Skira editore, Milano, 2010 – Fondazione Giorgio Cini

La vetreria M.V.M. Cappellin e il giovane Carlo Scarpa. 1925-1931

Prosegue con questo nuovo titolo la serie “Le Stanze del Vetro”, il progetto per lo studio e la valorizzazione dell’arte vetraria veneziana del Novecento nato dalla collaborazione tra Fondazione Cini e Pentagram Stiftung.
Questo volume che accompagna la mostra autunnale veneziana è dedicato alla storia della vetreria Maestri Vetrai Muranesi Cappellin & C. (che Giacomo Cappellin fondò dopo la chiusura del rapporto con Paolo Venini e con la V.S.M. Cappellin Venini & C.) diventata tra le più importanti vetrerie veneziane grazie anche alla collaborazione con il giovane architetto Carlo Scarpa. La vasta produzione spazia dai vetri trasparenti ai lattimi con oro, dalle paste vitree ai vetri incamiciati, dai vetri a decoro fenicio fino alle figurine, agli animali e alle piante; significative sono inoltre le opere realizzate per l’illuminazione.
Viene documentata l’intera produzione della vetreria Cappellin (attiva dal 1925 al 1931), mettendo soprattutto in evidenza il contributo del grande architetto e designer del vetro Carlo Scarpa, la sua attività durante gli anni Venti e il suo rapporto con le arti. Sono inoltre trattati la produzione e l’attività espositiva della Cappellin a Parigi e negli Stati Uniti, i rapporti instaurati dall’azienda con gli artisti del contesto torinese, con un approfondimento sulla sua singolare produzione di vetrate.
Curato da Marino Barovier, il volume comprende il catalogo della produzione completa di Carlo Scarpa per la vetreria Cappellin e risulta un’opera indispensabile per collezionisti, studiosi e mercanti.

Ettore Sottsass. Il Vetro

“Ho cercato di uscire dall’oggetto quotidiano e ho provato a fare Vetri con la maiuscola. Certo è un atteggiamento pericoloso, perché io non voglio essere artista, tantomeno scultore, ma alla fine gli oggetti che produco sembrano sculture di vetro, eppure non lo sono: sono un misto che non si capisce bene.” Ettore Sottsass, geniale architetto e designer, “fa vetro” a partire dal 1947 e il volume dà conto di quest’ambito specifico della sua creatività: dalla serie degli anni settanta per la vetreria Vistosi ai Memphis degli anni ottanta, alle forme simboliche degli anni novanta e alle mirabolanti costruzioni per la Millennium House del Qatar, fino alle celeberrime Kachina. Per il suo ricco apparato iconografico, il confronto con il disegno e la pittura, l’analisi del contesto culturale e artistico coevo e per la pubblicazione di un regesto che include anche numerosi inediti, questo libro, curato da Luca Massimo Barbero, costituisce il primo studio scientifico sulla produzione di vetri e cristalli di Ettore Sottsass. Ettore Sottsass jr (1917-2007) nasce ad Innsbruck, trascorre l’infanzia in Trentino e si forma nella Torino degli anni trenta sulle orme del padre architetto, Ettore Sottsass senior (1892-1954). Nel 1939 si diploma al Politecnico coltivando però anche il sogno della pittura, appresa nello studio di Luigi Spazzapan. Nel 1946 si trasferisce a Milano dove esercita come architetto e contemporaneamente collabora con la Triennale, occupandosi degli allestimenti della sezione dell’artigianato. Sottsass porta avanti la carriera di architetto parallelamente a quella di designer, quest’ultima gratificata da prestigiosi riconoscimenti, come il Compasso d’oro per il calcolatore elettronico Elea 9003 (1959) bissato, nel 1970, per Valentine, la prima macchina da scrivere portatile, entrambi prodotti dalla Olivetti. Infaticabile viaggiatore, non smette di visitare l’Europa, l’America e l’Oriente: i suoi viaggi sono sia fonte d’ispirazione che i soggetti di numerose fotografie d’impronta concettuale. Nel 1976 la Biennale di Venezia dedica a Sottsass un’ampia mostra retrospettiva ordinata da Vittorio Gregotti. Gli ultimi anni di vita sono caratterizzati da un’intensa attività espositiva e dalla collaborazione sia con nomi del design industriale che con gallerie di fama.

