Isola di San Giorgio Maggiore, Venezia – Pagina 25 – Fondazione Giorgio Cini

Seminari Reset-Dialogue on Civilizations Fountainheads of Toleration. Forms of Pluralism in Empires, Republics, Democracies

Si apre a Venezia l’edizione 2018 dei Venice Seminars, i dialoghi filosofici Est-Ovest svoltisi per un decennio a Istanbul. L’incontro internazionale si terrà dal 7 al 9 giugno a Venezia: le giornate del 7 e del 9 giugno in Fondazione Cini, Isola di San Giorgio, la giornata dell’8 giugno in Auditorium Santa Margherita dell’Università Ca’ Foscari. L’evento è organizzato dall’Associazione Internazionale Reset-Dialogues on Civilizations e dal Center for the Humanities and Social Change dell’Università Ca’ Foscari, in partnership con la Fondazione Cini. I seminari, che si svolgeranno in lingua inglese, sono gratuiti e aperti a tutti, previa registrazione sul sito www.resetdoc.org

Titolo di quest’anno “Fountainheads of Toleration. Forms of Pluralism in Empires, Republics, Democracies”, per esplorare le fonti della tolleranza nelle diverse tradizioni culturali e religiose, in contesti secolari, liberali e confessionali riconducibili tanto alle macro regioni storiche del mondo (l’Occidente e l’Oriente), quanto alla storia del pensiero Cristiano, Ebraico, Islamico, Buddista, Confuciano e Induista. Per ogni tradizione filosofica, teologica e politica, all’interno del quadro della storia delle idee, e prendendo spunto dal pensiero degli intellettuali di riferimento, i Seminari analizzeranno i punti di svolta e i momenti critici che hanno condotto a una scelta tra una prospettiva esclusiva, estremista e fondamentalista, da un lato, e una visione inclusiva, pluralista e tollerante, dall’altro. Quali sono le sorgenti e le giunzioni della storia delle idee che hanno aperto la strada all’integrazione e al pluralismo culturale? Quali tra questi punti di svolta possono offrire una via d’uscita dalle contemporanee tendenze all’intolleranza, che sgorgano dalle identità culturali e religiose?

Diversi gli autori internazionali chiamati a discutere su questi temi: Cengiz Aktar, Giuliano Amato, Karen Barkey, Shaul Bassi, Seyla Benhabib, Homi Bhabha, Jacqueline Bhabha, Enrico Biale, Murat Borovalı, Giancarlo Bosetti, Alessandra Bucossi, Marina Calloni, José Casanova, Alessandro Ferrara, Pasquale Ferrara, Pasquale Gagliardi, Simon Goldhill, Ahmet İnsel, Volker Kaul, Jonathan Laurence, Tiziana Lippiello, Stephen Macedo, Liav Orgad, David Rasmussen, Massimo Raveri, Antonio Rigopoulos, Tatjana Sekulić, Federico Squarcini, Nayla Tabbara, Francesca Tarocco, Diego von Vacano, Pei Wang, Ogan Yumlu, Ida Zilio Grandi.

Il Programma è disponibile sul sito www.resetdoc.org

Per partecipare ai seminari è possibile registrarsi online sul sito.

Per informazioni scrivere a events@resetdoc.org

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Registration

The Seminars are free and open to All.

Registration is required:

FOR STUDENTS AND YOUNG SCHOLARS: To register for only the Seminars (7-9 June)please click here

FOR VISITORS: Please, in order to register click here

For more information send an e-mail to events@resetdoc.org

Caribbean Concerts Spirituels. French-colonial music 1750-1780

Seminari di Musica Antica Egida Sartori e Laura Alvini
Direttore: Pedro Memelsdorff

La Fondazione Giorgio Cini e le Fondazioni Concordance, Irma Merk e L.+Th. La Roche offrono delle borse di studio a cantanti solisti esperti nel repertorio barocco per partecipare ai prossimi due appuntamenti dei Seminari di Musica Antica Egida Sartori e Laura Alvini:

Caribbean Concerts Spirituels. French-colonial music (1750-1780)
Fondazione Giorgio Cini, Venezia
26-30 novembre 2018
Domande di partecipazione entro: 15 luglio 2018

Minette, Caribbean Galathée
Fondazione Giorgio Cini, Venezia
Data da destinarsi, Febbraio 2019
Bando per borse di studio in uscita in ottobre 2018

