Leo S. Olschki Editore Archives - Fondazione Giorgio Cini

Basi e bote

Unica commedia lirica di Arrigo Boito dedicata all’amato «vernacolo venezïan» e alle maschere della tradizione, Basi e bote fu a lungo nota per frammenti, diffusi in contesti estranei alla naturale destinazione dell’opera. Nel 1914 l’edizione integrale fissò un testo dallo statuto ambiguo. L’incompiutezza della musicazione, tentata da Boito ma firmata solo nel 1927 da Riccardo Pick Mangiagalli su libretto adattato, si somma alla fluidità della storia testuale. Del testo, però, i contemporanei colsero subito la vivacità linguistica, esaltandone la brillante efficacia degli accostamenti sonori, metrici e rimici: pregi riconosciuti dalla critica moderna, alla quale pure Basi e bote è apparsa ‘eccentrica’ tanto da porla a margine nella produzione dell’autore, complici anche trama e personaggi. L’opera, al contrario, può e deve essere legittimamente collocata all’interno del percorso artistico e della poetica boitiani, dei quali costituisce snodo coerente.

Questa prima edizione condotta con criteri moderni approfondisce tale lettura, offrendo una panoramica completa dei materiali a stampa e degli autografi noti, con uno sguardo anche agli estemporanei appunti musicati da Boito.

Il Libro dei versi

Tra i testi fondamentali della scapigliatura milanese, Il Libro dei versi, unica raccolta poetica di Arrigo Boito, contiene poesie-manifesto come DualismoA Emilio Praga e A Giovanni Camerana. Silloge breve ma fin troppo complessa e stratificata, volutamente oscura e più volte incompresa, è un raffinato diario degli eccitati anni della giovinezza del colto e malizioso poeta, tra icone della modernità, orrido, sensualità peccaminosa, victorhughiani Quasimodi delle fantasticherie, in una giostra di morti, macerie, rottami, canto di una bellezza alterata, putrescente, imbruttita, aggressiva, in cui riconoscere una diversa concezione estetica, debitrice di Baudelaire ma anche intimamente dantesca.

Questa nuova edizione critica, che apre l’Edizione nazionale delle opere di Arrigo Boito, offre per la prima volta, insieme a quello della princeps del 1877 (ripubblicata con modifiche nel 1902), l’inedito testo autografo, che fissa al meglio la poetica ribelle e demolitrice, ironica, stravagante e aspra che ha generato quei versi, composti tra il 1862 e il 1869, nel pieno della militanza scapigliata dell’autore.

Nino Rota. Catalogo critico delle composizioni da concerto, da camera e delle musiche per il teatro

A trenta anni dalla scomparsa del maestro e a quattordici anni dalla costituzione dell’Archivio Rota presso la Fondazione Giorgio Cini, dopo i volumi dedicati alla filmografia, ai documenti relativi al lavoro per il cinema e alla raccolta degli Atti dei convegni svoltisi nel ventennale della scomparsa, questo catalogo, oltre a segnare un altro decennio di operosità sul fronte degli studi rotiani, rappresenta la mappa più completa e aggiornata dell’attività al di fuori della committenza cinematografica del compositore milanese. Il libro, grazie alla comparazione tra tutte le fonti riunite nell’Archivio (carteggi, recensioni, nastroteca e, naturalmente, gli autografi musicali di cui il Catalogo dà descrizione e segnatura), offre al lettore la possibilità di ricostruire cronologicamente lo svolgersi di un corpo di opere che Nino Rota ha sempre considerato suscettibile di modifiche, ripensamenti e riusi, conservandolo, quindi, perlopiù in uno stato di vitalissimo disordine.