Vittorio Zecchin. I vetri trasparenti per Cappellin e Venini

Pittore e artista muranese interessato alle arti decorative, soprattutto al vetro, Vittorio Zecchin (1878-1947), secondo una prassi allora inedita a Murano, dal 1921 al 1925 seguì la direzione artistica della vetreria V.S.M. Cappellin Venini & C., fondata nel 1921 dall’antiquario veneziano Giacomo Cappellin e dal neoavvocato milanese Paolo Venini, insieme ad altri soci, con l’intento di proporre una raffinata produzione moderna. In consonanza con le esigenze espresse da Cappellin e Venini, Zecchin ideò soffiati monocromi dalle straordinarie colorazioni e dalle linee classiche ed essenziali. Una simile produzione, che si distingueva nettamente da quella coeva e rispondeva appieno al nuovo gusto del pubblico, segnò una svolta decisiva nel panorama muranese del XX secolo, contribuendo in misura rilevante alla rinascita di questo settore. L’eleganza del disegno, abbinata a cromie suggestive, caratterizzò anche i vetri ideati da Zecchin (tra il 1925 e il 1926) per la M.V.M. Cappellin & C., dove egli operò ancora come direttore artistico dopo la conclusione del sodalizio tra Giacomo Cappellin e Paolo Venini, avvenuta nel 1925. Il volume ricostruisce per la prima volta l’intera produzione di soffiati trasparenti disegnati da Vittorio Zecchin per Cappellin e Venini prima, e per il solo Cappellin poi. Si tratta di una successione di circa 900 modelli (dai vasi alle compostiere, dai servizi da tavola ai lampadari) che sono stati individuati grazie a un rigoroso lavoro di ricerca. Il lavoro di Zecchin è illustrato sia da un ricco apparato fotografico realizzato per l’occasione sia da una rassegna di foto d’epoca e di disegni, perlopiù inediti, provenienti dall’Archivio Storico Venini, Murano, dall’Archivio del Centro Studi Vetro, Fondazione Giorgio Cini, Venezia, e dall’Archivio Zecchin Ramani, Trieste.

Il Vetro degli Architetti. Vienna 1900 – 1937

Dopo “Il vetro finlandese nella Collezione Bischofberger”, “Il Vetro degli Architetti. Vienna 1900-1937”, è la seconda esposizione dedicata agli sviluppi internazionali del vetro nel XX secolo, progetto culturale pluriennale promosso da Fondazione Giorgio Cini e Pentagram Stiftung per lo studio e la valorizzazione dell’arte vetraria nel XX e XXI secolo.

Pubblicato in collaborazione con il MAK Vienna e LE STANZE DEL VETRO in occasione dell’esposizione veneziana, il volume presenta oltre 300 opere provenienti dalla collezione del MAK Austrian Museum of Applied Arts / Contemporary Art di Vienna e da collezioni private e mette a fuoco per la prima volta, la storia della lavorazione del vetro in Austria tra il 1900 e il 1937: un periodo compreso tra gli ultimi decenni dell’Impero Austro-Ungarico e la Prima Repubblica.
A cavallo del 1900, un gruppo di giovani architetti e designer, allievi delle accademie e delle scuole di architettura, svilupparono infatti uno speciale interesse per la lavorazione del vetro. Protagonisti del Modernismo Viennese, come Josef Hoffmann (1870-1956), Koloman Moser (1868-1918), Joseph Maria Olbrich (1867-1908), Leopold Bauer  (1872-1938), Otto Prutscher (1880-1949), Oskar Strnad (1879-1935), Oswald Haerdtl (1899-1959) e Adolf Loos (1870-1933), oggi famosi in tutto il mondo, aprirono la strada ai primi pioneristici sviluppi nella produzione vetraria, lavorando vicino alle fornaci con l’obiettivo di comprenderne a fondo il materiale. La collaborazione tra architetti e designer e l’integrazione di queste innovazioni nella produzione, crearono lo stile del Vetro Viennese, che venne presentato all’interno di nuovi progetti come la “Wiener Werkstätte” o il “Werkbund”.
Curato da Rainald Franz, Curatore, MAK Glass and Ceramics Collection, Vienna, il volume riunisce i testi di Rainald Franz, Pasquale Gagliardi, Valerio Terraroli, Christoph Thun-Hohenstein, Andreas Vass.