La tematica ruota attorno a un momento eccezionale della storia della musica europea e francese in particolare: la diffusione nelle colonie mesoamericane (in questo caso le Antille francesi), con la loro struttura socio-economica basata sullo schiavismo e lo scontro-incontro culturale tra le élite di coloni europei e le culture locali e soprattutto africane, dei repertori della madrepatria e la loro reciproca ibridazione.
Partendo dai Caraibi francesi e, in particolare, dal contesto sociologico di Saint-Domingue (l’odierna Haiti) della seconda metà del Settecento, i due seminari tematizzeranno, prima, la musica religiosa della colonia ‒ caratterizzata dall’egemonia europea e dall’evangelizzazione degli schiavi ‒ e, poi, la figura di Minette (Louise Alexandrine Elisabeth), la prima cantante di colore ad esibirsi in ruoli protagonistici
nella storia dell’opera francese, nata a Saint-Domingue nel 1767. [1]

Colonizzata gradualmente nel XVII secolo, la parte occidentale dell’Isola caraibica chiamata Hispaniola divenne la francese Saint-Domingue nel 1697, e in qualche decennio si trasformò nella più ricca produttrice di indaco, caffè e infine canna da zucchero della regione. Alla fine del XVIII secolo, circa la metà del caffè e dello zucchero consumato nella Francia continentale proveniva da Saint-Domingue, e quasi un terzo del prodotto lordo francese era legato al commercio nella colonia.

Com’è noto, la sua struttura socio-economica era completamente basata sul lavoro degli schiavi catturati nelle regioni subsahariane – individuabili negli attuali stati di Angola, Benin, Ghana, Guinea, Costa d’Avorio, Liberia, Mali, Nigeria, Senegal, Sierra Leone, Togo – e perfino dal Mozambico, nell’Africa orientale.
Storici dell’epoca come Moreau de Saint-Méry e viaggiatori come Girod-Chantrans, Isert o Wimpffen hanno descritto in dettaglio la società di Saint-Domingue, segnata da conflitti etnici, sociali ed economici tra i pochi indigeni americani sopravvissuti allo sterminio da parte degli Spagnoli e soprattutto tra europei e africani, il cui incrocio di razze venne regolato dal Code noir francese sin dal 1685. Consentiti sino agli anni Venti del Settecento, i matrimoni misti furono da allora ufficialmente banditi, ma in larga misura tollerati ‒ seppure un’infinità di restrizioni era imposta ai discendenti di razza mista. Queste includevano la privazione della personalità giuridica, l’impossibilità di accedere ai ranghi della pubblica amministrazione e l’esclusione dall’educazione superiore, così che implicitamente ai non-bianchi erano precluse anche le libere professioni.  Tra i divieti, infine, si trova anche la frequentazione di sale per spettacoli pubblici, come i teatri o istituzioni simili, di cui perlomeno otto erano attivi a Saint-Domingue tra il 1760 e il 1780.

Sulle basi di precedenti ricerche ad opera di Adolphe Cabon e Jean Fouchard, lo storico e musicologo locale Bernard Camier ricorda che questi teatri totalizzavano circa tremila ottocento posti a sedere (uno ogni quindici potenziali spettatori, e cioè membri dell’élite mista di coloni bianchi e mulatti affrancati), il che equivale, proporzionalmente, a tre volte la disponibilità dei teatri parigini dell’epoca. Tra il 1764 e il 1791 furono eseguiti a Saint-Domingue più di ottomila concerti in stile europeo, incluse milleduecento opere o commedie arrivate dalla Francia e arrangiate per l’uso locale. Saint-Domingue, in breve, fu a quell’epoca uno dei maggiori centri operistici del mondo (“occidentale”), certamente il più grande delle Americhe. La sua influenza nell’opera e nel teatro dei Caraibi e del Nord America delle generazioni future può difficilmente essere esagerata.

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[accordion_entry title=”Seminario novembre 2018: Caribbean Concerts Spirituels”]

Il bando di concorso per la partecipazione al primo dei due seminari, che avrà luogo dal 26 al 30 novembre 2018, e la scadenza per l’accettazione delle candidature è il 15 luglio del 2018. Si rivolge a un gruppo di cantanti solisti di ogni registro, guidati dal soprano-specialista Sophie Daneman e da Pedro Memelsdorff.