Vivaldi and Fugue

Sebbene Vivaldi non sia universalmente noto come compositore di fughe – anzi, la tradizione storiografica tende a considerare il suo stile poco contrappuntistico – egli ci ha lasciato almeno un centinaio di composizioni che contengono delle fughe o degli elementi ad essa riconducibili. Poiché dimostra una conoscenza della tecnica fugata assai approfondita e affatto inconsueta in un violinista-compositore, possiamo supporre che in gioventù abbia preso delle lezioni, secondo la tradizione dei maestri di cappella. Anche se il suo interesse nei confronti della scrittura fugata ebbe origine nell’ambito della composizione vocale sacra e dalla sua inclinazione per il genere musicale del concerto a quattro senza solista, egli era in grado di incorporare degli elementi fugati all’interno delle più disparate strutture musicali, come la forma bipartita, la forma-ritornello e quella dell’aria col da capo, tanto che sono veramente pochi i generi musicali in cui si astenne dal farne uso. L’interesse di Vivaldi per questa tecnica raggiunse un picco nel periodo 1725 – 1735 ca., prima di scemare nei suoi ultimi anni di vita. Oltre a una trattazione delle fughe vivaldiane, la monografi a indaga i vari aspetti inerenti la terminologia e la prassi legata a questa tecnica compositiva in grado di interessare sia gli studiosi che gli amanti della fuga.
La pubblicazione costituisce il duecentesimo titolo edito dall’Istituto Italiano Antonio Vivaldi dal 1978, anno in cui è entrato a far parte della Fondazione Giorgio Cini.

60 dB. La Scuola veneziana di musica elettronica

Trentacinque anni di insegnamento al Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia e centotrentuno allievi: questi i principali numeri dell’attività di docente di Alvise Vidolin fino ad oggi. Nato il 13 luglio 1949, Vidolin ha contribuito e contribuisce in maniera decisiva allo sviluppo della musica elettronica in Italia – e non solo – e all’affermazione di una “scuola” che si può ritrovare nell’attività dei suoi numerosi allievi. Per essere un maestro non bastano, però, i numeri; bisogna coinvolgere gli studenti nelle produzioni, aiutarli a muovere i primi passi nel mondo del lavoro, lasciarli liberi di sviluppare una propria poetica senza interferire e credendo nelle capacità di ognuno, spronare e chiarire, fornire una tecnica e una disciplina. I ventitré contributi presenti in questo liber discipulorum testimoniano il coinvolgimento, l’aiuto, la libertà, la fiducia, lo sprone e la chiarezza, la tecnica e la disciplina che Alvise Vidolin ha trasmesso e insegnato ai suoi allievi, e formano il quadro di una “scuola” che può essere anche un collage, formato da materiali e pezzi diversi, tutti tenuti insieme dalla figura del Maestro.

Dagli Incurabili alla Pietà . Le chiese degli Ospedali Grandi di Venezia tra architettura e musica (1522-1790)

L’attività musicale che si sviluppò nei quattro Ospedali Grandi veneziani durante il Sei e Settecento fu, come è noto, uno dei fenomeni culturali più importanti di questo periodo e di rinomanza internazionale. Le orfane qui ospitate venivano educate al suono e al canto da celebri compositori e attiravano, grazie alla qualità delle loro esecuzioni, un gran numero di ascoltatori. I luoghi in cui quest’attività ebbe vita furono le chiese dei quattro istituti, «quattro venerandi templi di Euterpe», come ebbe a definirle Francesco Caffi a metà Ottocento.
Ma quale fu il segno che la musica lasciò sugli edifici? Quali le trasformazioni cui questi vennero sottoposti per adeguarli alle crescenti necessità dell’attività musicale? Anche l’architettura divenne, infatti, un mezzo per dare soluzione a problematiche ed esigenze strettamente connesse all’attività musicale, intessendo con essa un rapporto dialettico che nel corso del tempo si è sviluppato ed evoluto. In oltre due secoli di storia è stato possibile per l’architettura affinare teorie e soluzioni costruttive in grado di soddisfare le crescenti necessità espresse dalla musica? Con quali esiti? Il volume ripercorre la storia architettonica dei quattro edifici proponendosi l’obiettivo di individuare, in momenti particolarmente significativi delle loro vicende costruttive, i segni lasciati dalla musica sull’architettura.