se si guarda ad alcune tra le principali figure di compositori attivi in ambito ottomano. Vi figurano infatti membri della corte e persino sultani come Selim III (traccia 13) e Mahmud II (traccia 14), ma anche discepoli della confraternita dei dervisci mevlevî, come BuhurîzâdeMustafa Itrî Dede (traccia 6); figure di rilievo vi sono poi anche i sefarditi come Aron Hamon (traccia 4) gli armeni, tra cui il più noto è Hampartzum Limonciyan (tracce 2 e 10), e i greci, con la figura, ad esempio, di Petros Lampadarios (traccia 8). All’inizio della sua progressiva decadenza, il mondo della musica ottomana vide anche la presenza di un compositore italiano, Giuseppe Donizetti (fratello del più noto Gaetano), il quale tuttavia, pur avendo composto anche secondo i dettami del sistema musicale ottomano (traccia 16), è ricordato soprattutto per aver fortemente contribuito a diffondere, a partire dal 1828, la notazione e repertori occidentali presso la corte di Istanbul.

Vero e proprio “linguaggio” musicale condiviso dalle diverse componenti dell’Impero, la musica classica ottomana ha sviluppato un corposo sistema estetico e stilistico non meno articolato di quello che caratterizza la musica d’arte occidentale, alla base del quale vi è il sistema modale denominato maqâm, mutuato, come la presenza di intervalli micro tonali nelle scale, dalla cultura araba. Fra quelle che possono essere invece considerate peculiarità del sistema musicale sviluppato in ambito ottomano rispetto quelli propri delle aree circostanti vi è la fioritura di una componente metrico-ritmica estremamente articolata, basata su cicli ritmici di varia complessità, e la presenza predominante della forma detta fasıl, una sorta di suite all’interno della quale si incardinavano forme compositive diverse ma accomunate dall’adozione di un maqâm, che veniva palesato ed “esplorato” durante il  Taksîm, un’introduzione strumentale improvvisata affidata a uno o più solisti.

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La sensitiva. Liriche da camera

Giunge al terzo volume l’iniziativa della registrazione di tutte le liriche da camera di Ottorino Respighi che Aldo Orvieto ha intrapreso con la preziosa adesione di alcune tra le più celebri cantanti italiane contemporanee. I dischi sono proposti dalla Casa discografica milanese Stradivarius in collaborazione con il Fondo Respighi della Fondazione Giorgio Cini di Venezia. In questo disco Sara Mingardo (insignita nel maggio 2010 del XXIX Premio Abbiati) propone undici liriche che datano all’età di formazione del Maestro, fra il 1896 e il 1914, e il poemetto di Percy Bysshe Shelley, The sensitive plant, La Sensitiva. Ottorino Respighi fa sprofondare l’ascoltatore in un labirintico polifonismo, sapientemente ‘cacofonico’, in cui i linguaggi del ‘moderno’ sembrano annegare in un magma retrospettivo, ombreggiato di nostalgismi e arcaismi. E l’eco del ‘cantare antico’ subito emerge alla struggente esperienza d’ascolto della mirabile interpretazione di Sara Mingardo che si staglia vivida nella nostra memoria come allo scorrere di album fotografico, di un concept-album.

laboratoriorazzi 2009. Laboratori di musica elettroacustica

Quattro seminari-laboratori sulla musica elettroacustica in uno spazio, il salone degli Arazzi della Fondazione Giorgio Cini a Venezia, che diventa musicale grazie alla valorizzazione del residente sistema di diffusione sonora ad otto canali. Un gruppo di allievi ed ex allievi di Alvise Vidolin che a Venezia ha insegnato Musica elettronica in Conservatorio per trentacinque anni. Un omaggio nello spirito del maestro, teso sempre al laboratorio, con esecutori di strumenti acustici e registi del suono, brani storici e nuove produzioni. Scambi di esperienze, di idee, di tecnologie. Uno spazio vivo dove far risuonare: una ‘laptop orchestra’, la voce e i brani dei maestri, strumenti acustici e suoni elettronici.
Queste le componenti degli appuntamenti che si sono tenuti nel corso del 2009, che hanno visto la presenza di numerosi ospiti e che si sono conclusi l’11 luglio 2009, con un concerto in onore di Alvise Vidolin e la presentazione del volume collettaneo a cura di Paolo Zavagna 60 dB. La scuola veneziana di musica elettronica, edito da Olschki, un liber discipulorum a lui dedicato.