Intitolato Caribbean Concert Spirituels. French-colonial music (1750-1780), il primo seminario verrà dedicato alla musica religiosa della regione caraibica, e in particolare a due distinti repertori: i Concerts Spirituels offerti per le élites della colonia nel periodo 1750-80, e una cosiddetta Messe en cantiques à l’usage des nègres.

Per il primo repertorio verrà esaminato un manoscritto, ora conservato alla Historic New Orleans Collection, copiato a Parigi nel 1736 e donato nel 1754 alle suore Orsoline della Nouvelle-Orléans. Contiene 294 contrafacta, ossia brani profani di celebri compositori francesi dell’epoca – quali Couperin, Campra o Clérambault – da cantarsi su nuovi testi di tipo religioso. Repertori simili, se forse non uguali, erano diffusi nelle altre colonie francesi della regione, che riprendevano la tradizione francese dei Concerts Spirituels, cioè concerti pubblici a contenuto devozionale eseguiti fondamentalmente in occasione delle grandi feste liturgiche.

Il secondo repertorio si occuperà di ricreare la messa, composta ‒ o meglio assemblata ‒ attorno al 1760, probabilmente da gesuiti, per gli schiavi delle piantagioni della Guyana francese. Scoperta da studiosi locali nel 1980, erano da allora rimasti da identificare più di metà dei modelli musicali (fredons) associati ai testi liturgici, ciascuno indicato da un timbre (titolo o primo verso di un brano musicale noto). Si discuteranno quindi sia le già note fonti del testo poetico della Messe en cantiques à l’usage des nègres, sia le recenti identificazioni di quasi tutti i modelli musicali su cui esso veniva cantato.[2] Composta in lingua francese, la messa ‘contraffatta‘ contiene diversi tropi (‘commenti’ interpolati nel testo liturgico) che tematizzano la sofferenza terrena e l’autorità.

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[accordion_entry title=”Seminario febbraio 2019: Minette, Caribbean Galathée”]

Un secondo seminario, che si terrà in un secondo momento sempre alla Fondazione Giorgio Cini (febbraio-marzo 2019), verrà dedicato ai repertori operistici della colonia franco-caraibica di Saint-Domingue, e in particolare alla carriera della prima cantante solista di colore – nipote di una schiava affrancata –, il cui nome d’arte era Minette. Dopo il suo debutto teatrale nel febbraio del 1781, Minette incarnò i ruoli protagonisti di oltre quaranta tra opere, melodrammi e commedie francesi, fondando una sorta di mito – ma anche provocando una forte controversia sociale registrata dai periodici locali dell’epoca.

Tra i repertori eseguiti da Minette si annoverano intonazioni di libretti (o loro parafrasi), tra gli altri, di Voltaire e Rousseau, che tematizzano le differenze razziali e la schiavitù ‒ e quindi inevitabilmente l’emancipazione ‒ particolare che conferisce speciale interesse all’aspetto sociologico del progetto. Si tratta cioè di un’acclamata artista di colore – mai remunerata per le proprie mansioni date le sue origini schiave – che, sfidando la critica tradizionalista, infiamma l’élite mista dei suoi spettatori che vede in lei il simbolo ambito e temuto dell’ibridazione razziale. Non solo: che cantando e recitando commedie come L’amant statue di Nicolas Dalayrac o L’amoureux de quinze ans di Jean Martini e, soprattutto, il Pygmalion di Jean-Jacques Rousseau, volente o nolente dà voce a un dialogo interrazziale che doveva colpire il pubblico ’haitiano’ settecentesco non meno di un ascoltatore odierno.

Il Pygmalion ‒ si ricordi ‒ tematizza sia l’autonomia dell’opera d’arte dal suo autore, sia l’animazione della statua Galathée, che nella versione di Minette non poteva non venire associata a quella della stessa protagonista, ‘ex-schiava’ e di colore. E nell’Amant statue di Dalayrac il dialogo sull’animazione di un (falso) automa musicale, non poteva non diventare allusivo dell’animazione del flautista schiavo che accompagnava la scena dall’orchestra.

In sintesi, protagonista del primo blind-casting della storia, Minette doveva catalizzare le ambizioni e le paure di una società che forse soprattutto (o addirittura solo) in teatro esplorava il vertiginoso spazio liminare tra libertà e schiavitù.

Il seminario si rivolge a cantanti solisti di ogni registro e in particolare haut-contres (o tenorini) e soprani di coloratura di grande agilità. I borsisti verranno guidati da docenti di massimo livello e assistiti da specialisti del repertorio francese tardo-barocco e galante.

