I Dialoghi di San Giorgio. Martìri. Testimonianze di fede, culture della morte, nuove forme di azione politica.
L’edizione 2006 dei Dialoghi di San Giorgio, il tradizionale appuntamento di riflessione e approfondimento su temi rilevanti per la società contemporanea che riunisce sull’Isola di San Giorgio Maggiore grandi intellettuali provenienti da tutto il mondo, si svolgerà a Venezia dal 13 al 15 settembre.
La scelta del tema ha preso le mosse da una riflessione sul martirio nella sua accezione etimologica generale di ‘sacrificio di sé come testimonianza di un ideale’.
Il martirio è un fenomeno universale, che attraversa le culture e la storia dell’uomo, e che trova nel suo carattere ‘dichiarativo’ ciò che fondamentalmente lo distingue dal sacrificio. Certamente, esso può
essere considerato un archetipo della civiltà occidentale, che riconosce in Prometeo uno dei propri miti fondativi e annovera la croce tra i suoi simboli più diffusi.
Per molto tempo, il martirio è parso sparire dal nostro orizzonte fenomenologico, come se non vi fosse più spazio per esso in una società progressivamente secolarizzata. Pur essendo stato il novecento un secolo di martiri – nella accezione tradizionale di persone che subiscono e accettano consapevolmente la sofferenza e la morte per testimoniare una fede – il fenomeno è stato ignorato o negletto, come se una incrollabile cultura della vita comportasse inevitabilmente la negazione del valore della sofferenza e della morte.
L’irruzione nella società globalizzata dei ‘nuovi martiri’, che incarnano una visione offensiva della testimonianza dandosi spontaneamente la morte e arrecandola agli altri, sfida credenze sul valore della vita umana che parevano profondamente radicate e ampiamente condivise, e solleva con forza interrogativi ineludibili, giacché il fenomeno ci appare, allo stesso tempo, e con una evidenza straordinariamente dilatata dai mezzi di comunicazione di massa, in tutta la sua potenza e in tutto il suo mistero.
In che misura un’analisi semantica può orientare il nostro sforzo di distinguere e capire le diverse forme di martirio? Fino a che punto la declinazione moderna del martirio deriva da una nuova irruzione della
religione nella vita civile? Quale relazione esiste tra testimonianza religiosa e vocazione politica? Che cosa accomuna, sotto questo profilo, il martire ‘tradizionale’ – che continua la sua marcia silenziosa anche nel mondo d’oggi, e sembra disinteressato alla visibilità del suo gesto – e il martire ‘moderno’, che ostenta il suo gesto e ne moltiplica l’efficacia comunicativa attraverso l’esposizione mediatica?
Quali meccanismi rendono accettabili il suicidio e l’assassinio come forme ‘civili’ (legittime e meritorie) di violenza? Può il martirio nelle sue nuove forme essere considerato e utilizzato come un ‘analizzatore’,
in grado di svelarci i meccanismi di funzionamento della società globalizzata post-moderna? Quale ‘discorso’ il martire affida al proprio corpo torturato e ucciso? Possono artisti e poeti aiutarci a decifrare questo discorso? Quale ruolo svolge il rito del martirio, nelle sue diverse forme, nella economia simbolica delle nostre diverse civiltà?
Tali questioni non saranno lasciate solo agli specialisti, ma verranno affrontate con un approccio squisitamente interdisciplinare, grazie al coinvolgimento di politologi ed esperti di questioni religiose, sociologi, filosofi, storici, antropologi, artisti e letterati.
A questa iniziativa oltre all’islamista Gilles Kepel e al filosofo della politica Bruno Karsenti, che hanno contribuito all’ideazione, parteciperanno l’induista Charles Malamoud, l’antropologa delle religioni Elisabeth Claverie, i politologi Bernard Yack, David Laitin, Robert Pape e Ian Shapiro, la storica della civiltà arabo islamica Anna Bozzo e lo storico delle religioni Giovanni Filoramo.
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