Paolo Venini e la sua fornace

Protagonista del vetro muranese del Novecento, Paolo Venini (1895–1959) con la sua appassionata attività, svolta nell’arco di quasi un quarantennio, ha contribuito in modo determinante alla vitalità dell’arte del fuoco, conseguendo risultati straordinari riconosciuti anche in ambito internazionale.

Milanese, già socio della Cappellin Venini, nel 1925 fondò la vetreria V.S.M. Venini & C. avendo soci come Napoleone Martinuzzi e Francesco Zecchin, dai quali si separò nel 1932. Divenuto presidente della società, egli operò instancabilmente come grande regista e direttore della Venini fino alla sua scomparsa, avvenuta nel 1959. Nella definizione del catalogo della vetreria, egli intervenne anche come ideatore di nuove serie di vetri a metà degli anni trenta, ma in particolare nel corso degli anni cinquanta.
Il volume, frutto di un’approfondita ricerca basata in prevalenza su materiale inedito proveniente dall’archivio storico Venini, illustra soprattutto quest’aspetto della sua attività attraverso la successione di circa trecento modelli. Per la maggior parte di essi Paolo Venini ricorse alle tecniche tradizionali muranesi di cui diede una raffinata e innovativa interpretazione grazie alla quale nacquero le serie Zanfirico reticello, Mosaico zanfirico, Mosaico multicolore ecc. e i coloratissimi vetri a murrine. Significativa fu inoltre l’influenza del design nordico che venne rivisitato in chiave muranese. Il volume documenta inoltre l’intervento degli autori che collaborarono con lui in maniera episodica tra gli anni trenta e gli anni cinquanta, chiamati dallo stesso Venini o giunti in maniera autonoma perché interessati al vetro e/o alla qualità del lavoro della fornace. Duecentocinquanta vetri narrano la collaborazione della ceramista svedese Tyra Lundgren, di Gio Ponti, di Piero Fornasetti, dei pittori Eugène Berman e Riccardo Licata, ma anche degli americani Ken Scott e Charles Lin Tissot. Ad essi si aggiunsero gli architetti Massimo Vignelli e Tobia Scarpa e la designer norvegese Grete Korsmo.

Tomaso Buzzi alla Venini

Vivace protagonista del “neoclassicismo” milanese, amico e collaboratore di Gio Ponti, e socio de Il Labirinto – insieme, tra gli altri, allo stesso Ponti e a Paolo Venini – Tomaso Buzzi tra il 1932 e il 1933 instaura una fruttuosa collaborazione con la vetreria muranese, alla quale si rivolge episodicamente anche negli anni successivi. Il volume ricostruisce l’intera opera vetraria dell’architetto, che risultava fino ad oggi piuttosto lacunosa e di cui erano noti solo alcuni esemplari. Grazie ad un’accurata ricerca documentaria, si e messo in luce il contesto nel quale egli si e trovato ad operare ed e stato evidenziato il suo originale apporto creativo tanto nelle forme dei modelli quanto nella loro significativa tecnica di realizzazione. Egli infatti propose oggetti spesso ispirati all’arte antica e ideo un tipo di vetro opaco a piu strati di colore, rifinito da foglia d’oro, che a seconda della tonalità diede vita ai vetri laguna, alba, alga e tramonto. Il catalogo presenta una rassegna di oltre trecento modelli che spazia dai vasi agli apparecchi per l’illuminazione prodotti dalla vetreria, ma comprende anche i progetti di Buzzi eseguiti per specifiche committenze e le proposte non realizzate. Il lavoro dell’architetto e documentato da un ricco apparato di foto storiche, ma soprattutto di disegni inediti provenienti dall’archivio storico Venini, e da quelli, altrettanto inediti, conservati presso l’archivio Buzzi alla Scarzuola (Montegabbione), che raccontano una grande passione.