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[1] Bibliografia aggiornata in Pedro Memelsdorff, “L’amant statue. Staging slavery in pre-revolutionary Haiti”, relazione presentata ai convegni Third Singapore Heritage Science Conference: The Treasure of Human Experiences, Singapore, Nanyang Technological University, 25-26 Gennaio 2016; Music in the Mediterranean Diaspora, Firenze, Villa I Tatti, The Harvard University Center for Italian Renaissance Studies, 18-19 maggio 2017;  Race and Empire in Global Music History, 1500-1800, University of Pittsburgh, 30-31 marzo 2018. Testo in corso di pubblicazione per I Tatti Studies in the Italian Renaissance.

 

[2] Pedro Memelsdorff, “New light on the Messe en cantiques à l’usage des nègres”, pubblicazione in preparazione.

Per un archivio fotografico dell’arte italiana. Vittorio Cini, la Fondazione Giorgio Cini e la Fratelli Alinari

Grazie al lavoro di riordino, studio e catalogazione della ricchissima documentazione fotografica conservata presso la Fototeca – attività che già da diversi anni impegna lo staff dell’Istituto di Storia dell’Arte e che ha ricevuto un nuovo impulso con l’avvio del progetto Replica, condotto dal laboratorio di Digital Humanities dell’École polytechnique fédérale de Lausanne in collaborazione con la Fondazione Cini –  è oggi finalmente possibile meglio indagare e conoscere il valore e l’esatta natura di quest’immenso patrimonio documentario. Esso è costituito, da un lato, dalle raccolte fotografiche pervenute nel tempo all’Istituto e appartenute a importanti storici dell’arte, fotografi, antiquari ecc., dall’altro, dall’altrettanto cospicuo numero di fotografie che sono il prodotto di specifiche campagne, delle relazioni di scambio con musei,  soprintendenze e altre istituzioni culturali, di acquisti presso ditte fotografiche, nonché, in modo assai rilevante per numero e importanza delle immagini, dei rapporti intercorsi per alcuni decenni tra Vittorio Cini, e la stessa Fondazione Giorgio Cini poi, e la società Alinari. Tale relazione con Alinari ha offerto l’occasione, fino al 1970, di arricchire in modo assai significativo il già considerevole patrimonio documentario della Fototeca, grazie all’arrivo non solo delle foto Alinari ma anche delle immagini realizzate dalle ditte acquisite nel corso degli anni dalla società Alinari stessa, come Brogi, Anderson, Chaufourier e Fiorentini. La giornata di studi organizzata dell’Istituto di Storia dell’Arte, con la collaborazione della Fondazione Alinari (Fratelli Alinari. Fondazione per la storia della Fotografia), intende proprio indagare e porre l’attenzione su questo stretto legame che ha inizio nel 1934 quando Vittorio Cini, detenendo personalmente e attraverso le società collegate la quasi totalità delle azioni della ditta fiorentina, diventa proprietario e ‘dominus’ di Alinari, e che trova poi naturale sviluppo negli anni sessanta con il passaggio della società alla Fondazione Giorgio Cini, la quale, attraverso il proprio Istituto di Storia dell’Arte, detterà per un decennio gli indirizzi delle nuove campagne fotografiche. Elemento quest’ultimo di non secondaria importanza, che sarà approfondito anche ripercorrendo la storia della Fototeca, dalle sue origini all’acquisizione delle importanti raccolte fotografiche che ne hanno fin da subito determinato la specifica fisionomia (si pensi alle fototeche personali di Raymond Van Marle, Giuseppe Fiocco, Rodolfo Pallucchini o a quella del fotografo fiorentino Nicolò Cipriani).

Scarica il programma


 

L’attività è riconosciuta dall’Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto, in seguito alla stipula del protocollo d’intesa (articolo 4), datato 8 marzo 2017.

Vatican Chapels. Padiglione della Santa Sede alla 16. Mostra Internazionale di Architettura

Vatican Chapels alla Fondazione Cini,
un’indagine sui luoghi della spiritualità contemporanea

Il progetto si pone in continuità con una delle missioni principali della Fondazione: stimolare la riflessione e il dialogo comparativo sulle diverse religioni e tradizioni spirituali. 

Il parco dell’isola di San Giorgio sarà accessibile a tutta la cittadinanza. 

La Fondazione Giorgio Cini ospita nel parco dell’isola di San Giorgio Maggiore a Venezia Vatican Chapels, il primo Padiglione della Santa Sede alla Biennale Esposizione Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia. Uno spazio di circa un ettaro e mezzo che accoglie 10 cappelle realizzate da 10 architetti internazionali. Un luogo sospeso nella laguna, tra acqua, cielo e terra, ideale per ospitare un padiglione votato alla riflessione e all’esperienza spirituale, perfettamente coerente con la storia e la missione della nostra Istituzione.

 

Scarica qui la rassegna stampa “Vatican Chapels”- prima parte

Scarica qui la rassegna stampa “Vatican Chapels” – seconda parte


Commissario: Cardinale Gianfranco Ravasi
Curatori: Francesco Dal Co, Micol Forti
Espositori: Andrew Berman, Francesco Cellini, Javier Corvalan, Eva Prats e Ricardo Flores, Norman Foster, Teronobu Fujimori, Sean Godsell, Carla Juacaba, Smiljan Radic, Eduardo Souto de Moura, Francesco Magnani e Traudy Pelzel.

 

La Santa Sede partecipa per la prima volta alla Biennale di Architettura di Venezia con un padiglione di dieci cappelle costruite nel parco dell’isola di San Giorgio Maggiore da altrettanti architetti provenienti da tutto il mondo.

Promosso dal Cardinale Gianfranco Ravasi, coordinato dal Pontificio Consiglio per la Cultura, curato dal Prof. Francesco Dal Co e della Dott.ssa Micol Forti, il progetto è ispirato alla Cappella del bosco di Gunnar Asplund costruita nel 1920 nel cimitero di Stoccolma.

Dieci architetti di comprovata esperienza e diversa formazione hanno proposto e realizzato altrettante cappelle, indagando le possibilità offerte dai differenti materiali. Nella progettazione e realizzazione delle strutture è stata prestata particolare attenzione anche alla possibilità di riutilizzare le cappelle dopo l’esposizione, nella tutela e nel rispetto dello spazio naturale circostante.

 

Provenienti da Italia, Spagna, Portogallo, Gran Bretagna, USA, Australia, Brasile, Giappone, Cile/Serbia e Paraguay, gli architetti si sono confrontati con una nuova tipologia edilizia: le cappelle, infatti, sono di solito identificate come parte di un più vasto spazio religioso e ambiente di culto, come una chiesa o cattedrale, mentre qui le cappelle saranno isolate e collocate in un ambiente naturale e astratto – il bosco – metafora del peregrinare della vita.

Progetto realizzato in collaborazione con la Fondazione Giorgio Cini.

Per maggiori informazioni: www.labiennale.org/it/architettura/2018

 

 


 

Edward Gordon Craig e il “Drama for Fools”

L’Istituto per il Teatro e il Melodramma, in collaborazione con l’Università degli Studi di Padova, il giorno 8 maggio ore 15 ospita la conferenza Edward Gordon Craig e il “Drama for Fools”, a cura del professor Didier Plassard, dedicata a Drama for Fools, il ciclo di commedie per marionette di Edward Gordon Craig.
Composto dal regista inglese nel corso della Prima guerra mondiale, questo grande progetto fuori dalla norma prevedeva un totale di 365 episodi; rimasto incompiuto, è stato recentemente pubblicato e portato alla luce nell’edizione bilingue curata dallo stesso Plassard (Edward Gordon Craig, Drama for Fools / Théâtre des fous, a cura di Didier Plassard con Marion Chénetier-Alev e Marc Duvillier, IIM / L’Entretemps, 2012). Si tratta di un capolavoro di comicità, accompagnato da bellissimi disegni, che rivela un lato nascosto, ironico e farsesco, del padre della regia teatrale contemporanea.

Didier Plassard è professore in studi teatrali presso l’Università Paul Valéry – Montpellier 3. Studioso di teatro moderno e contemporaneo, è specializzato in teatro di figura e nuove tecnologie applicate alla scena contemporanea.


Nell’immagine  “Edward Gordon Craig, illustrazione per il Drama for Fools, 1915 ca”

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Il performer e la semantica del gesto

Venezia, Fondazione Giorgio Cini – Salone degli Arazzi
8-10 maggio 2018

IL PERFORMER E LA SEMANTICA DEL GESTO.