 

Fulvio Bianconi alla Venini

Grafico, illustratore e designer, Fulvio Bianconi (Padova, 1915 – Milano, 1996) dal primo dopoguerra frequenta la vetreria di Paolo Venini con cui instaura una significativa collaborazione che, protrattasi per buona parte degli anni cinquanta, porta alla nascita di straordinarie serie di coloratissimi vetri muranesi che riassumono in sé l’entusiasmo del decennio segnando il gusto di un’epoca. Negli anni sessanta e ottanta-novanta, seppur episodicamente, l’artista rinnoverà il suo rapporto con la fornace disegnando altre piccole serie. Il volume, frutto di un’approfondita ricerca basata prevalentemente su materiale inedito proveniente dall’Archivio Storico Venini, ripercorre questa entusiasmante esperienza vissuta da Bianconi illustrando l’intera produzione ideata per la celebre vetreria. Si tratta di circa cinquecento modelli che comprendono vasi e coppe dalle forme originali e dall’esuberante, ma ricercato, tessuto vitreo policromo (pezzati, scozzesi, a fasce ecc.). Vi sono poi divertenti animali, ma anche un numero rilevante (centottanta circa) di briose e ironiche figurine di vetro spesso ispirate con libertà ad alcuni tipi della Commedia dell’arte come Arlecchino e Pulcinella, ma anche ai costumi regionali e a quelli d’epoca e altri, che raccontano dell’estrosa creatività di questo versatile e fecondo artista.

I Santillana Opere di Laura de Santillana e Alessandro Diaz de Santillana

Questo capitolo de Le Stanze del Vetro sperimenta un nuovo modello narrativo: quel- lo del dialogo e del confronto tra le diverse poetiche di due artisti. I Santillana, infatti, esplora il duplice universo dei fratelli Laura de Santillana e Alessandro Diaz de Santillana, discendenti di una mitica dinastia vetraria, formati nel solco del padre, Ludovico Diaz de Santillana, e del nonno, Paolo Venini. Pubblicato in occasione dell’esposizione veneziana, il volume presenta un centinaio di lavori, com- prendenti sculture, opere e oggetti in vetro, realizzati dai due artisti a partire dagli anni Ottanta a oggi, insieme a un corpus di nuovi lavori appositamente pensati e realizzati per l’esposizione veneziana.

Opere che non sono il risultato di un lavoro a quattro mani, ma al contrario indagano singolarmente il linguag- gio, diverso ma intrecciato, dei due artisti, entrambi legati a un percorso artistico autonomo ma con una storia familiare e biografica comune. Il volume riunisce i contributi critici di Pasquale Gagliardi (Segretario Gene- rale della Fondazione Giorgio Cini), Martin Bethenod (Direttore della François Pinault Foundation) e Peter Murray (Direttore dello Yorkshire Sculpture Park), una conversazione di Bethenod con Alessandro Diaz de Santilla- na e Laura de Santillana, il catalogo delle opere, corredato dalle fotografie dell’allestimento della mostra, e le biografie dei due artisti.

 

Fragile?

Il catalogo presenta opere di artisti internazionali, tra i più interessanti del nostro tempo, che hanno utilizzato anche il vetro come medium della loro poetica – da Marcel Duchamp e Joseph Beuys, fino a Ai Weiwei, Damien Hirst, Giovanni Anselmo e Jannis Kounellis, solo per citarne alcuni – e rientra nel progetto LE STANZE DEL VETRO, iniziativa congiunta di Fondazione Giorgio Cini e Pentagram Stiftung

Nel particolare contesto della produzione vetraia veneziana e della tradizione artigianale che la caratterizza, la mostra “Fragile?” prende in considerazione un altro aspetto, altrettanto rilevante, dell’utilizzo del vetro nelle arti visive del secolo scorso e di quello appena iniziato: l’impiego del vetro come oggetto trovato, come materiale dalle particolari qualità metaforiche e linguistiche. Anziché la precisione o l’originalità del disegno del manufatto, entrano in gioco il potenziale simbolico della trasparenza, della fragilità e della resistenza (Fragile?), dell’imprecisione e della levigatezza, nella costruzione di una situazione che attinge volontariamente dall&esperienza della realtà quotidiana e del linguaggio artistico contemporaneo.