Ambiente integrato di analisi del movimento e dei feedback emozionali

 Dall’8 al 10 maggio 2018, l’Istituto per il Teatro e il Melodramma, in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari e nell’ambito del progetto Teatro, ricerca, innovazione. La scena digitale, finanziato dalla Regione del Veneto, realizza con l’azienda see-d un seminario di ricerca volto all’analisi semantica e alla sonificazione del movimento del performer, in relazione ai feedback emozionali provenienti dal performer stesso e da un campione di pubblico.

Il progetto si propone di mappare il movimento dei performer attraverso la costruzione di un ambiente integrato di motion capture e sensori biometrici, creando un avatar digitale che possa muoversi attraverso modelli ‘semantici’ di movimento – inclusivi della componente gestuale ed emozionale – generati da attori di commedia dell’arte, danzatori contemporanei ed esponenti di discipline sportive. Una particolare attenzione sarà, inoltre, dedicata ai processi di sonificazione semantica del gesto, con la creazione di una partitura sonora generata dallo stesso movimento degli interpreti.

Lavoreranno alla creazione Ugo Padulosi (Eurotech Group), Lorenzo Pagliei (Conservatorio di Vicenza, Ircam di Parigi), Luca Richelli (Conservatorio di Vicenza, SaMPL – Sound and Music Processing Lab di Padova), Davide Tiso (Conservatorio di Vicenza, see-d di Venezia), con la partecipazione dell’attore Titino Carrara, delle danzatrici Tiziana Bolfe Briaschi, Camilla Monga e Chiara Vittadello, dei maestri di Tai Chi e di tennis Riccardo Belli e Sven Jurmic.

Giovedì 10 maggio alle ore 18.00, presso il Salone degli Arazzi della Fondazione Giorgio Cini, sarà realizzata una dimostrazione finale aperta al pubblico, come esito dei lavori e delle sperimentazioni che hanno avuto luogo nel corso delle tre giornate laboratoriali. L’ingresso è libero fino a esaurimento dei posti disponibili.

 

Luoghi per la cultura; cultura per i luoghi

Il seminario su Luoghi per la cultura; cultura per i luoghi sarà – almeno nelle intenzioni dell’Istituto per la  Storia della Società e dello Stato Veneziano – un’occasione stimolante per una riflessione intendente sull’interagire tra il contenitore ed il contenuto, tra l’ambiente e quel che vi si pensa, vi si dice, vi si scrive. In altre parole, per esemplificare, scegliendo tra i casi veneti, vengono in mente la dimora di Petrarca  ad Arquà, il giardino asolano del dialogo di Bembo sull’amore, il Palazzo Ducale sede del comando ed espressione della supremazia di stato, il patavino orto botanico via via tramutato dalla funzione ausiliaria di laboratorio farmaceutico a referente imprescindibile per la botanica intesa come disciplina autonoma.

Scarica il programma del SEMINARIO 2018

Research-led Performance: Flute and Guitar in Twentieth Century Music

Questa iniziativa rappresenta un nuovo capitolo della serie Research-led Performance con cui l’Istituto per la Musica interviene in modo attivo nella vita musicale, mettendo in moto una dialettica tra ricerca d’archivio e interpretazione musicale. Da un lato la pratica esecutiva si consolida grazie alle acquisizioni della ricerca archivistica e dell’approfondimento teorico; dall’altro lato l’indagine scientifica si avvale dell’esperienza di esecuzione e ascolto per verificare, affinare o ridefinire il proprio percorso. Dalla congiunzione di queste attività si genera una modalità di ricerca nuova e dinamica. Il workshop è la prima tappa di un progetto triennale che è stato concordato con il Forschungsrat della Hochschule der Künste Bern. Al centro dei lavori staranno opere di Castiglioni, Manzoni, Oppo, Romitelli e Togni.

Sono previste borse di studio per 24 giovani strumentisti: 8 della Hochschule der Künste, 8 del Conservatorio di Venezia e 8 selezionati mediante un bando. Come nelle precedenti edizioni di Research-led Performance, la manifestazione si articolerà secondo l’alternanza di sessioni puramente strumentali, coordinate dai docenti di flauto e chitarra, e sessioni di discussioni delle fonti di archivio, condotte da musicologi.


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CONCERTO
27 giugno 2018 ore 19:00
AUDITORIUM ‘LO SQUERO’

Il concerto, promosso dall’Istituto per la Musica, rientra nelle attività previste in occasione del Workshop Research-led Performance: Flute and Guitar in Twentieth-Century Music organizzato in collaborazione con la Hochschule der Künste Bern e il Conservatorio “Benedetto Marcello” di Venezia.

Ingresso libero fino ad esaurimento posti, non è necessaria la prenotazione.


Gino Severini, Pedrolino et Arlequin, 1958. Collezione privata. © 2018. Adagp Images, Paris / SCALA, Firenze

Shakespeare all’Opera. “Romeo e Giulietta” e “Il mercante di Venezia”: riscritture e allestimenti

Il 23 e 24 aprile 2018, nell’ambito del Progetto Europeo Shakespeare in and beyond the Ghetto: staging Europe across cultures, l’Istituto per il Teatro e il Melodramma organizza il Convegno internazionale di studi Shakespeare all’Opera. Romeo e Giulietta e Il mercante di Venezia: riscritture e allestimenti, relativo alle rappresentazioni operistiche dei due testi shakespeariani. Musicologi, storici del teatro e drammaturghi analizzeranno i contesti in cui si sono sviluppate le rappresentazioni in musica delle opere di William Shakespeare che, dall’inizio del XVII secolo a oggi, hanno ispirato librettisti e compositori.

Nel corso delle giornate di studio, sarà presentata una riduzione de Il mercante di Venezia di William Shakespeare; lo spettacolo, curato e interpretato da Davide Lorenzo Palla, sarà diretto da Riccardo Mallus e accompagnato dalle musiche di Tiziano Cannas Aghedu. Studio sul Mercante di Venezia narra la vicenda di uno dei personaggi più noti della storia del teatro: l’ebreo Shylock che, da potenziale carnefice, diventa vittima di se stesso e di una giustizia che si beffa di lui. Lo spettacolo nasce in seguito a un lungo lavoro fatto con Tournée da Bar, la giovane impresa culturale che ha portato con grande successo i classici di Shakespeare nei luoghi teatralmente non convenzionali di tutta Italia.

Il Convegno internazionale di studi costituisce un’altra tappa del grande progetto triennale Shakespeare in and beyond the Ghetto: staging Europe across cultures (2016-2018), selezionato dalla Commissione Europea nell’ambito della call 2016 per i Progetti di Cooperazione Europea di Europa Creativa. Accanto all’Università Ca’ Foscari di Venezia e alla Fondazione Giorgio Cini, tra i partner internazionali a sostegno del Progetto Europeo figurano Warwick University e Queen Mary University of London (Inghilterra), Ludwig-Maximilians-Universität München (Germania), Teatrul Municipal Tony Bulandra Targoviste (Romania).


 


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Concerto per cinque pianoforti e sei voci Evento conclusivo della Solti Peretti Répétiteurs Masterclass

La decima edizione delle Solti Peretti Répétiteurs Masterclasses, come di consueto realizzata in  collaborazione con la Georg Solti Accademia di Bel Canto, si concluderà con un concerto per cinque pianoforti e sei cantanti incentrato sul repertorio del ‘bel canto’, nel suggestivo scenario della Sala degli Arazzi della Fondazione Giorgio Cini.

Le Solti Peretti Répétiteurs Masterclass, uniche nel loro genere, offrono a sei eccezionali pianisti un periodo di studio intensivo con alcuni dei più preparati répétiteurs contemporanei. Le abilità di un bravo répétiteur non devono essere sottovalutate, né può esserlo il suo ruolo nella vita e nella carriera di un cantante.

Essi sono i factotum per eccellenza del mondo musicale, l’alleato chiave che permette all’artista il raggiungimento dell’apice della performance. Non a caso, molti di loro sono diventati tra i migliori direttori del mondo: Solti, Pappano, Gergiev e Muti, giusto per citarne alcuni. Nel corso della sua attività, la Georg Solti Accademia si è costruita una reputazione di professionalità, disciplina rigorosa e attenzione per i dettagli. Gli stessi valori che Sir Georg Solti ha coltivato nell’intero arco della sua vita. Alla sua memoria e nello spirito della sua testimonianza cantanti come Mirella Freni, Kiri Te Kanawa, José Carreras, Leo Nucci, Luciana Serra, Daniela Dessi, Frederica von Stade, Mariella Devia, omas Allen e Angela Gheorghiu, con i quali Solti ha lavorato, hanno accettato di collaborare con l’Accademia, restituendo alle nuove generazioni ciò che hanno appreso quando erano giovani artisti.